Poche ore dopo, due studenti e un monaco, rispettivamente Rinchen Phuntsok, ventidue anni, Tsering Drakpa, diciassette, e Achoe, ventidue, hanno dato vita a una nuova protesta di fronte al quartier generale della Contea di Kardze. Sembra che, lo stesso giorno, una ragazza, la cui identità è rimasta sconosciuta, abbia inscenato una terza manifestazione di protesta. Data l’esorbitante presenza delle forze di sicurezza, tutti i manifestanti sono stati arrestati nel giro di pochi minuti e portati in differenti centri di detenzione.
Il 2 marzo, venti monaci del monastero di Gomang, situato a metà strada tra i monasteri di Kirti e di Sey, sono usciti dal monastero e hanno iniziato a marciare. Nel volgere di breve tempo, almeno duecento persone, monaci e laici, si sono unite a loro al grido di “Lunga vita al Dalai Lama”, “Vogliamo i diritti umanai” e “Insorgete, voi tutti ‘mangiatori di tsampa!’”
Con le lacrime agli occhi, molti passanti hanno assistito alla scena. Solo tre ore più tardi, i responsabili del monastero sono riusciti a convincere i dimostranti a far ritorno a Gomang. Nella notte, un monaco ventenne, di nome Thangzin, è stato arrestato.
L’agenzia di stato Xinhua ha riferito che le condizioni di Tabey, il monaco del monastero di Kirti che si era dato fuoco il 27 febbraio (nella foto a terra, circondato dai militari), sono migliorate ed è fuori pericolo. Le autorità cinesi hanno smentito di aver aperto il fuoco. Xinhua fa sapere che Jangkar, un monaco di Kirti, ha confessato di aver mentito riferendo la notizia degli spari “per creare maggior scompiglio e attrarre l’attenzione”. È evidente l’intento di Pechino di minimizzare l’accaduto.