15 settembre 2010. Alcuni passaggi del discorso pronunciato lo scorso 23 maggio 2010, a New York, dal prof. Samdhong Rinpoche, primo ministro del Governo Tibetano in Esilio, sono in questi giorni oggetto di analisi e acceso dibattito nonché motivo di sconcerto tra le fila dell’ala indipendentista della diaspora tibetana e tra i sostenitori della causa del Tibet.
Sull’argomento, pubblichiamo l’articolo dello scrittore e attivista Jamyang Norbu il cui intervento appare nel blog di Piero Verni (www.freetibet.eu) che ne ha curato la versione in lingua italiana.
RELAZIONI PERICOLOSE (DANGEROUS LIASON)
September 14th, 2010
Da alcune settimane è stato messo su You Tube un video relativo ad un discorso pubblico tenuto il 23 maggio di quest’anno a New York dal prof. Samdhong Rinpoche primo ministro uscente (il suo mandato scadrà tra pochi mesi) del governo tibetano in esilio.
In questo discorso Samdhong Rinpoche attacca duramente i sostenitori della indipendenza tibetana arrivando tra l’altro a dire che sono più pericolosi degli stessi comunisti cinesi e dei praticanti del culto di Shugden. A queste sconcertanti dichiarazioni stanno rispondendo diversi esponenti dell’area politica tibetana indipendentista (che il 2 settembre scorso ha tenuto un importante meeting organizzativo nel campo profughi di Bylakuppe, India meridionale) comprensibilmente risentiti per le dichiarazioni del primo ministro. Di tutti questi interventi ho deciso di pubblicare la traduzione italiana (il testo inglese è presente su diversi siti tra cui www.jamyangnorbu.com/, www.rangzen.net/, www.phayul.com/, www.dossiertibet.it/) del lucido ed esaustivo intervento di Jamyang Norbu, “Dangerous Liaison”.
Ritengo che meriti l’apertura di un proficuo dibattito visti gli importanti temi che affronta.
Piero Verni (www.freetibet.eu)
Relazioni pericolose (prima parte)
di Jamyang Norbu
A proposito delle recenti dichiarazioni del professor Samdhong Rinpoche
La carica di Samdhong Rinpoche quale “kalon tripa” (Primo ministro) terminerà tra pochi mesi ma sembra che sia determinato a non abbandonarla senza prima aver rilasciato qualcun’altra delle sue caratteristiche affermazioni che tanto sgomento hanno causato a molti intelligenti e impegnati tibetani. Ricordiamo tutti la sua dichiarazione alla stampa che, “… la questione tibetana è un affare interno della Repubblica Popolare Cinese”, o il suo consiglio al Presidente Obama di non irritare i dirigenti cinesi. O ancora, che la linea ferroviaria ad alta velocità sarebbe stata di beneficio per il popolo tibetano. E infine la dichiarazione resa al New York Times che la libertà politica del Tibet (“separazione dalla Cina”) non era importante quanto il benessere spirituale dei cinesi.
Il 23 maggio di quest’anno, nel corso di una conferenza tenutasi a New York, Rinpoche ha affermato che i tibetani sostenitori dell’indipendenza o quelli che chiedono una genuina democrazia nella società dell’esilio, sono perfino più pericolosi dei seguaci di Shugden e degli stessi comunisti cinesi. Anche se ha cercato di premunirsi da eventuali critiche usando frasi come, “… noi pensiamo che” o “… un poco”, questo non cambia la sostanza del suo attacco. Un estratto video del suo discorso (con sottotitoli in inglese) può essere consultato a questo indirizzo web (http://www.phayul.com/news/article.aspx?id=28107&article=DANGEROUS+LIAISON+(I)+++by+Jamyang+Norbu).
