9 agosto 2010. Almeno seimila militari, polizia e vigili del fuoco lavorano con alacrità dalla notte scorsa per recuperare persone disperse o seppellite dal fiume di fango che ha invaso e distrutto la contea di Zhouqu, nella provincia tibetana del Gansu (nella foto).
Duemila persone sono disperse e circa cinquantamila sono sfollate in altre aree per salvarsi. Il numero dei morti accertati, ottanta secondo i primi comunicati, è già salito a centoventi. Il fiume di fango, creatosi con le piogge torrenziali delle ultime settimane e profondo da uno a quattro metri, ha seppellito intere aree, distrutto palazzi, rese inagibili le strade. E’ di conseguenza difficile l’arrivo di macchinari e scavatori. La gente scava nel fango alla ricerca di superstiti usando le mani nude o le pale.
Geologi e artificieri stanno studiando come svuotare un lago che si è creato a causa dei detriti e delle frane. Con le piogge che si attendono nelle prossime ventiquattro ore c’è il rischio che un nuovo fiume di fango invada l’area a valle.
Ieri il premier Wen Jiabao ha visitato la zona promettendo aiuti e incoraggiando i sopravvissuti. Due terzi della contea non ha elettricità. Il ministero delle finanze ha stanziato 500 milioni di yuan (circa 55,6 milioni di euro) per l’emergenza nella regione. Il ministero dell’agricoltura ha inviato materiale di protezione e disinfettanti: nell’area, abitata da molti nomadi tibetani, vi è un gran numero di capi di bestiame e si teme la diffusione di epidemie causate dagli animali morti.
A Leh, capitale dello stato indiano del Ladak, tre componenti di una famiglia tibetana sono morti e un altro risulta disperso a causa delle inondazioni che hanno devastato il paese. Colpito in particolare il villaggio di Choglamsar, sede di una sezione distaccata del Tibetan Children’s Village. Tutti salvi i bambini.
Fonti: AsiaNews – ITSN – Agenzie