Nel corso del 2002 il paesaggio urbano tradizionale di Lhasa ha subito dei cambiamenti significativi, mentre proseguono senza sosta le demolizioni e le ricostruzioni nella parte vecchia della città e cresce la preoccupazione per il futuro del nucleo antico della capitale tibetana. Diversi gruppi, tra cui Tibet Information Network (TIN), hanno seguito le trasformazioni in corso a Lhasa. Questo rapporto speciale è un resoconto generale e fotografico dei cambiamenti, con la valutazione delle loro conseguenze sul paesaggio urbano di Lhasa attuale e futuro e del loro impatto sulla popolazione tibetana nelle zone interessate dal fenomeno. Il rapporto prende in esame le notizie dei mass media cinesi per quanto riguarda queste trasformazioni e il loro rapporto con lo status di Lhasa in quanto “patrimonio mondiale dell’umanità’’ (World Cultural Heritage).
La progressiva trasformazione delle zone più vecchie di Lhasa è stata annunciata sui mezzi ufficiali d’informazione all’inizio del 2002. L’11 gennaio Xinhuanet ha pubblicato un articolo in inglese, “Lhasa migliora i vecchi quartieri’’, sostenendo che “fra tre anni, non solo i residenti faranno fatica a riconoscere il quartiere in cui abitano, ma anche i visitatori stranieri non riusciranno a capire in che zona di Lhasa si trovano’’. L’articolo descrive i cambiamenti in corso nella città vecchia come migliorie delle infrastrutture essenziali, affermando che il miglioramento delle fognature, l’installazione di un sistema di scarico e il rifacimento delle strade faranno sparire “la puzza dei quartieri d’abitazione della città vecchia di Lhasa’’. L’articolo continua:“sparirà anche la spazzatura quotidiana, poiché i residenti si abitueranno a raccogliere i rifiuti e a gettarli in posti adatti’’. La frase indica in modo piuttosto crudo che le zone vecchie di Lhasa sono abitate in maggioranza da tibetani, e che sono le ultime aree rimaste in cui siano concentrati residenti di etnia tibetana. La popolazione cinese, che continua ad aumentare e a Lhasa rappresenta già la maggioranza, abita in genere nelle zone più nuove della città, costruite a partire dagli anni ’60.
L’articolo sottolinea che la trasformazione della città vecchia di Lhasa non rappresenta una distruzione, bensì una “ricostruzione’’, sostenendo che i“vecchi quartieri abitativi saranno restaurati e rinnovati’’ e che “sarà mantenuto lo stile architettonico tibetano più suggestivo perché tutti possano continuare a vederlo e ad ammirarlo’’.
Siti
Considerata l’estensione delle trasformazioni urbane che si sono verificate a Lhasa nel corso dell’anno 2002, invece di tentare una panoramica completa dei cambiamenti, questo rapporto si concentra soprattutto sull’esempio di tre siti specifici. Questi siti sono stati scelti sia per l’ampiezza delle trasformazioni, sia per la gravità delle loro conseguenze a lungo termine o per il significato particolare dal punto di vista della conservazione architettonica.
clicca qui per la mappa generale di Lhasa comprendente l’area della mappa 1 Mappa 1. La città vecchia di Lhasa con i 3 siti |
Sito 1: il 29 aprile 2002 TIN ha segnalato la distruzione di un complesso di edifici tradizionali situato all’angolo di Dekyi Shar Lam (cinese: Beijing Dong Lu) e Mentsikhang Lam (cinese: Zangyiyuan Lu; vedi “Tibet news on line”, Lhasa: demolizione dei vecchi edifici tibetani 29 aprile 2002). All’inizio dell’estate sono stati rasi al suolo quattro isolati posti tra Yabshi Phunkhang (la casa dell’11° Dalai Lama) e il Tashi Togay Hotel (Zangyiyuan Lu 8). Il medesimo progetto di demolizione ha preso di mira altri 4 isolati sull’altro lato di Dekyi Shar Lam, adiacente allo Zhide Datsang (un complesso monastico appartenente al monastero di Sera), lasciando vuota un’ampia zona. I residenti sono stati informati che altri isolati più a est di Dekyi Shar Lam sono destinati alla demolizione nel corso del 2003.
Demolizioni nel Sito 1 © TIN Tibet Information Network
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Sito 2: all’inizio di aprile, Radio Lhasa ha annunciato che le “migliaia di tradizionali lampade a burro accese nel Jokhang (tempio) sono pericolose per l’edificio’’. Poco tempo dopo, di fronte al Jokhang è stato aperto un cantiere e hanno eretto impalcature tra due grandi incensieri (in tib.: sangthab) con questo striscione in cinese e in tibetano:
“Eliminando le cause del rischio di incendio dobbiamo proteggere l’eredità culturale e le sue testimonianze. I fattori invisibili sono di gran lunga più pericolosi del fuoco visibile. Eliminare gli ostacoli è più grande (più nobile) che creare ostacoli. (La nostra) responsabilità pesa più del monte Everest.’’(tradotto dal tibetano).
L’11 giugno un breve articolo del China Daily ribadiva: “Migliaia di lampade, che sono state accese per millenni, ora vengono spostate dal monastero del Jokhang in un edificio apposito. Il governo ha investito in questo edificio, costato 210.000 RMB (circa 25.600 euro), per proteggere le testimonianze culturali del monastero del Jokhang’’. In seguito, la notizia che era in programma lo sveltimento dei lavori di elettrificazione nel tempio hanno fatto pensare a un divieto di accendere fiamme libere all’interno dell’edificio, anche se ora le voci sembrano infondate, perché a quanto pare è ancora permesso accendere un piccolo numero di lampade a burro.
L’“edificio le lampade’’ (special lamp house) è stato completato nella tarda estate del 2002 e comprende una struttura incassata di circa 8 metri per 10, a quanto pare da usarsi solo quando si deve accendere un gran numero di lampade a burro durante le feste e le offerte particolari. I devoti tibetani considerano particolarmente di buon augurio fare offerte nel recinto del Jokhang, il tempio più sacro del Tibet. Nelle occasioni particolari in cui ricercano un buon auspicio, per esempio prima del matrimonio di un parente o se un familiare è ammalato, offrono delle somme di denaro per l’accensione di moltissime lampade a burro. Queste offerte, che possono consistere di molte migliaia di lampade (talvolta multipli di 108, numero sacro), comportano senz’altro un rischio di incendio. In effetti, nel passato si sono verificati gravi incendi in vari edifici storici, provocati dalle fiamme libere delle lampade a burro. Quindi, nel Jokhang stesso le misure di sicurezza, per esempio la disponibilità di estintori vicino ai numerosi altari, sono da anni una regola fissa.