Non contento di aver detto che alcuni individui sono “… più pericolosi dei comunisti cinesi”, Rinpoche ha rincarato la dose affermando che coloro i quali lottano per l’indipendenza del Tibet, se ne vanno poi in giro a insultare e denigrare Sua Santità il Dalai Lama. Naturalmente si tratta di una totale menzogna. I sostenitori di rangzen hanno certamente espresso in pubblico le loro critiche per quanto riguarda la scelta del Dalai Lama di rinunciare a pretendere l’indipendenza del Tibet ma io non ho mai sentito, o tantomeno letto, alcuna loro dichiarazione che possa essere considerata un insulto o una ingiuria. Ritengo che, facendo una affermazione del genere in grado di provocare violente reazioni, Rinpoche dovrebbe anche sentire il dovere morale di specificare nomi, luoghi, pubblicazioni e convegni dove i suddetti insulti e denigrazioni sarebbero stati espressi.
Se Rinpoche non lo farà allora, naturalmente, le sue affermazioni dovranno essere considerate solo delle provocazioni di infimo livello. Inoltre, se dice queste cose in pubblico, c’è da chiedersi che genere di false e fuorvianti informazioni Samdhong Rinpoche riferisca a Sua Santità riguardo ai sostenitori di rangzen.
E’ alquanto spiacevole apprendere che a Dharamsala qualche settimana fa, dopo la conclusione dell’assemblea generale del Tibetan Youth Congress, ai partecipanti fu concessa un’udienza con il Dalai Lama durante la quale venne chiesto a Sua Santità cosa pensasse della dichiarazione di Samdhong Rinpoche che i sostenitori di rangzen erano più pericolosi dei comunisti cinesi e dei praticanti di Shugden. Sembra che Sua Santità si sia notevolmente infastidito per la domanda e abbia precipitosamente abbandonato la riunione. Mi hanno riferito che questo incidente ha notevolmente esacerbato gli animi a McLeod Ganj e che i soliti attivisti della destra religiosa abbiano dichiarato di voler malmenare chi aveva osato porre la domanda.
La cosa sconcertante è che fino a questo episodio Sua Santità era stato molto comprensivo nei confronti dei sostenitori di rangzen. Nonostante le nostre critiche relative al suo abbandono della richiesta di indipendenza per il Tibet, abbiamo apprezzato che abbia più volte affermato di non opporsi a quei tibetani che non accettano la Via di Mezzo. Nel corso dei suoi precedenti incontri con i giovani tibetani, con numerose organizzazioni e gente comune, aveva sempre detto che i tibetani pro rangzen hanno il diritto di credere in questa idea e non li si dovrebbe considerare contrari al Dalai Lama o al suo governo in esilio.
Quindi perché adesso Sua Santità ha reagito in un modo per lui così inusuale?
In altri momenti della sua storia il Tibet è passato attraverso un simile periodo di contrapposizioni, ad esempio quando negli anni 50 il giovane Dalai Lama cercava di cooperare con i comunisti cinesi ed assecondare le loro politiche in Tibet. Nel medesimo tempo si opponevano con tutte le loro forze a queste politiche, alcuni leali membri del governo, la resistenza dei Khampa guidata da Andru Gompo Tashi, Gyalo Dondup e Shakapba a Kalimpong, unitamente a cittadini, soldati e monaci patriottici. E tutti erano anche preoccupati che il Dalai Lama potesse essere cooptato dai cinesi.
In una situazione del genere così tesa e instabile dove tutti sospettavano di tutti Phala, il lord ciambellano del Dalai Lama, si assunse il ruolo difficile e pericoloso di essere il tramite, l’intermediario tra tutti questi gruppi. Mantenne i contatti con Andru Gompo Tashi, i leali membri del governo, i comandanti militari e perfino con i due agenti inviati dalla CIA. Cercò di persuadere tutti costoro che il Dalai Lama e il Kashag [il governo del Tibet, N.d.T.] non lavoravano contro di loro. Nel medesimo tempo si assicurò che Sua Santità capisse che le azioni dei Khampa e dei leali membri del governo (che i cinesi ogni giorno accusavano di fronte al Dalai Lama) non erano dirette contro di lui ma al contrario venivano compiute per salvaguardare lui stesso e la libertà del Tibet.
Naturalmente le cose presero una piega tragica. Ma non va dimenticato che fu grazie agli sforzi di Kungo Phala e di alcune altre persone che gruppi contrapposti della nostra società riuscirono alla fine a cooperare, anche se per poco tempo, e che la fuga del Dalai Lama e del suo governo miracolosamente riuscì pur in condizioni impossibili.
Jamyang Norbu