Le accuse: secondo Nuova China, il Dalai Lama è «un leader spirituale autonominatosi» e non ha mai fatto «alcuno sforzo per progettare lo sviluppo della cultura tibetana». In una conferenza stampa nella capitale del Giappone, il leader spirituale tibetano, 73 anni, ha affermato che la Cina sta consumando un «genocidio culturale» nel Tibet comminando alla cultura buddista «una condanna a morte». Il Dalai Lama ha aggiunto che la sua fiducia nelle autorità di Pechino «è sempre più sottile» e ha affermato che in futuro si terrà in disparte lasciando «al popolo tibetano» decidere sul comportamento da tenere verso la Cina. Nel suo editoriale l’agenzia di stampa cinese lo accusa di «ricorrere al vecchio trucco del ritiro» e afferma che le sue accuse sono «prive di fondamento». Nuova Cina sostiene inoltre che «sottolineando la sua delusione sui contatti e sulle trattative» il leader tibetano «assume una posizione patetica volta a cercare simpatie» e dimostra «di essere riluttante a rinunciare alla sua posizionesul Tibet». (Il Messaggero.it)TOKYO, 2 novembre 2008. Il regime cinese sta condannando a morte il Tibet, ha dichiarato oggi il Dalai Lama, capo spirituale dei tibetani, che ha anche ribadito al sua decisione di mettersi almeno parzialmente da parte. Prima delle Olimpiadi il Dalai Lama si era fatto promotore di una linea basata sul dialogo con Pechino, nella convinzione di potere strappare concessioni alla Cina in cambio della rinuncia alla completa indipendenza.Questa linea, che aveva fin dall’inizio suscitato critiche tra i gruppi politici tibetani dissidenti, si è rivelata a parere dello stesso Dalai Lama perdente. La futura linea politica sarà discussa nel corso di una riunione di tutte le correnti della comunità tibetana in esilio il 17 novembre a Dharamsala, in India. Il settantatreenne Premio Nobel per la pace, che da decenni guida il movimento, vi svolgerà un ruolo da «semi-pensionato», come egli stesso ha detto.
Parlando a Tokyo, il Dalai Lama ha affermato che «i tibetani sono condannati a morte. Questa antica nazione e la sua eredità culturale stanno morendo. Oggi la situazione assomiglia a un’occupazione militare di tutto il territorio. È come se fossimo sotto la legge marziale. La paura, il terrore e le campagne di rieducazione politica causano molte sofferenze». (Il Messaggero.it)
Tokio, 2 novembre 2008. La Cina ha condannato a morte il Tibet che ormai vive sotto “la legge marziale”: è il grido di dolore del Dalai Lama, che da Tokyo ha anche ribadito la scelta annunciata una settimana fa di mettersi momentaneamente da parte dopo che la linea del dialogo con Pechino non ha prodotto risultati. “Per i tibetani e’ stata pronunciata una condanna a morte”, ha denunciato il leader spirituale del popolo himalayano, in visita per una settimana in Giappone proprio mentre i suoi emissari si accingono ad avviare un’ottava tornata di colloqui con Pechino. “Questa antica nazione e la sua eredità culturale stanno morendo”, ha dichiarato ai giornalisti. Per il Dalai Lama il Tibet è praticamente sotto “occupazione militare” ed “è come essere sotto la legge marziale: la paura, il terrore e la rieducazione politica stanno causando molto risentimento”. Questo nuovo messaggio pessimistico del settantratreenne premio Nobel per la Pace arriva a due settimane dalla sessione speciale del parlamento in esilio in programma il 17 novembre a Dharamsala. A quella riunione il Dalai Lama ha anticipato che avrà un ruolo da “semi-pensionato”, dopo esser stato per decenni la guida spirituale e politica del suo popolo. “Non credo che mi ritirerò del tutto”, ha spiegato, “ma fin quando tratto con Pechino non posso assumere una piena responsabilità, la mia posizione è completamente neutrale”.
(La Repubblica.it)