Dharamsala, 18 aprile 2010. I tibetani residenti nella Contea di Yushu hanno chiesto al presidente cinese Hu Jintao e al premier Wen Jiabao di invitare il Dalai Lama per consentirgli di visitare le aree colpite dal terremoto. In una lettera pubblicata sul sito web boxun.com, gli abitanti della Contea chiedono ai leader cinesi di mettere da parte le divergenze politiche con il capo tibetano e di permettergli di recarsi nelle aree devastate dal sisma per offrire le sue preghiere alle vittime.
Nel ringraziare la dirigenza cinese per “i solleciti aiuti prestati dall’esercito e da differenti settori della società civile”, i tibetani ribadiscono la loro “incrollabile fede negli insegnamenti del Buddha” e “la profonda fede in Sua Santità il Dalai Lama”.
“Poiché questo è un momento di grande dolore, sia fisico sia mentale, avvertiamo la necessità che il Dalai Lama visiti le zone colpite dal terremoto, preghi per le anime dei defunti e arrechi sollievo ai nostri cuori affranti”. “In questo giorno” – prosegue la lettera – “chiediamo al presidente Hu e al premier Wen di provare sentimenti di compassione e di esaudire questo nostro desiderio”. “Non siamo motivati da altre mire se non da quelle religiose” – conclude il testo – “solo la presenza del Dalai Lama può lenire le nostre ferite”.
Da Dharamsala, anche il Dalai Lama ha espresso il desiderio di visitare le aree terremotate della provincia del Qinghai per pregare assieme ai famigliari delle vittime. “A causa della distanza che ci separa” – si legge in un comunicato diffuso dall’ufficio privato del leader tibetano – “non sono in grado di recare personalmente conforto a quanti soffrono”. “Vorrei che sapessero che sto pregando per loro”, ha aggiunto. Il Dalai Lama, parlando ai giornalisti, ha inoltre dichiarato di non essere a conoscenza della lettera inviata dai tibetani alla dirigenza cinese ma di avere saputo che gli abitanti della zona sperano nella possibilità di una sua visita.
Il 17 aprile 2010, il National Democratic Party of Tibet ha inviato un appello a tutti i sostenitori della causa tibetana affinché chiedano alle Nazioni Unite, alla Comunità Europea, ai governi nazionali e alle Organizzazioni non Governative di adoperarsi per rendere possibile il viaggio del Dalai Lama.
Al 17 aprile, il numero ufficiale dei morti è salito a 1144. Sono iniziate le cerimonie di cremazione dei cadaveri essendo impossibile praticare il tradizionale “funerale del cielo” tibetano a causa dell’alto numero dei defunti.
Fonti tibetane riferiscono che nelle ore immediatamente successive al sisma, in assenza di ogni aiuto della prima ora da parte governativa, i monaci sono stati i primi a prestare i soccorsi sia prodigandosi nell’estrazione dei morti e dei feriti intrappolati nelle macerie sia fornendo generi di prima necessità (tende, carne essiccata, burro, “tsampa”) alla popolazione. Dopo l’intervento delle autorità governative, i monaci e le persone che accorrevano per portare aiuto sono stati tenuti a distanza. I giornalisti sono stati allontanati e sembra che la televisione di Lhasa non abbia dato notizia della tragedia.
Fonte: Phayul