Rimane incerta l’identità delle altre due persone che si teme possano essere state fucilate o la cui esecuzione potrebbe essere prossima. Nell’aprile 2009 tre tibetani sono stati condannati a morte con sospensione della pena per due anni: Gangtsu, Tenzin Phuntsog e Lobsang Gyaltsen. Il 21 aprile l’agenzia Xinhua ha dato notizia della condanna a morte di Penkyi, ventuno anni, una donna tibetana di Sakya, la cui esecuzione, anche in questo caso, è stata sospesa per due anni, e della condanna all’ergastolo di un’altra tibetana con lo stesso nome, Penkyi, da Nyemo. A Chime Lhamo, abitante a Namling, sono stati inflitti dieci anni di carcere.In un comunicato diffuso dall’agenzia Reuters, Ma Zhaoxu afferma che “tutti i diritti dei condannati sono stati rispettati”. Non è tuttavia possibile verificare l’autenticità di questa affermazione. Queste esecuzioni sono di natura politica e vi sono buoni motivi per ritenere che i processi non siano stati condotti secondo giustizia.
- La cessazione immediata dell’esecuzione di tutte le sentenze capitali
- La commutazione delle condanne a morte già pronunciate
- Processi pubblici e secondo giustizia
- La sospensione dei processi connessi con i fatti dei mesi di marzo e aprile 2008 fino a quando non sarà condotta un’inchiesta da parte di organismi indipendenti in rapporto a quegli eventi
- Una lista dei nomi e dei luoghi di detenzione dei 1200 tibetani ancora in carcere
- La cessazione delle torture inflitte ai prigionieri e la possibilità che sia loro concesso di ricevere le visite dei famigliari e degli avvocati nonché di ricevere le eventuali, necessarie cure mediche
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