Incontro con la campionessa olimpica Iosefa Idem e l’Associazione Italia Tibet
In una piovosa e inondata Venezia S.S. il Dalai Lama è partito per la Germania alle 11 e mezza di oggi martedi 10 febbraio dopo aver ricevuto le cittadinanze onorarie della città lagunare e della capitale Roma.
Un visita “lampo” quella del leader tibetano in parte dovuta a promesse non potute mantenere a causa di un improvviso ricovero in ospedale lo scorso ottobre. E anche questa volta si è temuto per un attimo che tutto saltasse quando martedì è giunta la notizia di una corsa in ospedale a Delhi per un dolore and un braccio. Nulla di grave, per fortuna, e Sua Santità è potuto arrivare nella capitale domenica 8 nel pomeriggio.
Il programma del Dalai Lama prevedeva nella mattina di lunedi un incontro con una delegazione del gruppo interparlamentare per il Tibet . Il gruppo, che conta circa 130 tra deuputati e senatori, è coordinato dal radicale Matteo Mecacci. Presenti una ventina di parlamentari del senato e della camera. Alle 14 il Dalai Lama è giunto al Campidoglio tra due ali di folla ed è stato accolto da slogan vigorosi inneggianti alla libertà del Tibet a suo ingresso nella enorme sala Giulio Cesare dopo che si era intrattenuto privatamente per qualche minuto con il sindaco Alemanno- Breve e incisivo il discorso del sindaco che non ha mancato di far trapelare una intensa emozione. Il sindaco Alemanno ripetutamente si è riferito alla “nazione” Tibet suscitando per l’iniziativa della cittadinanza onoraria le ire dell’ambasciatore cinese jang Yu. Il quale, immancabilmente, ha lanciato le oramai trite e ritrite invettive annunciando crisi relazionali tra due paesi, indebita interferenza negli affari interni. attentato all’unità della madre patria da parte del separatista Dalai Lama, offesa al poolo cinese ecc. ecc.
Jiang ha detto che l’Italia deve prendere “immediate misure” per rimediare al danno apportato alle relazioni tra i due Paesi, ma non ha specificato quali. “Le parole e le azioni del Dalai Lama – ha detto – dimostrano che non è solo una figura religiosa, ma un uomo politico impegnato in attività secessioniste con la scusa della religione”. I paesi stranieri, ha aggiunto, dovrebbero “capire e sostenere” la posizione della Cina sul Tibet, che è “completamente parte della Cina”. “Il problema del Dalai Lama non è un problema di diritti umani, ma un problema attinente alla sovranità e alla integrità territoriale della Cina”, ha concluso Jiang. Il governo ha subito tranquillizzato, si fa per dire, il diplomatico cercando di fargli capire, per l’ennesima volta, che gli enti locali hanno autonomie decisionali che nulla hanno a che vedere con il ruolo del governo del quale però erano presenti i ministri Ronchi, Meloni e il capogruppo dei senatori PDl Gasparri.
Il Dalai Lama, come sempre grande comunicatore, ha affascinato la folla con il suo piglio empatico e irresistibile. Ha come sempre ribadito la sua richiesta di autonomia e non di indipendenza denunciando però la situazione esplosiva e le difficoltà di convincere i tibetani dall’astenersi da azioni violente. “La situazione in Tibet oggi è esplosiva”. Ha detto il Dalai Lama lanciando un nuovo allarme sulla repressione che si sta abbattendo in queste ore sul Tetto del mondo. “Le ultime notizie che mi giungono mi fanno capire che in questo momento la tensione è pronta a esplodere. Ma dico ai tibetani: ‘Per favore non fate confusione, restate tranquilli e in pace”.
Rivolgendosi proprio al presidente di Italia Tibet Cardelli che agitava una bandiera tibetana nelle prime file il Dalai Lama non ha mancato di ricordare come un gesto del genere in Tibet significherebbe l’arresto e la detenzione ma anche come lo stesso Mao nel 1954 gli disse che le bandiere tibetane e cinese avrebbero dovuto sventolare assieme.
Il Dalai Lama ha continuato sorridendo raccomandando di citare Mao come garante dell’esposizione della bandiera tibetana.
Pochissime le udienze concesse da Dalai Lama in questa breve visita.
Martedi mattina alle 7 e mezza a Venezia l’olimpionica Josefa Idem e argento a Pechino nella canoa è stata accompagnata da Claudio Cardelli, Gunther Cologna, Fausto Sparacino del consiglio direttivo di Italia Tibet. La Idem, olimpionica ben 7 volte e una delle icone di Pechino 2008, ha ribadito al Dalai Lama il suo sostegno alla causa tibetana e la sua disponibiltà manifestare pubblicamente il suo appoggio alla lotta non violenta del leader tibetano- Gli ha fatto dono simbolico del suo “body” della vittoria a Pechino che Sua Santità, visibilmente divertito, ha cercato di sistemarsi davanti per capire come si indossa una cosa così minuta…
All’incontro era presente anche Rolando Giambelli dei Beatlesiani italiani, associazione distinta per diverse iniziative a favore del Tibetan Children Village. Dopo Italia Tibet è stata la volta di una delegazione del partito radicale con Marco Pannella, Bruno Mellano e Mecacci.
Il Dalai Lama si è quindi diretto verso il centro storico veneziano dove era ad attenderlo il sindaco Cacciari per conferirgli anche la cittadinanza onoraria veneziana. Il Dalai Lama, apparso leggermente più provato del giorno precedente, è stato fatto fermare un attimo in un palazzo patrizio veneziano, Palazzo Sant’Angelo, tutto decorato con bandiere tibetane. Sul canale diverse barche piene di fotografi e operatori riprendevano la scena sotto una fastidiosa pioggerellina mentre implacabile l’acqua alta iniziava ad inondare piazza San Marco dove il leader era atteso infine alla biblioteca Marciana.
Ultimo saluto in una caotica sala “overbooked” dove i controlli sembravano ormai completamente “fuori controllo”. Il sindaco Cacciari, previsto tra le autorità, non si è presentato mentre il presidente della Regione Veneto ha inviato in sua vece il presidente del consiglio regionale.
Certamente non favorita dal meteo la visita veneziana non ha espresso tensioni politiche di particolare rilevanza. Il Dalai Lama è rimasto colpito dal mappamondo di Fra’ Mauro del 1490, esposto alla Marciana, dove il Tibet è chiaramente indicato come un paese a se’, ben differenziato dalla Cina e dalla testimonianza di Marco Polo, letta da Michele Bortoluzzi, che racconta di come gli abitanti dell’ostile altipiano del “Tibet” non avessero carte e monete del gran regno del Khan ma che ne usassero di proprie.
Una ulteriore prova che il Tibet era, e avrebbe ancora tutti i diritti storici, culturali, religiosi e linguistici di essere, un paese indipendente. Del resto ancora una volta il Dalai Lama nel congedarsi da Cardelli e Cologna, ha ricordato proprio questo: “la mia rinuncia all’indipendenza e la mia richiesta di autonomia non significano che io rinnego la storia e la verità che la Cina ha invaso e occupato un paese “fully independent”.