SU TWITTER, IL DALAI LAMA DIALOGA CON I CINESI

Pechino, 22 luglio 2010 (Asianews). Il 19 luglio il Dalai Lama ha risposto alle domande dei cinesi su Twitter, sul suo nuovo blog twitter:@dalailamacn. Mentre Pechino rifiuta qualsiasi dialogo con il leader tibetano in esilio, egli continua a cercare il colloquio con la popolazione cinese, per far conoscere la situazione del Tibet e per favorire la coesistenza pacifica e paritaria dei diversi gruppi etnici.

Con una votazione sono state scelte 10 domande, su 326 proposte da 1.543 internauti. Moderatore è stato lo scrittore Wang Lixiong, che già aveva organizzato il primo analogo dialogo su internet il 21 maggio scorso.

Dalle domande è emerso un grande desiderio nella popolazione cinese di comprendere sia la persona del 75enne leader buddista in esilio, sia la situazione tibetana. E un desiderio non inferiore del Dalai Lama di riaprire un dialogo con la popolazione cinese, che Pechino vuole impedire allo scopo di far conoscere solo la propria versione della questione tibetana.

Le autorità cinesi descrivono il Dalai Lama come un pericoloso terrorista scissionista e molte domande hanno riguardato “l’autonomia del Tibet”. “Il termine ‘autonomia dei tibetani’ dovrebbe riferirsi – ha risposto il leader tibetano – a una situazione in cui, in Tibet, i tibetani sono la maggioranza e gli altri gruppi etnici una minoranza”. “Se la situazione è stata capovolta, la parola ‘autonomia’ non ha più senso”. In Tibet la Cina ha favorito una massiccia immigrazione di etnici Han, con vantaggi finanziari e fiscali e posti di potere, al punto che gli etnici tibetani sono ormai una minoranza nella loro stessa terra e il problema appare piuttosto il rispetto dell’etnia tibetana e la convivenza tra le diverse popolazioni.

Il Dalai Lama ha espresso la speranza “di costruire una grande famiglia che consenta a cinesi e tibetani di coesistere in amicizia nei prossimi 1.000 anni, come per il passato” nonché il desiderio che tutti i gruppi etnici in Cina “coesistano in modo amichevole su una base di uguaglianza”.

Pechino accusa inoltre il Dalai Lama di voler riunificare le popolazioni tibetane, oggi sparse in varie regioni di quello che fu il Tibet, in un unico soggetto politico autonomo. A questa obiezione, il Dalai Lama ha risposto che il concetto di “Grande Tibet” è solo nella “propaganda del Partito comunista”: il suo intento è “dare a tutti i tibetani che parlano e scrivono la stessa lingua, uguali diritti al fine di garantire, assieme allo sviluppo economico, la tutela e lo sviluppo della loro cultura religiosa”.

La leadership tibetana da secoli è tramandata tramite presunte reincarnazioni dei precedenti leader, individuate con complesse procedure. Pechino ha rapito il Panchen Lama e lo ha sostituito con un proprio protetto. Le autorità cinesi danno grande importanza a questo loro personaggio, mentre i tibetani in esilio si avviano a introdurre una leadership democratica. Alla domanda su chi sarà il suo successore, molto frequente, egli ha risposto in modo indiretto che già da almeno dieci anni le maggiori decisioni politiche sono prese dai rappresentanti eletti dai tibetani in esilio e prevede che così potrà continuare anche dopo la sua morte.

Commentando, a Radio Free Asia, il dialogo attraverso internet del Dalai Lama con la popolazione cinese, lo scrittore Yu Jie ha definito questi scambi di vedute “molto utili” per smascherare la propaganda cinese. Anche se al dialogo hanno partecipato poche migliaia di persone, egli ha espresso la convinzione che “possa assumere sempre maggiore influenza e sconfiggere la propaganda distorta dei media ufficiali sul Dalai Lama e sul Tibet”.

Fonte: AsiaNews