Dharamsala, 21 aprile 2010. A quasi due settimane dal terremoto, i lama tibetani incaricati della sepoltura delle vittime hanno fatto sapere che i morti sarebbero più di 8000 smentendo i dati forniti dalle agenzie ufficiali cinesi che parlano di 2049 morti e 216 dispersi. Oltre 12.000 i feriti. Parlando con alcuni giornalisti di Hong Kong, un lama tibetano ha dichiarato che, domenica 18 aprile, solo nel suo monastero sono stati cremati 3400 cadaveri.
Lo stesso lama – Angwen Danba Renqing – ha detto di essere a conoscenza che in altri monasteri sono ammassati centinai di cadaveri in attesa di essere cremati, essendo impossibile la pratica del tradizionale “funerale del cielo” a causa dell’elevatissimo numero delle vittime.
Le immagini di una cremazione e delle operazioni di soccorso prestate dai monaci ai siti:
http://www.indybay.org/newsitems/2010/04/17/18644975.php
Da Pechino, fonti politiche fanno sapere che la leadership cinese è preoccupata di evitare che la tragedia sia causa di rinnovate tensioni. A meno di quindici giorni dall’inaugurazione dell’Expo di Shanghai, il Politburo, riunitosi in 17 aprile, quattro giorni dopo il terremoto, ha chiesto ai dirigenti di tutti i dipartimenti interessati “di compiere ogni possibile sforzo per evitare contrasti sociali e per assicurare la stabilità sociale nelle aree del disastro”.
I tibetani residenti a Yushu esprimono tuttavia delle riserve sull’operato dei soccorritori cinesi. In una conversazione telefonica con Radio Free Asia, Tenzin, un tibetano residente nella cittadina devastata dal sisma, ha dichiarato che la maggior parte del lavoro di recupero dei cadaveri e di soccorso alla popolazione è effettuato dai monaci. Nonostante le squadre cinesi presenti sul posto abbiano buona esperienza e mezzi adeguati “si danno da fare solo quando sono fotografati” – ha detto Tenzin. “I monaci sono molto coraggiosi e determinati a salvare le vite umane, anche se non dispongono delle attrezzature necessarie” – ha proseguito. “Sarebbe auspicabile che monaci e soldati potessero collaborare, ma non è consentito”.
Radio Free Asia riferisce che la popolazione ha completa fiducia nel lavoro e nell’assistenza dei monaci che, a migliaia, scavano tra le macerie, eseguono i riti funebri e distribuiscono il cibo ai senza tetto.
“Ho sentito due persone, un vecchio e un bambino, intrappolati nelle macerie, chiedere aiuto” – ha dichiarato un tibetano che ha preferito mantenere l’anonimato – “Ho chiesto aiuto alla polizia ma mi hanno risposto che non avevano tempo” – ha proseguito. “Così, sono stati i volontari tibetani a salvarli”.
Le autorità cinesi limitano l’accesso dei giornalisti stranieri all’area colpita dal terremoto. “Sono molto attenti” – ha fatto sapere la stessa fonte – “perché temono che notizie incontrollate possano essere divulgate in tutto il mondo”. Non si hanno di conseguenza notizie della situazione esistente in molte zone colpite e la maggioranza dei comunicati diffusi a livello internazionale provengono dalle agenzie di stato della Repubblica Popolare. Offerte di aiuto da parte della Russia, di Taiwan, degli Stati Uniti, dell’India e delle Nazioni Unite sono state rifiutate dal governo cinese che vuole gestire autonomamente sia l’informazione sia i soccorsi.
Il sisma ha raso al suolo la maggior parte delle case dei tibetani più poveri, costruite in fango e paglia, e molte scuole. “Abbiamo bisogno di tende, molte tende” – ha dichiarato un altro tibetano. “I sopravvissuti sono costretti a dormire all’addiaccio, a temperature proibitive”.
Yushu si trova ad un’altezza di 3700 metri sul livello del mare. A rendere più difficile la situazione dei sopravvissuti e le operazioni di soccorso, sull’intera provincia si è abbattuta ieri, 20 aprile, una forte nevicata. Il ghiaccio impedisce il movimento dei mezzi e lunghe colonne di camion sono bloccate lungo la strada che da Xining porta alla zona terremotata.
Fonti: Phayul – Radio Free Asia