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“C’è un’atmosfera d’entusiasmo e tutti vogliono contribuire all’attività politica” – ha dichiarato ad AsiaNews Penpa Tsering, direttore del Tibetan Parliamentary and Policy Research Centre. “Qui partecipano 580 tibetani in esilio, dei quali il 15 – 20% è nato in Tibet”. “Tra i nati in Tibet alcuni vogliono un approccio realistico e cercano un dialogo con la Cina ma altri chiedono l’indipendenza”. “Il gruppo Tibetan Youth Congress vede nell’incontro un’ottima opportunità per cambiare la storia del Tibet, per lasciare l’approccio moderato e chiedere l’indipendenza”.
“Non possiamo vivere sotto la Cina”: queste le parole di Lobsang Phelgye, rappresentante della comunità tibetana in Nepal.
“Se la maggioranza proporrà una linea diversa dall’attuale saremo lieti di seguirla e se deciderà per l’indipendenza non potremo certo evitarlo”, ha commentato il primo ministro del governo tibetano Samdhong Rinpoche.
Intanto Pechino ha ribadito la sua intransigente posizione nei confronti dell’assemblea e dei suoi possibili risultati. In mattinata, nel corso di una conferenza stampa, il portavoce del Ministero degli Esteri, Qin Gang, ha così dichiarato: “Ogni tentativo di separare il Tibet dai territori cinesi sarà condannato”. “Il cosiddetto governo tibetano in esilio non è riconosciuto da nessun governo del mondo”.