Sito 3: un’altra zona in trasformazione si trova a sud-est della città vecchia, nella parte interna del Lingkhor (Lingkhor Lho Lam) (1) nel punto in cui si avvicina a Chingdroel Shar Lam. Per tradizione questa zona è il quartiere dei commercianti musulmani e nepalesi: per esempio, qui si trovava l’ambasciata nepalese dell’ex governo tibetano. Ai margini a est di quest’area è stato abbattuto il Kache Lhakhang, una piccola moschea tradizionale molto caratteristica destinata ai musulmani tibetani originari del Kashmir e del Ladakh. Al suo posto stanno costruendone una molto più grande, con una facciata in stile più tibetano. I pilastri e le architravi in cemento hanno decorazioni architettoniche nello stile dei templi tibetani. La vecchia moschea, invece, era un monumento storico unico nel suo genere che combinava caratteristiche islamiche dell’Asia meridionale, come due piccoli minareti che incorniciavano l’edificio e il tetto a cupola, con elementi tibetani, come il tipico portale d’ingresso.
Impatto sociale
Le recenti e attuali distruzioni e ricostruzioni edilizie hanno un impatto diretto sui residenti nella zona 1, nel vecchio centro storico di Lhasa, abitato quasi esclusivamente da tibetani.
A parte la giustificazione ufficiale del “miglioramento della qualità’’ abitativa e delle infrastrutture urbane (vedi sopra), è chiaro che l’abbattimento delle case nel sito 1 e la loro futura ricostruzione aumenteranno notevolmente il reddito immobiliare. Gli edifici ricostruiti hanno un altro piano rispetto ai soliti due piani più piano terra delle strutture preesistenti, che aumenterà del 25% il reddito immobiliare della municipalità di Lhasa, proprietaria della maggior parte di queste case. È probabile che il reddito immobiliare aumenti ancora, perché è probabile che gli affitti delle nuove abitazioni saranno molto più cari.
La distruzione delle vecchie case ha colto di sorpresa quasi tutti gli inquilini e i proprietari delle abitazioni che erano in mano ai privati. Alle attività commerciali e ai residenti sono stati dati solo 10 giorni di preavviso per lo sgombero, senza nessuna procedura per presentare un appello formale. Gli inquilini di un edificio vicino allo Yak Hotel sono stati trasferiti in altre zone di Lhasa. Ad altri non sono state date nemmeno delle abitazioni provvisorie. Molti inquilini probabilmente non potranno pagare gli affitti più alti delle nuove costruzioni, dato che molte famiglie abitanti nei vecchi quartieri di Lhasa sono piuttosto povere. Quindi è probabile che la maggior parte di essi saranno trasferiti nelle periferie di Lhasa o ancora più lontano, lasciandosi alle spalle un ambiente a loro congeniale e utile alla sopravvivenza della cultura tibetana.
I proprietari degli edifici demoliti sono stati risarciti a tariffa fissa; resoconti non confermati parlano di circa 20.000 – 25.000 RMB (più o meno 2.450 – 3.050 euro) come compenso. I proprietari originari potevano ricomprare la casa ricostruita, ma a prezzi molto inflazionati. Diversi negozianti hanno detto che la municipalità intende offrire i loro ex negozi a 170.000 RMB (circa 20.700 euro), quasi 17 volte il prezzo pagato anni prima. Prima di traslocare, alcuni proprietari hanno chiesto la garanzia di poter ritornare nelle loro case. TIN non è stato in grado di scoprire se hanno ricevuto queste garanzie. Per di più, in casi precedenti è stato dimostrato che malgrado le garanzie, i proprietari originali delle abitazioni possono essere messi da parte in favore di altri, spesso parenti, amici o soci dei costruttori o dei dirigenti municipali. Anche se non ci sono conferme di aperta opposizione, pare che qualcuno si sia rifiutato di lasciare la casa finché non è stato obbligato con la forza.
Pare che agli abitanti non sia stato permesso di recuperare le travi in legno dalle case abbattute, che per le nuove costruzioni di cemento armato non servivano. Nel Tibet centrale, il legno è un materiale da costruzione molto caro, da cui i proprietari avrebbero potuto ricavare cifre significative per integrare l’“indennizzo’’ ricevuto. Alcune fonti riportano che invece di essere restituito ai proprietari delle case, il legno è stato reclamato dai costruttori e dai dirigenti municipali.
Anche se parecchi edifici abbattuti avevano indubbiamente bisogno di essere ristrutturati e quasi tutti erano privi di servizi moderni, la qualità delle nuove strutture in costruzione è preoccupante. Negli ultimi tempi le case nuove, pur essendo molto costose, sono state costruite al risparmio e si è visto che le condizioni di vita sono disagiate e gli impianti idraulici sono scadenti. Anche l’illuminazione e la ventilazione, dove esistono, sono scarse.
Un altro motivo di preoccupazione è la sicurezza strutturale degli edifici nuovi. La necessità di strutture nuove è stata giustificata con la legge che stabilisce che tutti gli edifici con i pilastri in legno sono poco sicuri e devono essere sostituiti da edifici di cemento armato con il soffitto di lastre di cemento. Secondo gli esperti di costruzioni, invece, proprio questo tipo di edifici è particolarmente soggetto a danni in caso di terremoti. Soprattutto in questo caso, perché il cemento utilizzato spesso è di cattiva qualità, e per risparmiare costi materiali e tempi di costruzione, i rinforzi di ferro nel cemento spesso sono ridotti al minimo. A Lhasa, molti edifici storici che hanno resistito ai terremoti negli ultimi secoli sono stati sostituiti da costruzioni che non si sono dimostrati antisismiche. Questa è una pratica diffusa in tutta la Cina, ma soprattutto a Lhasa. Un esperto di costruzioni ha detto a TIN che il piano aggiunto alle case nuove in costruzione nel sito 1 probabilmente le renderà meno resistenti ai terremoti rispetto alle strutture preesistenti.
Un’altra conseguenza della distruzione e ricostruzione degli edifici della città vecchia è che riassegnando le case, le autorità hanno la possibilità di controllare tutti quelli che richiedono un alloggio. Tutti i candidati devono avere permessi residenziali locali e il numero dei componenti delle loro famiglie deve rispettare le restrizioni ufficiali. Molti inquilini delle case ora distrutte provenivano dalle campagne intorno a Lhasa o dal Tibet orientale e quindi non avevano le tessere di razionamento locali che avrebbero dato diritto ai servizi e ai confort essenziali. Anche se le persone e le famiglie con qualche “conoscenza’’ possono evitare questi costi extra, chiunque sia privo di contatti ufficiali deve subire ogni tipo di spese e balzelli, ufficiali e non, che di solito gli abitanti delle zone rurali non possono permettersi.
In breve, è chiaro che le trasformazioni del sito 1 sono svantaggiose per gli inquilini e i proprietari originali, che sono in maggioranza tibetani. Dal punto di vista economico, i precedenti proprietari privati devono subire una perdita che solo pochissimi potranno recuperare, e con l’aumento degli affitti previsto, gran parte dei proprietari iniziali difficilmente potrà permettersi di riavere le proprie residenze, una volta ricostruite. Per di più, l’ipotetico miglioramento della qualità abitativa delle case nuove con cui le autorità hanno giustificato tutto il progetto è tutt’altro che certo.
