Lhasa, 28 marzo 2009. La Cina ha festeggiato a Lhasa la “giornata dell’emancipazione dei servi”, l’autocelebrazione voluta da Pechino a rivendicazione del suo ruolo di liberatrice del popolo tibetano dalla “teocrazia feudale” del Dalai Lama. Nella grande spianata antistante al palazzo del Potala è stata issata la bandiera cinese mentre una variopinta folla di 13.000 persone, in abiti tradizionali, cantava l’inno nazionale.
Alla cerimonia, trasmessa in diretta televisiva, hanno preso parte il presidente della Regione autonoma, Champa Phuntsok, e il massimo dirigente del Partito comunista Zhang Qingli. Nel suo discorso, Zhang ha dichiarato: “La bandiera rossa a cinque stelle sventolerà per sempre sul Tibet”.
Il contrasto tra noi e il Dalai Lama non verte sui problemi etici, religiosi o sulla questione dei diritti umani, riguarda invece il mantenimento della nostra sovranità nazionale e dell’integrità territoriale. “Per questi motivi, dobbiamo essere vigili e reprimere duramente ogni attività separatista”.
In tutto il mondo, i tibetani e i loro sostenitori hanno organizzato manifestazioni di protesta contro l’arroganza del regime cinese e la sua pretesa di ergersi a “liberatore” del Tibet mentre il paese pullula di militari e la popolazione vive nel terrore e nella disperazione. In centinaia i tibetani hanno sfilato per le vie di Dharamsala e di New Delhi al grido di “Tibet libero” e “poniamo fine a cinquant’anni di torture”.
Manifestazioni analoghe si sono svolte a Katmandu, Londra, Parigi, New York e in molte altre capitali.
A Roma e a Milano, su iniziativa della Comunità Tibetana in Italia e dell’Associazione Donne Tibetane, i tibetani hanno gridato forte la loro protesta di fronte all’ambasciata e al consolato della Repubblica popolare.
I video della manifestazione di Milano:
http://www.youtube.com/watch?v=KtkeVXA-eZs (video di Davide Cacciatore)
Le foto:
Milano: