“Carta 08”: oltre 300 personalità firmano per i diritti umani in Cina

da Asia News – 10 dicembre 2008
Pechino. Per celebrare i 60 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, 303 cittadini cinesi hanno sottoscritto un documento chiamato “Carta 08”, in cui chiedono al governo cinese di trasformare il sistema autoritario e corrotto della Cina con un modello democratico e rispettoso di tutti i diritti umani, compresa la libertà religiosa.
“Carta 08” si vuole richiamare a “Carta ‘77”, il documento firmato da intellettuali e attivisti cechi e slovacchi nel 1977, che premeva sul governo est-europeo per il rispetto dei diritti umani. Fra i firmatari di Carta ’77 vi era il drammaturgo e scrittore Vaclav Havel, divenuto poi presidente della Repubblica ceca, dopo la caduta del Muro di Berlino e lo sbriciolamento dell’impero sovietico.
Fra i firmatari di “Carta 08” vi sono intellettuali di molte università cinesi, ma anche imprenditori, contadini, semplici cittadini. Essi non pretendono di voler costituire un partito, ma vogliono che si inneschi un movimento di trasformazione culturale che porti la Cina a un cambiamento radicale.
La pubblicazione del documento ha già creato timori e arresti. Uno dei firmatari più in vista, l’intellettuale Liu Xiaobo (v. foto) è stato arrestato dalla polizia lo scorso 8 dicembre. Un altro, Zhang Zuhua, è stato sottoposto a interrogatorio per 12 ore e poi rilasciato. Ieri lo scienziato Jiang Qisheng e l’avvocato Pu Zhiqiang sono stati interrogati. Pu è sotto il controllo della polizia.
Il sistema corrotto e le tensioni sociali
Il documento consta di 3 parti. La prima contiene una introduzione che percorre gli ultimi 100 anni della storia della Cina, dalla prima costituzione, fino ai giorni nostri in cui molti cinesi “vedono con chiarezza che libertà, uguaglianza, e diritti umani sono valori universale dell’umanità e che la democrazia e un governo costituzionale sono la struttura fondamentale per proteggere questi valori”.
I firmatari puntano il dito sul governo cinese che ha preferito costruire una “modernizzazione” definita “disastrosa”, allontanandosi da questi valori “privando la gente dei loro diritti, distruggendo la loro dignità, corrompendo i normali rapporti umani”. Essi domandano: “Dove si dirige la Cina del 21° secolo? Continuerà con una ‘modernizzazione’ con stile autoritario, o abbraccerà i valori umani universali, ricongiungendosi con le nazioni civilizzate, e costruendo un sistema democratico?”.
Il documento apprezza i cambiamenti avvenuti negli ultimi 20 anni, con l’uscita del Paese dalla povertà e dal totalitarismo maoista. Ricorda che “nel 1988 il governo cinese ha firmato due importanti documenti internazionali sui diritti umani; nel 2004 ha emendato la costituzione per inserire la frase su ‘rispettare e proteggere i diritti umani’; che quest’anno 2008 ha promesso di promuovere un ‘piano nazionale d’azione sui diritti umani’”. Purtroppo – si conclude – “la maggior parte di questo progresso politico non è andato oltre le affermazioni scritte sulla carta”.
I risultati “folli” sono la “corruzione governativa, la mancanza di uno stato di diritto, deboli diritti umani, corruzione dell’etica pubblica, crasso capitalismo, crescente diseguaglianza fra ricchi e poveri, sfruttamento sfrenato dell’ambiente naturale, umano e storico, l’acuirsi di una lunga lista di conflitti sociali, e negli ultimi tempi una netta animosità fra rappresentanti del governo e la gente comune”. Le possibilità di un “conflitto violento di proporzioni disastrose” sono sempre più vicine e “il cambiamento del sistema corrente ormai in declino è divenuto necessario”.
Valori umani universali
La seconda parte del documento, tratta dei “principi fondamentali” che l’ispira e che dovrebbero essere assunti dal governo del Paese. Fra tutti viene sottolineato che “la libertà è al cuore dei valori umani universali” e che senza di essa “la Cina sarà sempre lontana dagli ideali di civiltà”.
Questa sottolineatura dell’universalità della libertà e dei diritti umani fa a pugni coi tentativi della Cina di far passare una versione più relativista di questi valori, rivendicando che le libertà e i diritti umani in Cina sono diversi da quelli dell’occidente.
Un altro punto qualificante del documento è l’affermazione che “i diritti umani non sono concessi dallo Stato”; che “ogni persona nasce con inerenti diritti alla dignità e alla libertà”; che “il governo esiste per la protezione dei diritti umani dei suoi cittadini”; che “l’esercizio del potere dello Stato deve essere autorizzato dal popolo”.
Altri principi citati sono l’uguaglianza, lo Stato repubblicano, la democrazia “del popolo, dal popolo, per il popolo”, la costituzione che “protegge la libertà e i diritti dei cittadini, limitando e definendo lo scopo di un governo legittimo”.
Libertà di religione e repubblica federale
La terza parte del documento (“Che cosa difendiamo”) elenca i passi necessari per trasformare la Cina in un Paese non più autoritario, ma che difenda i diritti umani e garantisca lo sviluppo sociale.
I firmatari “raccomandano” al governo cinese di stilare una nuova costituzione, separando i poteri legislativo, giudiziario e esecutivo e rendendo elettiva ogni carica. Questo dovrebbe garantire una giustizia indipendente dal Partito comunista e il controllo pubblico di tutte le cariche e dell’esercito. Attualmente i giudici confessano do dover emettere sentenze sempre favorevoli al Partito, a cui risponde anche l’esercito. Si chiede che venga garantita la libertà di formare gruppi, la libertà di espressione, la libertà religiosa. A questo proposito il documento afferma che ci deve essere “separazione fra religione e Stato. Non ci deve essere interferenza del governo sulle attività religiose pacifiche. Si dovrebbe abolire ogni legge, regolamento o regole locali che limitano o sopprimono la libertà religiosa dei cittadini. Va soppresso anche l’attuale sistema che richiede ai gruppi religiosi di ottenere una previa approvazione ufficiale”. Il sistema attuale – che discrimina fra comunità registrate e comunità non registrate (considerate illegali), va sostituto con “un sistema in cui la registrazione è facoltativa e, per coloro che la scelgono, automatica”.
Vi sono anche suggerimenti di tipo “sociale”, quali: una correzione delle divisioni fra città e campagne; semplificazione del sistema delle tasse, eliminando quelle ingiuste; garanzie di sicurezza sociale per tutti (educazione, sanità, pensione, impiego); promozione della proprietà privata, garantendo la proprietà della terra ai contadini.
Dal punto di vista politico, i firmatari suggeriscono che una Cina democratica abbia una forma federale, per facilitare la convivenza con gruppi etnici e religiosi (v. Tibet) e l’integrazione con Taiwan, Macao e Hong Kong. Un’ultima richiesta è di “riconciliare nella verità”, “restaurando la reputazione di tutte le persone… che hanno sofferto l’ostracismo politico” o “sono stati bollati come criminali a causa del loro pensiero, delle loro parole o della loro fede”. Per questo i firmatari domandano che siano liberati tutti i prigionieri politici e di coscienza e che si apra una Commissione sulla verità, che indaghi sulle “passate ingiustizie e atrocità, precisando le responsabilità, stabilendo la giustizia e cercando la riconciliazione sociale”.
Il documento si conclude con un invito alla Cina a democratizzare il suo sistema, per aiutare alla pace nel mondo, e ai cittadini cinesi di unirsi a questo movimento per portare solidi cambiamenti nella società cinese.