Probabilmente queste trasformazioni emargineranno gli abitanti più poveri di Lhasa e nello stesso tempo eroderanno l’ultimo raggruppamento omogeneo di residenti tibetani. In questa trasformazione urbana saranno vincitori la municipalità di Lhasa e chi vi è collegato. La municipalità otterrà un controllo più sicuro di una zona che ultimamente è stata la più sensibile dal punto di vista politico, aumentando nel frattempo le entrate derivanti dagli affitti e dalle tariffe. Un altro settore che ottiene notevoli vantaggi dalle trasformazioni di Lhasa è quello edilizio. Gli osservatori hanno notato una relazione sempre più stretta tra i politici locali e gli appaltatori edili, in cui sono coinvolte le famiglie più influenti.
Impatto sul paesaggio urbano
Le case e le vie tradizionali che sono state distrutte per realizzare la “modernizzazione’’ della zona 1 non erano particolarmente antiche. La maggior parte di esse risalivano agli anni ’70 e i primi anni ’80, ma erano state costruite con materiali tradizionali ed erano molto ben inserite nello stile storico del vecchio centro antico. Gli isolati distrutti facevano parte di una “zona cuscinetto’’ proposta dal partito di Stato e approvata dall’UNESCO in quanto rappresentava un contesto adeguato per i pochi veri edifici storici rimasti a Lhasa, in particolare per il Jokhang, che insieme al palazzo del Potala e al Norbulinka (la residenza estiva del Dalai Lama) è stato classificato come “patrimonio mondiale dell’umanità’’.
In contrasto, gli edifici nuovi sono strutture massicce che non hanno le caratteristiche tibetane tradizionali, per esempio le imponenti porte d’ingresso, i davanzali delle finestre e i balconi, anche se i muri esterni, fatti quasi completamente di pietra, danno un buon isolamento termico. Per dare loro un’aria tibetana, parte delle facciate sono dipinte con motivi tradizionali, spesso imitati in modo rozzo. In altre zone della città, edifici storici che risalgono a più di un secolo fa vengono sostituiti con palazzi nuovi che non tentano neanche di mostrare queste caratteristiche tradizionali a scopo “cosmetico’’. I muri di pietra sono invece rimpiazzati da pareti di cemento piastrellate e si fanno le finestre con gli infissi metallici e i vetri azzurrati, cioè con le caratteristiche dell’architettura moderna di Sichuan, da cui provengono i materiali da costruzione forniti agli appaltatori in Tibet. A parte ogni considerazione estetica, per quanto questi modelli possano essere adattissimi al clima del bassopiano di Sichuan, sono del tutto inadeguati in Tibet, dove è indispensabile proteggersi dal freddo e sfruttare al massimo la luce e il calore del sole. I sostenitori della tutela architettonica e gli esperti di costruzioni temono perciò che anche le case nuove del sito 1 possano essere costruite in questo stile.
Per quanto riguarda il sito 2, la nuova costruzione per le lampade davanti al Jokhang in sé è coerente con la pratica della religione tibetana. Dall’inizio degli anni ’80, quando furono allentate le restrizioni sulle attività religiose, le autorità risposero all’abitudine sempre più diffusa di accendere le lampade a burro aprendo il cosiddetto “cortile della legna’’ (tib.: Shingra), dove venivano disposti dei tavoli aggiuntivi per le lampade. Per tradizione, nel cortile della legna, adiacente al tempio principale del complesso del Jokhang, veniva conservata la legna per scaldare le gigantesche pentole per il tè al burro nelle feste più importanti. Questa ricontestualizzazione del “cortile della legna’’ non alterava né la funzione generale del complesso del Jokhang (poiché il vecchio utilizzo era diventato obsoleto), né il suo aspetto, perché per il nuovo uso non era necessaria nessuna modifica dell’edificio.
La nuova struttura destinata alle lampade, comunque, minaccia il carattere tradizionale dei dintorni del Jokhang. Come per gli edifici nuovi del sito 1, la costruzione è in sostanza una struttura tozza e oblunga di cemento che non ha nulla dell’architettura tradizionale tibetana. Come gli edifici nuovi del sito 1 è stata “resa tibetana’’ dipingendola di bianco e aggiungendo un fregio lungo la parte alta del muro che nelle intenzioni dovrebbe ricordare il tipico aspetto esterno di un monastero tibetano. La nuova struttura è stata costruita accanto al Jowo Utha, un perimetro sacro murato che circonda un albero che, per i tibetani, è nato da un capello del Buddha storico e una lapide in ricordo di un’importante donazione al tempio del Jokhang da parte di un imperatore mancese. Per sgomberare lo spazio destinato alla nuova struttura, è stato distrutto il muro ovest del perimetro (2). Perciò, a parte i tentativi superficiali di armonizzarla con lo stile tibetano, è chiaro che la nuova struttura interrompe e in un certo senso distrugge il contesto storico in cui è stata situata. La demolizione del muro si aggiunge alla distruzione del circondario del Jokhang attuata agli inizi degli anni ’80, quando la maggior parte delle case di fronte al tempio furono abbattute e sostituite da edifici nuovi e da un vasto spiazzo a ovest del complesso.
Nel caso del sito 3, la distruzione della moschea storica è un’evidente perdita per l’eredità storico-culturale di Lhasa. La ricostruzione di una moschea nuova non si può considerare una sostituzione adeguata dal punto di vista della protezione dei monumenti storici. Paradossalmente, il fatto che la nuova moschea sia ricostruita in uno stile più “tibetano’’ in realtà è un’ulteriore sfregio all’eredità storica di Lhasa. Il valore della vecchia moschea non era rappresentato solo dalla sua antichità, ma dal suo aspetto caratteristico che rifletteva il carattere cosmopolita della vecchia Lhasa e la presenza nella città di musulmani tibetani di origine straniera (3). Era proprio il carattere “non tibetano’’ della vecchia moschea quello che la rendeva un monumento insostituibile nella storia tibetana.
Appare chiaro che le trasformazioni che si stanno verificando a Lhasa implicano una visione della “modernizzazione’’ che si scontra con la conservazione dell’eredità culturale tibetana. Questa “modernizzazione’’ non prevede di ristrutturare le strutture tibetane esistenti mantenendone lo stile originale o dando ai residenti i miglioramenti necessari dal punto di vista della qualità abitativa, per non parlare dei confort moderni. La trasformazione della capitale tibetana comporta invece un modello distruttivo a cui segue una ricostruzione relativamente scadente con una “tibetanizzazione’’ superficiale, puramente cosmetica, delle strutture emergenti. Così, l’attuale spinta alla trasformazione appare come un impoverimento della capitale tibetana e della sua eredità culturale, mentre i benefici per la comunità locale sono minimi. Considerate che sviluppi come quelli che abbiamo descritto si stanno verificando in modo analogo in altre città tibetane.
Ulteriori trasformazioni
Le trasformazioni di Lhasa non si limitano all’area del vecchio centro storico. Nel corso del 2002, nuove strutture sono state costruite in prossimità del centro contribuendo a sfregiare il paesaggio urbano di Lhasa.
Fra i nuovi edifici il più il palazzo del Public Security Bureau (PBS), la maggior forza di sicurezza nella TAR. Con i suoi tredici piani è divenuto un punto focale nell’orizzonte urbano, modificando definitivamente il profilo un tempo caratterizzato dal solo Potala (leggi anche TIN News Update of 26 February 2002 – New Public Security Bureau building dominates Lhasa townscape) .
