Free Tibet Campaign ha ricevuto conferma del ferimento di 50 monaci del monastero di Kirti (contea di Ngaba, regione dell’Amdo), già teatro della violenta repressione cinese durante la rivolta spontanea della scorsa primavera. Fonti tibetane hanno riferito che il 24 settembre un religioso, che si era allontanato dal monastero con regolare autorizzazione, è stato brutalmente picchiato dalla polizia cinese mentre si accingeva a rientrare.
Sanguinante, ha informato i confratelli dell’accaduto. Immediatamente, 50 monaci si sono recati alla vicina stazione di polizia per conoscere le ragioni del pestaggio. Mentre attendevano l’arrivo delle autorità locali, sono sopraggiunti due camion di poliziotti che hanno selvaggiamente colpito gli inermi monaci col calcio dei fucili, con badili e persino con coltelli da macellaio. A causa della gravità delle ferite riportate, cinque di loro sono stati ricoverati nell’ospedale di Ngaba. Sono Lama Sotse, Rabgye, Tsang Chopel, Labchoek e Lophel. Il 25 settembre 2008 Pechino ha diffuso un nuovo “libro bianco” sul Tibet in cui si afferma che la Cina è la vera protettrice della cultura tibetana. “I fatti provano”- si legge nel documento – “che il Dalai Lama e la sua cricca sono gli esponenti e i guardiani della cultura arretrata del vecchio Tibet”. Il libro bianco fornisce una serie di dati e di statistiche sul livello di istruzione scolastica e religiosa a dimostrazione che il paese, sotto la dirigenza del Partito Comunista, a partire dal 1950, ha conosciuto una vera e propria rinascita culturale. Matt Whitticase, portavoce di Free Tibet Campaign, ha dichiarato: “Ieri il governo cinese ha pubblicato un libro bianco in cui si afferma che la religione tibetana è protetta dalla legge. Alla luce di quanto abbiamo appreso circa l’ultimo episodio di brutale violenza contro i monaci, si tratta di un’affermazione vergognosa. In Tibet fatti di questo genere sono all’ordine del giorno e la situazione è esacerbata dal rifiuto delle autorità a consentire libero accesso al paese agli organi di stampa. La comunità internazionale deve esercitare maggiori pressioni sulla Cina e chiedere il libero accesso in Tibet dei media, di organi delle Nazioni Unite e della Croce Rossa.