presso l’Auditorium del Parco della Musica, il 26 novembre 2003.
Sono molto felice di essere qui e di avere la possibilità di parlarvi. Desidero ringraziare gli organizzatori, tutti coloro che hanno reso possibile quest’incontro, e anche il pubblico, accorso così numeroso nonostante il giorno lavorativo. Ci troviamo qui, insieme, non perché spinti da interessi economici o politici ma perché ci lega una lunga amicizia, ci sentiamo fratelli e sorelle e condividiamo le medesime preoccupazioni e lo stesso impegno. Sono convinto che fino a quando saremo uniti da sentimenti di fratellanza e amore, di comprensione e condivisione dei problemi, l’umanità sarà più felice.
Dal nostro ultimo incontro si sono verificati alcuni eventi inimmaginabili, mi riferisco ai tragici fatti dell’undici settembre a New York e Washington. Episodi di questo genere dimostrano in modo evidente che la tecnologia acquisita attraverso i secoli e la meravigliosa intelligenza umana, se messe al servizio del rancore e della violenza possono produrre effetti devastanti. E’ quindi di estrema importanza puntare con tutte le nostre energie allo sviluppo del cuore, della bontà.
Attraverso un lungo percorso nel tempo e varie esperienze, a volte anche dolorose, siamo arrivati al XXI° secolo. Per consentire all’umanità di progredire e diventare sempre più matura, è arrivato il momento di improntare ogni nostra ricerca, in qualsiasi direzione si rivolga, al desiderio di pace, al rifiuto della violenza e dell’odio. Certo, guardando al passato e al suo fardello di guerre e sofferenze, potremmo sentirci scoraggiati e pensare che gli uomini siano per loro matura malvagi. Sarebbe uno sbaglio: in realtà, allargando il nostro angolo di visuale e guardando agli eventi con un’attitudine corretta, è possibile costatare che l’umanità sta invece progredendo. Vi invito perciò a riflettere su quanto sia importante il nostro atteggiamento interiore per la soluzione di tutti i problemi, sia di quelli che si verificano per ragioni indipendenti dalla nostra volontà sia di quelli derivanti da comportamenti negativi altrui o nostri. Se affronteremo i casi della vita con ottimismo e fiducia, con sentimenti positivi, le difficoltà potranno più facilmente essere risolte o, almeno, fortemente ridimensionate.
Finora abbiamo creduto che il solo modo per affrontare le situazioni difficili dovesse essere cercato al di fuori della nostra mente. Abbiamo di conseguenza privilegiato la ricerca tecnologica e il possesso di beni materiali come antidoto al disagio e alla povertà. Per un maggiore benessere e per il progresso dell’umanità è necessario invece ascoltare e accrescere le nostre qualità interiori, come ad esempio la consapevolezza della responsabilità universale.
Sono qui ad indicarvi il cammino per una vita e un mondo migliori non perché io sia una persona speciale, se qualcuno lo pensasse compirebbe un grosso sbaglio. Sono soltanto un essere umano come tutti voi, con le stesse potenzialità. Sono un uomo maturo, ho sessantotto anni, ho passato la maggior parte della mia vita in esilio e ho dovuto affrontare numerose difficoltà. Nel corso del tempo, ho avuto modo di parlare con la mia gente, con amici o con persone che hanno avuto problemi simili ai miei e tutti hanno convenuto che il modo migliore per affrontarli consiste in una corretta attitudine mentale: ovunque io vada, non mi stanco mai di ripetere che un’atteggiamento interiore orientato alla pace e alla benevolenza, senza astio e rancore, consente una visione più chiara e realistica delle difficoltà e quindi della via per superarle. D’altra parte, poiché la vita non è mai come vorremmo e c’è sempre qualcuno o qualcosa che ostacola le nostre aspettative, se non vogliamo essere sopraffatti dagli eventi possiamo solo cercare di capire come affrontarli.
Naturalmente non intendo disconoscere l’esistenza e la rilevanza dei fattori esterni e il loro ruolo. Se sapremo però relazionarci ai casi della vita con una mente aperta e l’attenzione rivolta all’amore e alla cura degli altri, anche il nostro piccolo “io” si ridimensionerà, non saremo spaventati e affronteremo gli ostacoli con fiducia e coraggio…Non lasciamo quindi che il nostro pensiero sia circoscritto all’ego, al “solo per me”, ma apriamoci agli altri e pratichiamo la compassione per superare ogni forma di paura interiore e relazionarci nel modo migliore alle nostre attese e speranze.