Nella primavera 2002 un massiccio monumento dedicato alla “pacifica liberazione del Tibet” è stato inaugurato di fronte al Potala (vedi Tibet News ). Il monumento vuole rappresentare l'”unità di tutte le nazionalità” e la sua localizzazione proprio di fronte al Potala ha un alto contenuto simbolico. Nei secoli passati altri monumenti furono qui innalzati, un pilastro di oltre 1.000 anni fa con i testi del trattato fra l’impero tibetano e la Cina e due padiglioni a pagoda con lapidi furono elevati dagli imperatori manciù. Il nuovo ed i vecchi monumenti documentano la lunga storia di contrasti politici e tensioni fra Tibet e Cina. Un’ulteriore dimensione simbolica è la sua posizione proprio di fronte al Potala, residenza istituzionale dei Dalai Lama ed anche attuale sede governo della TAR, simbolizzando assieme il destino politico del Tibet. Come per il nuovo edificio del PSB, il monumento diviene un punto focale per questa parte della capitale del Tibet.
Il nuovo monumento eretto davanti al Potala
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Statue davanti al monumento
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Oltre al palazzo del PSB ed a quello della “pacifica liberazione”, una serie di altri piccoli monumenti sono stati eretti a Lhasa, spesso con stili e dislocazioni incongrue o poco adatte. Per esempio, un monumento dedicato al turismo è stato elevato vicino al Potala in stile prettamente cinese-postmoderno. Il dipartimento del turismo ha pure innalzato palme di plastica nel tentativo di abbellire ulteriormente l’area.
La protezione dei luoghi storici e l’Unesco
Le autorità cinesi hanno fallito (volutamente ndr) nel rispettare quei parametri internazionali che avrebbero permesso di proteggere il patrimonio culturale di Lhasa. Esperti di sviluppo urbano e conservazione dei beni architettonici hanno più volte espresso la loro preoccupazione. Nel 1984 il palazzo del Potala era stato inserito dall’UNESCO nell’elenco dei monumenti considerati “patrimonio mondiale dell’umanità’’ (World Cultural Heritage). Il Jokhangvenne inserito alla fine del 2000 ed il Norbulinka nel dicembre 2001. Vengono indicati collettivamente come “Historic Ensemble of Potala Palace, Lhasa“. La violazione dei parametri di protezione del Potala e dell’area del Barkhor, così come era stata concordata dalla Cina con l’UNESCO, assume aspetti preoccupanti. Non solo i cinesi hanno distrutto edifici storici e non hanno salvaguardato la fascia di rispetto attorno ai monumenti come descritto sopra per quanto riguarda il sito 1, ma hanno intenzionalmente mancato al loro dovere di informare l’agenzia delle Nazioni Unite a riguardo delle loro intenzioni. L’articolo 56 delle “Linee guida operative per le modifiche” della World Heritage Convention stabilisce che “Il Word Heritage Committee invita gli stati membri ad informare il Comitato, attraverso la Segreteria dell’Unesco, della loro intenzione di intraprendere od autorizzare nelle aree protette dalla Convenzione grandi ristrutturazioni o nuove costruzioni che possano danneggiare il valore di un monumento “patrimonio mondiale dell’umanità’’. Comunicazioni devono essere inviate il più presto possibile (per esempio prima che venga elaborato il documento di base del progetto) e prima che venga adottata qualsiasi decisione che porti a modificazioni irreversibili, affinché il Comitato possa aiutare nell’individuazione delle soluzioni più appropriate per assicurare che il Monumento venga perfettamente conservato” ().
Già prima delle trasformazioni avvenute nel corso del 2002 e sopra riportate, il Comitato per il World Heritage dell’UNESCO aveva espresso le proprie perplessità. Nella relazione della 25a sessione del World Heritage Committee, tenutasi a Helsinki, Finlandia dall’11 al 16 dicembre 2001, è stato affermato: “A causa del considerevole sviluppo della città di Lhasa, una attenzione particolare [deve] essere data per contenere i cambiamenti nelle aree circostanti le proprietà del World Heritage”. Apparentemente allarmati dall’impetuoso sviluppo di Lhasa, il World Heritage Committee ha nuovamente discusso la situazione nella capitale del Tibet nel corso della 26a sessione tenutasi dal 24 al 29 giugno 2002 a Budapest (Ungheria). Lobsang Tenzin, vice sindaco di Lhasa, presente all’incontro, ha spiegato che l’edificio della PSB è stato costruito prima che l’area del World Heritage venisse ampliate fino ad includere il Barkhor. Questo è vero solo in parte poiché l’edifico è stato completato nel 2002 (vedi “Tibet news on line”: Unesco: difficile la verifica della preservazione dei monumenti di Lhasa, 9 agosto 2002). A riguardo del “monumento alla liberazione”, esso è si di fronte al Potala, ma di pochi metri fuori del perimetro che delimita l’area protetta! In entrambi i casi, le autorità cinesi hanno quindi sostenuto di aver dimostrato l’applicazione alla lettera dei parametri dell’UNESCO senza averne però rispettato lo spirito.
Come già scritto, i dibattiti del World Heritage Committee su questo argomento sono riservati. Tuttavia, il Comitato ha chiesto che una “missione di ispezione” formata congiuntamente da UNESCO e ICOMOS sia inviata per “esaminare lo stato di conservazione dei beni e per avviare consultazioni con le autorità preposte al sito” prima della 27a sessione del World Heritage Committee convocata per giugno-luglio 2003 che esaminerà il rapporto della missione (4). La decisione dimostra che il Comitato non è rimasto soddisfatto dalla spiegazioni fornite dalle delegazioni presenti agli incontri di Helsinki e Budapest.
Propaganda
Nel frattempo in Cina la stampa governativa iniziava una massiccia campagna di propaganda, intensificata tra giugno e luglio 2002, chiaramente mirata a rispondere alle critiche internazionali contro la “modernizzazione’’ della capitale tibetana. Per esempio, il secondo paragrafo di un articolo datato 23 luglio in cui si parla di edifici tibetani antichi, esordisce: “In risposta a certe voci circolate recentemente all’estero a proposito dei lavori di trasformazione (gaizao) nella città vecchia di Lhasa (…)’’ (5).
Sono stati pubblicati diversi articoli sui lavori di “ricostruzione’’ sui siti Web e sui giornali, tra cui il Tibet Daily, Tibet Commercial Newspaper e l’edizione estera del People’s Daily. La maggior parte degli articoli sono di Xinhua. Inoltre è stata indetta una conferenza stampa dalla città di Lhasa, riportata sul Tibet Daily del 28 giugno 2002, poco dopo la conferenza dell’UNESCO a Budapest (vedi sopra). Il primo pezzo importante, citato dal sito tibetinfor.com, nella sezione sulla “Riforma della città vecchia di Lhasa’’ è datato 16 giugno (ripreso dal Tibet Daily). A quanto pare, sono stati pubblicati solo pochi e brevi articoli sull’argomento tra questa data e il 22 luglio, quando da Xinhua è stato pubblicato un pezzo intitolato “Circostanze della trasformazione (gaizao) e dei miglioramenti nella città vecchia di Lhasa: per la prima volta gli abitanti avranno i gabinetti’’. Poi, dal 23 al 26 luglio tutti i giorni sono stati pubblicati da tre a sei articoli importanti, medi o lunghi; la maggior parte erano scritti dai corrispondenti a Lhasa di Xinhua. Dopo il 26 luglio il flusso degli articoli è rallentato, e nel mese di agosto sono apparsi pochissimi articoli di rilievo o addirittura nessuno; all’inizio di settembre sono apparsi due pezzi abbastanza lunghi. Gli articoli in inglese erano molto meno numerosi di quelli in cinese, forse inevitabilmente.
