L’introduzione della festività è stata decisa a due mesi dal 50° anniversario della fuga in esilio del Dalai Lama che lasciò il Tibet il 17 marzo 1959.Mary Beth Markey, vice presidente di International Campaign for Tibet, ha così dichiarato: “Alla luce della tensione esistente tra tibetani e cinesi, questo tentativo di riscrivere la storia è provocatorio e irresponsabile e, purtroppo, riflette l’atteggiamento che negli ultimi cinquant’anni il governo di Pechino ha mantenuto nei confronti del Tibet, un atteggiamento che ignora la storia, l’identità e i reali problemi che i tibetani si trovano a dover affrontare sotto il dominio cinese”. “È una presa in giro della storia” – ha proseguito – “e non sarà tenuta in seria considerazione dalla comunità internazionale”.
Il governo tibetano in esilio ha fatto sapere che il pretesto di usare il “giorno di liberazione dei servi” come strumento di propaganda contro il Dalai Lama è del tutto inutile. “A dispetto di ogni tentativo, i tibetani rimarranno tibetani e nulla potrà cambiare questa realtà”, ha commentato il Ministro per gli Affari Religiosi, Tsering Phuntsok. “Sappiamo tutti che la Cina ha invaso il nostro paese con la forza militare in nome della liberazione”- ha aggiunto. “I tibetani non possono esprimere liberamente il loro pensiero ma le loro azioni dicono chiaramente cosa pensano dell’oppressione del governo cinese”.