La bontà di questo tipo d’atteggiamento è condivisa anche dal mondo scientifico. Qualche anno fa, durante un viaggio negli Stati Uniti, ho incontrato, alla Columbia University, un medico che stava conducendo alcune ricerche sull’egocentrismo, sul focalizzare il centro della propria attenzione dell’“io – me” per sentirsi speciali ed importanti. Il medico aveva riscontrato che l’eccesso di autoriferimento non solo ci rende piccoli d’animo ma crea altresì i presupposti per problemi di cuore e per l’infarto. In ultima analisi, quindi, amore e compassione fanno bene anche alla nostra salute.
Dal mondo della scienza arriva un’altra conferma dell’importanza dell’amore. Si è costatato che i bambini cresciuti con un buon rapporto affettivo, soprattutto con la madre, sono a loro volta capaci di trasmettere affetto, sanno giocare e divertirsi meglio e sono meno aggressivi. Far crescere i figli in un ambiente pieno d’amore contribuisce a migliorare la loro capacità emotiva, di apprendimento, di inserimento nel mondo del lavoro e può quindi concorrere a determinarne perfino il successo.
Desidero ora affrontare un argomento di grande attualità, un problema al quale tutto il mondo sta volgendo la propria attenzione. Mi riferisco al terrorismo e ai mezzi per combatterlo. Ritengo che reagire alla violenza con altra violenza difficilmente porti a qualche risultato. Se osserviamo la dinamica mentale che spinge alcuni individui a compiere atti terroristici, ci accorgiamo che è caratterizzata da uno stato di insoddisfazione, paura, disadattamento, da mancanza d’amore e d’affetto. Rispondere con la violenza può solo portare ad altra violenza. E’ senz’altro importante porre in atto misure concrete ed efficaci, che tengano conto dei singoli contesti, ma è altrettanto fondamentale essere sorretti da un’attitudine mentale corretta, essere consapevoli che la violenza non è inerente alla natura umana e che anche i terroristi, a parte qualche caso di follia, al momento della nascita o quando erano bambini non erano soggetti violenti. Il loro comportamento è il risultato di una serie di condizionamenti, di influenze negative. E’ necessario quindi, ancora una volta, cambiare la nostra prospettiva e combattere la violenza con il dialogo e la riconciliazione, opporsi alle guerre con metodi pacifici. Le manifestazioni e le proteste non sono sufficienti: servono iniziative concrete, occorre pensare ad un’alternativa realistica basata sul dialogo e impegnarsi per attuarla. E’ questa l’unica via d’uscita per un impegno globale contro il terrorismo.
Non sono mai stato in Iraq ma sento che dobbiamo far fronte a questa emergenza con ogni mezzo a disposizione. E’ importante discutere, cercare il dialogo, ristabilire quel clima di fiducia che sembra ormai dissolto… Bisognerebbe individuare persone al di sopra delle parti e degne di credibilità, in grado di farsi garanti della pace perché al di sopra di interessi economici e politici e quindi credibili, degne della massima fiducia. Potrebbero essere persone mature, di grande esperienza, non coinvolte nella politica attiva, magari artisti. Nel tentativo di trovare soluzioni pratiche a questo urgente problema, ho scritto personalmente ai presidenti Havel e Carter e all’arcivescovo Desmond Tutu. Spero inoltre che anche il prossimo incontro dei Premi Nobel per la Pace possa contribuire ad individuare le strategie necessarie per trovare uno sbocco non violento alla guerra.
Desidero cogliere quest’occasione per invitare voi italiani, che recentemente avete perduto diciannove uomini in Iraq a causa della guerra, a pregare tutti insieme per le famiglie di quei giovani che hanno sacrificato la loro vita e per i quali, purtroppo, non c’è più nulla da fare. Alla base di questa tragedia ci sono collera e aggressività. Reagire con l’astio e il risentimento non è di alcun giovamento a livello personale né può cambiare quanto è accaduto. Mi rivolgo anche ai famigliari delle vittime, che forse ora mi stanno ascoltando: se siete cattolici, rivolgete a Dio le vostre preghiere, se credete nella legge del karma, nella legge di causa – effetto, meditate su questo aspetto della dottrina. In ogni caso, qualunque sia il vostro credo religioso, non riversate sul popolo irakeno sentimenti di rancore o di vendetta: alimentare le emozioni negative non arreca alcun sollievo.
Per concludere, vorrei ricordare che il concetto di un corretto utilizzo della nostra intelligenza e della nostra grande libertà, accompagnato da un profondo senso di responsabilità universale, non riguarda solo i religiosi o i seguaci di questa o quella dottrina. Un’attitudine improntata all’amore e alla compassione porta del bene a tutti, sia a chi la pratica sia a chi ne è destinatario. Coltivate questi sentimenti ad ogni livello, nei rapporti con i famigliari, nella vita quotidiana e con tutte le persone che vi stanno intorno, fino a coinvolgere l’intera società in cui vivete. La vostra vita sarà più felice.