È interessante notare che per indicare il processo di trasformazione in corso negli articoli in inglese viene usata quasi senza eccezioni la parola “restauro’’. Rispetto a “ricostruzione’’, il termine “restauro’’ indica più un rinnovamento o un risanamento di un edificio esistente, quindi l’uso predominante del secondo termine potrebbe essere intenzionale. Al contrario, gli articoli in cinese usano una maggiore varietà di termini. Gaijian (usato spesso) significa ricostruzione, mentre weixiu in genere si traduce con “conservazione, manutenzione, tenere in buono stato’’, riferito forse al risanamento di vecchi edifici piuttosto che alla loro demolizione e ricostruzione. Gaizao è il termine cinese tradotto con “trasformazione’’, ha anche il significato di riformare o ricreare. Di solito non è chiaro se si riferisce a ricostruzioni o a lavori di riparazione più limitati. L’idea generale che si ricava dalla propaganda in cinese è quella di un esercizio che unisce demolizione/ricostruzione e lavori di risanamento, mentre gli articoli in inglese danno un’impressione abbastanza nebulosa di operazioni di “restauro’’.
Per quanto riguarda la natura della propaganda, bisognerebbe fare due valutazioni sui lavori di ricostruzione: la prima riguarda il problema se l’area o gli edifici importanti siano protetti come siti storici, la seconda relativa alle aspettative dei residenti tibetani per quanto concerne le loro condizioni di vita. Sono prese in esame più sotto, ognuna con i riferimenti ad articoli specifici.
Come abbiamo già detto, anche se molte residenze in stile tradizionale intorno al Jokhang che vengono ora “restaurate’’ erano state costruite negli anni ’70 e ’80, erano molto ben inserite nello stile della città vecchia ed erano state costruite con i materiali tradizionali, che contribuivano ad armonizzarle con i pochi edifici storici rimasti. Queste residenze perciò facevano parte di una “zona cuscinetto’’ proposta dal partito di Stato e approvata dall’UNESCO come contesto adatto ai pochissimi veri edifici storici sopravvissuti, compreso il Jokhang. Le argomentazioni dei propagandisti sorvolano completamente su questo punto. In vari articoli si fa una netta distinzione tra gli aggettivi gu (usato per: antico, arcaico, storico, secolare) e lao (“vecchio’’ opposto a “nuovo’’, ma usato in genere per cose non così vecchie come gu), come per esempio lao chengshi, città vecchia. È implicito che ciò che è descritto comegu va protetto, lao non necessariamente. Per esempio, un articolo pubblicato il 23 luglio (6) cita Guo Bao, capo dell’ufficio per la protezione dei beni culturali della città di Lhasa: “Le riparazioni (weixiu) e le trasformazioni (gaizao) hanno lo scopo di proteggere meglio gli edifici antichi (gu), e non si sono verificati casi di danneggiamento degli edifici antichi (gu) in stile tibetano’’.
Nello stesso articolo, Guo Bao definisce gli edifici dei quartieri antichi come “edifici vecchi con caratteristiche tibetane’’ (you zangzu tese de lao jianzhu), aggiungendo: “dato che alcuni sono vecchi e altri sono nuovi (yinwei niandai you chang you duan), non tutti possono essere definiti come edifici antichi, e per giunta non sarebbe coerente con la definizione comunemente intesa di patrimonio culturale mondiale (shijie wenhua yichan)’’. In un altro articolo (7) è citato anche il “Buddha vivente’’ (espressione cinese che indica i lama reincarnati) Bomi Qambalozhub, secondo cui gran parte della “città vecchia’’ è stata costruita nel 20° secolo.
In un articolo datato 23 luglio (8) Yangpei, direttore del progetto e dell’assessorato all’edilizia della municipalità di Lhasa, ha ammesso che sono state eseguite delle demolizioni. Ha detto: “Abbiamo demolito alcuni edifici, ma erano stati costruiti di recente ed erano edifici moderni che non si intonavano con i palazzi antichi. Il tutto è stato eseguito seguendo i suggerimenti degli esperti del World Cultural Heritage’’. Prosegue: “Per quanto riguarda alcuni edifici antichi che erano in condizioni pericolose, per esempio stavano per crollare, abbiamo scelto delle imprese specializzate nelle costruzioni in stile tibetano per eseguire dei lavori di manutenzione (weixiu). Questi ingegneri hanno una conoscenza approfondita dello stile costruttivo tibetano’’. Non è chiaro però a quali “edifici antichi’’ si riferisce Yangpei.
Un’altra osservazione a scopo giustificativo si riferisce alle dimensioni ridotte dell’area d’impatto: dicono che la zona interessata da questo progetto di ricostruzione occupa “solo’’ il 5,4 percento dell’area della città vecchia (130 ettari) (9). Lo stesso articolo dice: “Le riaparazioni agli edifici antichi più importanti saranno eseguite strettamente in base ai metodi tradizionali, utilizzando il fango e l’arenaria (shashi), esattamente come l’ ‘akatu’ in passato’’.È ovvio che ci si riferisce solo agli edifici “antichi’’.
Alcuni articoli propagandistici tentano di distrarre l’attenzione dalla natura di questi lavori quantificando i livelli degli investimenti passati e attuali effettuati dal governo. Un articolo in inglese del 23 luglio (10) afferma: “Dal 1979, il governo centrale ha destinato più di 300m di yuan (circa 36m di euro) per risanare gli edifici nel centro di Lhasa e mantenerne lo stile originale’’ (11). Un altro articolo dice che il governo sta investendo 70m di RMB (8,5m di euro) per le riparazioni e le trasformazioni di 56 cortili nella città vecchia, tra cui quattro inseriti nell’elenco di protezione della città (12).
Si giustifica l’esecuzione dei lavori affermando che le residenze esistenti sono essenzialmente obsolete e malsicure. Un articolo pubblicato il 24 luglio (13) riferisce che il presidente del Congresso del popolo della città di Lhasa, Tashi Dhundup, ha detto: “Molte abitazioni della parte vecchia di Lhasa sono fatte di legno e terra, e soprattutto al piano terra sono buie e umide. Più del 90 percento dei muri hanno delle crepe e il legno è in gran parte tarlato. Nella stagione delle piogge, gli edifici diventano ancora più pericolosi e minacciano direttamente la sicurezza della massa degli abitanti’’.L’articolo cita: “Lo scopo della manutenzione e della trasformazione (weixiu gaizao) è evidente: eliminare i pericoli delle case della parte vecchia e proteggere meglio gli edifici antichi di quella zona’’.
