LA POLIZIA NEPALESE SEQUESTRA LE URNE CON I VOTI DEI TIBETANI CHIAMATI A SCEGLIERE I CANDIDATI ALLA CARICA DI PRIMO MINISTRO

Nepal_policeDharamsala, 4 ottobre 2010. Nell’approssimarsi delle elezioni generali per la nomina del nuovo Primo Ministro del governo tibetano in esilio, previste per il 20 marzo 2011, domenica 3 ottobre, in tutto il mondo, i tibetani si sono recati ai seggi elettorali per designare i nomi dei candidati in lizza per la successione all’attuale Kalon Tripa e per la designazione dei membri del nuovo Parlamento.

In Nepal, a un’ora dalla chiusura delle votazioni e su ordine del Ministro dell’Interno, la polizia ha fatto irruzione nei seggi elettorali di Boudha e Swyambunat, a Kathmandu, e ha confiscato le urne contenenti i voti di migliaia di tibetani (nella foto l’arrivo della polizia a uno dei seggi). Secondo Jamphel Choesang, capo della commissione elettorale del governo tibetano in esilio, il governo tibetano aveva regolarmente chiesto e ottenuto dalle autorità del distretto il permesso per lo svolgimento delle votazioni.

Il grave gesto, subito definito un atto di estrema compiacenza nei confronti della Cina, ha suscitato le immediate proteste dei tibetani.

Tsewang Rigzin, presidente del Tibetan Youth Congress, ha rivolto un fermo appello al Governo del Nepal affinché “revochi questa palese violazione dei diritti del popolo tibetano e rispetti i fondamentali diritti di assemblea e di voto dei profughi”. Ha chiesto inoltre alla comunità internazionale e alle Nazioni Unite di intervenire prontamente sulla questione.

Dopo aver definito il gesto della polizia nepalese “scioccante ed esecrabile”, il poeta e attivista tibetano Tenzin Tsundue ha così dichiarato: “Rivogliamo le nostre urne”. “Il Nepal deve ricordare i lunghi secoli di amicizia tra noi intercorsi e non farsi condizionare dalle lusinghe o dalle pallottole cinesi”.

Tenzin Choeying, responsabile per l’India di Students for a Free Tibet, ha affermato: “Oggi, in Nepal, vivono circa ventimila tibetani la maggior parte dei quali abita nella valle di Kathmandu e nel distretto di Pokhara. Tutti lamentano continue aggressioni e intimidazioni da parte della polizia”. Choeying ha sottolineato che da tempo ai tibetani non è permesso riunirsi per celebrare le feste tradizionali o pregare insieme e la polizia tiene sotto stretta sorveglianza le attività degli attivisti. “In luglio” – ha aggiunto – non ci hanno nemmeno permesso di festeggiare il compleanno del Dalai Lama”. “Il governo aveva schierato centinaia di poliziotti nelle località di Swayambhunath e Boudha, dove si concentrano i più famosi templi e monasteri buddisti del Nepal”. “Condanniamo fermamente questo atto di repressione che mette in discussione il diritto democratico dei tibetani a decidere sul futuro della loro leadership”.

“Eravamo scioccati, non abbiamo potuto fare nulla”, ha dichiarato Tenzin Namgyal, una profuga tibetana presente nella sezione di Boudha all’arrivo della polizia. “Quando sono arrivati i poliziotti, armati di fucili e bastoni, il seggio sembrava un campo di battaglia”. “Per sfuggire all’arresto, un tibetano che aveva cercato di contrastare la confisca delle urne è saltato al di là del muro di cinta”.

Fonti: Phayul – Asianews