Pubblichiamo oggi questa riflessione di Piero Verni sull’assegnazione del Nobel a Liu Xiaobo apparsa ieri, a poche ore dalla notizia, sul suo blog: www.freetibet.eu.
Nato il 28 dicembre 1955 e condannato lo scorso 25 dicembre a 11 anni di carcere per “incitamento alla sovversione del potere dello stato”, il professore e scrittore Liu Xiaobo è da oggi il primo cittadino cinese ad essere insignito del Premio Nobel per la Pace. Nonostante le innumerevoli pressioni esercitate da Pechino, il Comitato incaricato di assegnare il prestigioso premio non si è fatto intimidire (così come non si fece intimidire nel 1989 quando il Nobel fu assegnato al Dalai Lama). Mentre i signori della Terra si inchinano, uno dopo l’altro, all’arrogante potere cinese (sono di ieri gli smaglianti sorrisi e i gridolini di giubilo di Frattini e Berlusconi nel salutare affettuosamente Wen Jiaobao) la dignità di quello che una volta era solito definirsi pomposamente “mondo libero” risiede ormai nelle mani di cinque distinti signori nominati dal parlamento norvegese che hanno il coraggio di decidere in base alle proprie convinzioni morali e non sotto il peso del ricatto economico.
Anche se non più giovanissimo, Liu Xiaobo svolse un ruolo di primo piano nel movimento studentesco del 1989 e fu tra coloro che cercarono strenuamente di convincere i ragazzi a lasciare piazza Tienanmen prima che arrivassero i carri armati di Deng Tsiao Ping a massacrarli. Proprio per questo ruolo venne condannato nel 1991 a 18 mesi di prigione (“propaganda controrivoluzionaria”) e nel 1995 a tre anni di “rieducazione attraverso il lavoro” da trascorrere nei famigerati campi di concentramento (laogai) per aver pubblicato degli scritti critici nei confronti del governo e gli fu proibito di riprendere il suo lavoro di insegnante quando venne rilasciato. Detenuto per breve tempo nel 2007, l’anno seguente Liu fu tra i fondatori di “Carta 08”, un manifesto che chiede (richiamandosi all’esempio della cecoslovacca “Carta 77”) la fine del regime autoritario comunista e l’introduzione della democrazia in Cina. Per questo motivo nel dicembre 2008 venne privato della sua libertà. Come detto in apertura, il 25 dicembre 2009 è stato condannato a 11 anni di detenzione.
Nonostante il calvario inflittogli da un potere sanguinario che viene però ricevuto con tutti gli onori dalle diplomazie internazionali e siede nei più importanti consessi mondiali, Liu Xiaobo non si è mai piegato ad alcun compromesso con i suoi aguzzini. Ha tenuto la schiena dritta e ha continuato a denunciare i crimini che Pechino commette nei confronti del suo stesso popolo e di quelli che ha assoggettato. A questo proposito non sarà male ricordare che all’interno della variegata galassia della dissidenza cinese Liu è quello che ha difeso con maggior decisione i diritti dei tibetani e degli uiguri all’autogoverno. L’esempio di questo intellettuale dovrebbe essere dunque di monito a quanti sono sempre più attratti dalle insidiose sirene del compromesso, dalle illusioni di colloqui inesistenti nella concretezza del reale agone politico, dalle errate impressioni che il regime cinese possa riformarsi da solo e senza essere contestato e incalzato. Al suo interno e al suo esterno.
Oggi è un giorno di festa per Liu Xiaobo, per la sua coraggiosa consorte (che pochi minuti fa si è detta ancor più orgogliosa di suo marito), per il dissenso cinese, tibetano, uiguro e per tutti coloro che lottano a viso aperto per un effettivo cambiamento dello stato di cose presenti in Cina. Che, detto fuori dai denti, significa -può significare- una sola cosa: la caduta di questo regime repressivo nazional-capital-comunista e la trasformazione di quella grande nazione che è la Terra di Mezzo in un luogo in cui tutti possano esprimere liberamente le proprie idee senza dover passare attraverso il calvario di cui Liu Xiaobo è un esempio. Adesso il più famoso, ma purtroppo solo un esempio tra milioni che se ne potrebbero fare.
Ovviamente dal suo luogo di detenzione Liu non potrà fisicamente vedere e leggere
gli innumerevoli messaggi di felicitazioni, auguri, solidarietà che mentre scrivo rimbalzano da un punto all’altro della Rete e ai quali, cela va sans dire, questo Blog si associa con gioia e convinzione. Ma in qualche modo la notizia di una tale vicinanza umana e politica lo raggiungerà e servirà, almeno in parte, a lenire il dolore della dura esperienza che sta attraversando.
Per finire un appello ai miei amici tibetani e ai sostenitori della causa del Tibet. Nessuno dimentichi che l’assegnazione del Nobel per la Pace a Liu Xiaobo è anche una vittoria del popolo tibetano e di quanti si battono per un Tibet libero dalla dominazione di Pechino. Così come in quell’indimenticabile ottobre del 1989, il Premio Nobel al Dalai Lama fu anche una vittoria per gli studenti di Tienanmen e per l’intera opposizione cinese. Quindi, a mio modesto avviso, sarebbe bene che tra i messaggi di solidarietà a questo mite ma deciso combattente per la giustizia e la verità non manchino i nostri. Non manchino gli auguri e la sentita simpatia di coloro che dentro e fuori il Tibet occupato continuano a battersi per la fine del giogo coloniale sul Tetto del Mondo.
Oggi più che mai, “democrazia per la Cina, libertà per il Tibet”.
Piero Verni
8 ottobre 2010