In un articolo del 30 luglio, “Spieghiamo al mondo il quadro effettivo’’, si cita il “Buddha vivente’’ Lobsang Tenzin, vicesindaco di Lhasa e responsabile del comitato di ricostruzione e di manutenzione dei Lhasa, secondo cui, dopo 50 anni di sviluppo, gli standard di vita degli abitanti della capitale sono migliorati: “Non si accontentano più di vivere in case umide e buie, e stanno facendo pressanti richieste al governo perché investa nel miglioramento delle loro condizioni abitative’’ [T]hey are no longer satisfied with living in dark, damp houses, and they are making pressing demands on the government to invest in improving their housing conditions” (14).
Le autorità insistono nel voler dimostrare che i tibetani hanno appoggiato la ricostruzione. Secondo un articolo del 24 luglio, è stata condotta un indagine su più di mille famiglie (15). L’articolo riassume: “Lo studio dimostra che i lavori di risanamento e di trasformazione che vengono condotti nella città vecchia di Lhasa corrispondono ai desideri dei residenti’’. Si parla solo di critiche trascurabili, per esempio che gli operai hanno dovuto costringere i residenti ad andarsene per poter eseguire subito i lavori. Un residente, Danba, ha commentato: “Questa indagine… era necessaria per far sentire la voce dei residenti al governo tramite il congresso del popolo. Come rappresentante del nostro cortile, ho rispecchiato esattamente le opinioni di tutti’’.Anche se sembra che per le autorità valesse la pena di condurre un’indagine per dimostrare che le masse sono contente, ci sono delle domande da porsi per quanto riguarda il modo di procedere. Siccome l’inchiesta era stata condotta solo “di recente’’, chiaramente non aveva influito sulle decisioni. Per di più non era anonima: erano stati richiesti nomi e indirizzi, ed era stata compiuta per mezzo dei comitati di quartiere e del congresso del popolo. Il rapporto stampa non dice che tipi di edifici sostituiscono i vecchi e se i residenti ne sono soddisfatti. In apparenza il questionario chiedeva la costruzione di gabinetti pubblici e i residenti potevano anche esprimere il desiderio di avere cucine individuali. Trattandosi di servizi che richiederebbero la riprogettazione dell’edificio, ci si chiede se il questionario possa essere stato formulato per pilotare delle risposte ben precise. Come in altri casi analoghi, la credibilità di testimonianze ottenute da un’inchiesta in cui è impossibile restare anonimi, dove i lavori sono già iniziati e le autorità richiedono esplicitamente una serie di risposte è tutta da verificare.
Più in generale, Tashi Dhundup, presidente del Congresso del popolo di Lhasa, il 23 luglio ha detto che il governo aveva sollecitato dei suggerimenti dai residenti, e che “i principi della ricostruzione che infine sono stati confermati sono quelli dei ‘due cambiarmenti doverosi’ (liange bixu) e ‘due non cambiamenti doverosi’ (liange bu neng bian). Significa che l’infrastruttura di base dell’amministrazione municipale (lao chengqu de shi zheng jichu sheshi) deve essere trasformata; la disposizione complessiva delle vie e dei vicoli della parte vecchia non deve cambiare, e l’aspetto degli edifici antichi(gu jianzhu) aventi valore storico non deve cambiare’’ (16). Questo è tutt’altro che rassicurante, dato che la trasformazione delle infrastrutture interne è considerata “necessaria’’ e si parla soltanto della necessità di conservare l’”aspetto’’ degli edifici antichi con valore storico.
Sia negli articoli in cinese, sia in quelli in inglese vengono citate le opinioni dei tibetani. In un articolo pubblicato su Xinhuanet il 23 luglio (“Una via di Lhasa che ha 1000 anni conserva l’aspetto originale’’) un certo Bandain, di 73 anni, dice: “In realtà quasi tutti gli edifici lungo il Barkhor sono rimasti uguali… il Barkhor è sempre lo stesso, solo che è più pulito e ha più negozi di prima’’ “Actually most buildings along Barkhor Street have remained unchanged… Barkhor Street is still the same old street, except that it’s cleaner and has got more shops”. Sono citati anche due “Buddha viventi’’. In un articolo del 24 luglio (17) si cita l’85enne Bomi Qambalozhub: “Il buddhismo sottolinea il valore della vita umana, il suo fine è la liberazione di tutte le creature viventi dalla sofferenza. Eseguire riparazioni nelle case pericolanti che minacciano la vita delle persone significa proteggerle, tutto ciò è perfettamente coerente con la dottrina buddhista’’.
Da un punto di vista più politico, il “Buddha vivente’’ Lobsang Tenzin, capo del progetto di ricostruzione e di manutenzione della città vecchia di Lhasa e vicesindaco della città, dice: “Abbiamo ricevuto molte lettere dall’estero che chiedono spiegazioni sulle trasformazioni (gaizao) della città vecchia di Lhasa. Anche se le firme non sono le stesse, il contenuto è fondamentalmente identico; questo rivela che sono opera di un numero ristretto di persone. Ci sono delle persone che non vogliono che il livello di vita delle masse di Lhasa possa migliorare, e non vogliono che la gente (laobaixing) viva in case spaziose e sicure’’ (18). Tutto ciò attribuisce un pesante significato politico a qualsiasi protesta o interrogazione dall’estero riguardo ai lavori di ricostruzione.
Come abbiamo detto, in agosto sono stati pubblicati pochi articoli su questo argomento. La comparsa di due lunghi articoli in cinese all’inizio di settembre indica comunque che per le autorità i lavori di trasformazione in corso a Lhasa sono ancora un’esigenza propagandistica attuale. Mentre i due articoli tendono a ripetere le argomentazioni dei pezzi precedenti, quello in inglese (“Rinnovare il vecchio in stile antico: Lhasa dice addio alle abitazioni pericolose’’) “Restaurare il vecchio con il vecchio stile: Lhasa dice addio alle case fatiscenti (pericolose)” (19), pubblicato il 2 settembre, commenta brevemente l’adeguamento dei lavori agli standard del World Cultural Heritage: “Quando il Jokhang è stato inserito nell’elenco del World Cultural Heritage, rispettava tutti e sei i parametri richiesti ( 20) Di questi, la trasformazione della città vecchia riguarda il parametro n°5, ma gli altri di certo non vengono interessati, e inoltre la struttura del Jokhang in sé non subirà sicuramente nessun danneggiamento…’’ Un altro articolo, intitolato “Ulteriori prove della protezione dell’antica (gulao) cultura tibetana: salvare la città vecchia di Lhasa’’ (21) afferma: “Di recente, all’estero, alcune persone che non capiscono la situazione effettiva hanno provocato una massa caotica di speculazioni; giungendo addirittura a screditare il governo cinese dicendo che fa demolire gli edifici tibetani antichi, seminando ‘teorie sulla distruzione della cultura tibetana’ e certe persone per i loro secondi fini hanno perfino sfruttato la 26a sessione del comitato del World Cultural Heritage per sferrare un attacco…’’. Chiaramente, alle autorità preme soprattutto scacciare il dubbio che non siano rispettati i parametri del World Cultural Heritage.
Conclusione
Questo rapporto evidenzia il fatto che nel 2002 Lhasa si è trasformata più velocemente che nel passato. È chiaro che per quanto le trasformazioni siano giustificate da un bisogno effettivo di modernizzazione della città, è improbabile che le modifiche portino qualche vantaggio alla maggior parte dei residenti. Almeno a breve termine, questi cambiamenti si rivelano una perdita economica e un danno sociale per la maggioranza dei tibetani che li subiscono. Dal punto di vista della salvaguardia dell’eredità culturale locale, è un passo indietro rispetto ai progressi compiuti qualche anno fa 22 rispetto a una politica di ‘modernizzazione’ a tutti i costi. Se oggi si mostra un minimo di rispetto per il carattere unico di Lhasa, si tratta quasi sempre di misure superficiali e simboliche, chiaramente in contrasto con tutti gli standard internazionali comunemente accettati. La protezione offerta dall’UNESCO a tante zone storiche di Lhasa dichiarate siti storici finora non è riuscita a impedire questo sviluppo inarrestabile. Secondo gli esperti internazionali, la missione che verrà inviata a Lhasa dall’UNESCO non potrà fare altro che monitorare i danni irreparabili che sono stati provocati. Anche se in teoria l’UNESCO potrebbe togliere a Lhasa lo status di “patrimonio mondiale dell’umanità’’ per la trasgressione delle regole vincolanti alla sua dichiarazione, è improbabile che prenderanno una misura che potrebbe creare potenziali conflitti.
Dalle trasformazioni in corso a Lhasa ottengono vantaggi solo le élites locali che formano una coalizione di poteri economico-politici. Anche se in passato il governo cinese ha espresso la volontà di prendere misure serie per proteggere l’eredità culturale tibetana e ha affermato che le élites locali del TAR non avrebbero potuto prendere decisioni senza il consenso di Pechino, finora la Cina non ha dimostrato di aver fatto dei passi concreti per proteggere l’eredità culturale di Lhasa. Negli ultimi anni sono state espulse da Lhasa le associazioni straniere che hanno tentato di dar corso a lavori di risanamento rispettando l’aspetto originale e nello stesso tempo migliorando le condizioni di vita delle popolazioni interessate. Una di queste, per esempio, era l’organizzazione internazionale non–governativa Tibet Heritage Fund ().
Il decimo Piano quinquennale del TAR dichiara che Lhasa deve svilupparsi come “una città moderna di medie dimensioni con una ricca atmosfera etnica’’.Dice inoltre: “Nello sviluppare le città piccole dobbiamo stare attenti a esaltarne le caratteristiche individuali; l’ultima cosa da fare sarebbe applicare la stessa formula ovunque. In particolare, dobbiamo sforzarci di proteggere le testimonianze culturali e altri ambienti naturali e culturali che abbiano caratteristiche etniche o locali.’’ In un recente articolo, il prof. Zhu Tiezhen, vicedirettore dell’Istituto cinese di ricerca per lo sviluppo urbano, ribadisce con forza queste affermazioni, criticando i sistemi precedenti. Viene citata questa sua frase (23) “Uno (…) dei motivi (della distruzione del paesaggio urbano tradizionale) è il fatto che il nuovo è considerato qualcosa di positivo. Le discussioni attuali sui successi ottenuti nello sviluppo urbano sono completamente cambiate e non si distingue più il ‘nuovo’ come positivo in sé. (…) Certe vie storiche e certi edifici antichi si sono deteriorati con il passare del tempo, e possono apparire vecchi e decrepiti, ma il loro valore storico continua ad aumentare, alcuni probabilmente rappresentano dei tesori inestimabili, e se vengono distrutti o demoliti non c’è nessuna possibilità di recuperarli. Oggi, alcune città stanno abbattendo senza tregua cose antiche e di grande valore, e nello stesso tempo spendono enormi somme di denaro per costruire edifici falsi, in stile antico e privi di contenuto culturale. (…) La storia di una città è la storia di una nazione, perciò dobbiamo attribuire la massima importanza alla protezione dei beni storici delle città, degli spazi aperti, degli edifici, delle vie e delle aree antiche, compresi i centri storici nel loro complesso (gucheng) con norme speciali (…) Lo sviluppo è un obiettivo da raggiungere, ma anche la protezione’’.
L’analisi condotta da questo rapporto sulle trasformazioni recenti e attuali di Lhasa indica che le idee di sviluppo urbano come quelle espresse nel decimo Piano quinquennale e dal prof. Zhu sono state rispettate a malapena. Anche se in Cina si può riscontrare questo modello di sviluppo, in realtà è più diffuso nelle regioni delle ‘minoranze nazionali’. È possibile che col tempo una posizione come quella del prof. Zhu incontri non solo il consenso teorico delle autorità, ma anche il loro sostegno concreto, tuttavia per Lhasa e altri paesaggi urbani del Tibet potrebbe essere troppo tardi.
Lhasa 2002 dal Potala affacciandosi verso sud
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FINE
Note:
1c. “Lhasa to improve its old quarters” in Xinhuanet (11 gennaio 2002). “The litter of daily life will also disappear after the local residents have changed their habits to gather litter and put it in proper places“.
1. Il percorso tradizionale di circumambulazione intorno al centro storico di Lhasa.
2.Questo muro era già stato demolito prima degli anni ’80, ma era stato ricostruito nello stile del suo modello storico dopo che il Jokhang aveva ripreso la sua funzione religiosa.
3. I “Kache di Lhasa’’ erano i discendenti dei mercanti musulmani, provenienti soprattutto da Ladakh, Kashmir e Turkestan (in particolare da Kashgar) che avevano sposato donne buddhiste a Lhasa. Erano uno dei due gruppi musulmani tibetani: l’altro era quello degli Hopaling, ramo tibetano dei musulmani cinesi (Hui). Anche se si trattava di una piccola comunità, i Kache di Lhasa avevano un ruolo fondamentale nelle relazioni commerciali del Tibet con il mondo esterno. Dopo il 1959 furono arrestati perché la maggior parte aveva richiesto il passaporto indiano, a cui avevano diritto grazie al trattato sino-indiano del 1954, per poter abbandonare il Tibet. Dopo essere stati rilasciati nei primi anni ’60, la maggioranza dei Kache emigrò in Kashmir e in Medio Oriente.
3bis. “The World Heritage Committee invites the States Parties to inform the Committee, through the UNESCO Secretariat, of their intention to undertake or to authorize in an area protected under the Convention major restorations or new constructions which may affect the World Heritage value of the property. Notice should be given as soon as possible (for instance, before drafting basic documents for specific projects) and before making any decisions that would be difficult to reverse, so that the World Heritage Committee may assist in seeking appropriate solutions to ensure that the World Heritage value of the site is fully preserved.”
4. Vedi il sito dell’UNESCO, www.unesco.org
5. “Lhasa old city carries out repairs and transformation”, op cit. “La città vecchia di Lhasa esegue risanamenti e trasformazioni’’
“Responding to some recent rumours abroad about the transformation [gaizao] works in Lhasa’s old quarter (…)”
6. “Lhasa old city carries out repairs and transformation”, op cit “La città vecchia di Lhasa esegue risanamenti e trasformazioni’’.
7. “Living Buddha says that reformation of the old city will benefit the Jokhang temple”, “Il Buddha vivente afferma che la riforma della città vecchia sarà benefica per il tempio del Jokhang’’, Xinhua, Lhasa, in cinese, 24 luglio
8.”Lhasa old city carries out repairs and transformation” op cit. “La città vecchia di Lhasa esegue risanamenti e trasformazioni’’
“We have demolished a few buildings, but these buildings were constructed recently and were modern buildings that did not fit in with the ancient buildings. This was carried out in accordance with suggestions from experts at World Cultural Heritage.” Egli continua “In relation to a few ancient buildings which were in a dangerous state such as being close to collapse, we employed companies that specialise in Tibetan-style building construction to carry out maintenance work [weixiu], and those engineers have a detailed knowledge of Tibetan-style construction”
9. “Living Buddha says that reformation of the old city will benefit the Jokhang temple”, op cit.“Il Buddha vivente afferma che la riforma della città vecchia sarà benefica per il tempio del Jokhang’
10. “1,000 year old street in Lhasa retains original look”, “Una strada di 1000 anni a Lhasa conserva il suo aspetto originale’’, Xinhuanet, 23 luglio 2002.
10. “1,000 year old street in Lhasa retains original look”, “Una strada di 1000 anni a Lhasa conserva il suo aspetto originale’’, Xinhuanet, 23 luglio 2002.
“Since 1979, the central government has allocated over 300m yuan to renovate buildings in downtown Lhasa and preserve their original style”
11. Un articolo in cinese in termini analoghi, datato 16 giugno “Gli edifici antichi resteranno certamente com’erano (gu jianzhu ‘yiran ru jiu’)’’”Ancient buildings “certainly will be as they were” [gu jianzhu ‘yiran ru jiu’], aggiunge: “… tra cui grandi quantità d’oro, argento e altri materiali usati per restaurare e salvaguardare gli edifici antichi del Tibet’’. “including large quantities of gold, silver and other materials, used to repair and preserve Tibet’s ancient buildings”.
12.‘’Investimento di 70m di yuan: opinioni degli specialisti sul risanamento e la trasformazione della città vecchia di Lhasa’’, Xinhua, Lhasa, in cinese, 24 luglio 2002.
13. “L’inchiesta chiarisce: il risanamento e la trasformazione della città vecchia di Lhasa si accordano con le esigenze dei residenti tibetani’’, Xinhua, Lhasa, in cinese, 24 luglio 2002.
“Many of the residences in Lhasa’s old quarter are built of wood and earth, and especially on the ground floor, they are dark and damp. More than 90 per cent of the walls are cracked, and much of the wood has woodworm. In the rainy season, the buildings become even more dangerous, directly threatening the safety of the masses that live there“. He was quoted as saying: “The aim of maintenance and transformation [weixiu gaizao] is very clear: to eliminate the danger from houses in the old quarter, and to better protect ancient buildings in the old quarter“.
14. “Explaining the Truth to the World”, “Spieghiamo al mondo la verità’’, Xinhua, Lhasa, 30 luglio 2002.
15. “L’inchiesta chiarisce:…’’ op cit.
16. “Lhasa city carries out repairs and transformation” “La città di Lhasa esegue risanamenti e trasformazioni’’, op cit.
“the final confirmed reconstruction principles were the ‘two musts’ [liange bixu] and the ‘two must not changes’ [liange bu neng bian]. That is, the municipal administration’s [lao chengqu de shi zheng jichu sheshi] basic infrastructure must be transformed, and the traditional buildings’ internal infrastructure must be transformed; the overall layout of streets and lanes in the old quarter must not change, and the appearance of ancient buildings [gu jianzhu] with historical value must not change”
17 “Living Buddha says the reformation of the old city will benefit the Jokhang temple” “Il Buddha vivente afferma che la riforma della città vecchia sarà benefica per il tempio del Jokhang’’
“Buddhism values human life, and its purpose is delivering all living creatures from torment. Carrying out repairs to the dangerous houses that are threatening people’s lives is to protect people’s lives, which is completely consistent with Buddhist doctrine”.
18. “Spieghiamo al mondo la verità’’, Xinhua, Lhasa, 30 luglio 2002.
19. “Renovate the old in the old style: Lhasa says goodbye to dangerous housing” – Tibet Science and Technology News, 2 settembre 2”2, e su www.tibetinfor.com.
“When the Jokhang [temple] was entered into the World Cultural Heritage [list] it accorded with all six World Cultural Heritage standards. Of these, the transformation of the old city touches on standard no. 5, but the other standards certainly are not affected, and moreover the structure of the Jokhang itself certainly will not suffer any damage…”
“Recently, abroad, some persons who do not understand the true situation have created a seething mass of speculation; even vilifying the Chinese government as destroying ancient Tibetan buildings, sowing ‘theories on the destruction of Tibetan culture’, and a few persons with ulterior motives have even used the 26th Session of the World Heritage Committee to launch an attack…“.
20. L’articolo 1 della World Heritage Convention definisce il valore universale dei siti dichiarati “patrimonio mondiale dell’umanità’’ L’articolo 1 è interpretato dal World Heritage Committee utilizzando i criteri per definire un bene culturale esposti nel paragrafo 24 delle “Linee guida operative dell’applicazione della World Heritage Convention”. L’autore dell’articolo forse si riferisce ai sei criteri esposti nel paragrafo 24(a), di cui il quinto dice: “che sia un esempio insigne di insediamento umano tradizionale o di uso del territorio rappresentativo di una cultura (o culture), soprattutto se divenuto vulnerabile per l’impatto di cambiamenti irreversibili.’’ Vedi il sito Web dell’UNESCO, www.unesco.org.
21. Pubblicato su Xinhuanet, 4 settembre 2002 e su www.tibetinfor.com.
22. Il 20 luglio 2000 il governo locale ha emesso una circolare pubblica dal titolo “Risoluzioni sulla protezione dei diritti di residenza dei tibetani locali negli antichi edifici storici della municipalità di Lhasa’’. È stato il primo documento che delineasse esplicitamente la decisione del governo di proteggere e salvaguardare gli edifici residenziali con valore culturale.
22bis. Il rappresentante del Tibet Heritage Fund è stato espulso dal Tibet all fine del 2001 per aver espresso il proprio dissenso con la politica urbanistica dell’amministrazione locale.
23. “Zhu Tiezhen: le città cinesi stanno gradualmente perdendo le loro caratteristiche’’. Development Research Centre, drcnet.com (in cinese), 15 agosto 2002.
“A […] reason [for the destruction of traditional townscape] is that new is seen as good. Current discussion on successes in urban development is about ‘a completely new face’ and there is no distinction made as to whether ‘new’ is good. […] Some historic streets and ancient buildings in cities have unavoidably deteriorated with the passage of time, and they may look old and decrepit, but their historical value continues to increase, some are probably priceless treasures, and if they are destroyed or demolished there is absolutely no way to recover them. At the moment, some cities are on the one hand ruthlessly tearing down ancient and truly valuable things, and on the other hand spending huge sums of money on fake, antique-style buildings with no cultural content. […] A city’s history is a nationality’s history, and so we must attach great importance to the protection of cities’ historical artefacts, open spaces, historic buildings, streets and zones, including entire old towns [gucheng] under special regulations […] Development is an achievement, protection is also an achievement”.
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