11 ottobre 2010: Le autorità cinesi hanno consentito a Liu Xia di visitare il marito, Liu Xiaobo, detenuto nella prigione di Jinzhou, nella Cina nord- orientale. L’incontro è avvenuto domenica 10 ottobre. Il giorno precedente, la direzione del carcere aveva informato Liu del conferimento del Nobel alla sua persona. Human Rights in China riferisce che Xiaobo, con le lacrime agli occhi, ha detto alla moglie: “Dedico questo premio ai caduti del 4 giugno e allo spirito non violento con il quale combatterono per la pace, la libertà e la democrazia”.
Riportata a Pechino, la signora Liu è attualmente agli arresti domiciliari. Il suo telefono e il collegamento internet sono stati isolati. I funzionari di polizia che presidiano la sua abitazione non le consentono alcun contatto con gli amici e la stampa e può lasciare la sua casa solo su un’auto della polizia. Anche il telefono del fratello è sotto controllo.
Il governo cinese, che ha definito “un’oscenità” il conferimento del Nobel per la Pace a Liu Xiaobo, ha imposto un rigido divieto alla circolazione della notizia. In alcune aree sono state rafforzate le misure di controllo e la strada che conduce alla prigione di Jinzhou, nella provincia nord-orientale di Liaoning, è stata bloccata.
La notte di venerdì 8 ottobre la polizia ha fermato venti persone – blogger, avvocati e docenti – che si erano riuniti in un ristorante di Pechino per celebrare l’evento. Zhang Zuhua, uno dei firmatari della Charta ‘08, ha riferito che dieci sono stati rilasciati il giorno successivo, tre sono stati condannati a una settimana di detenzione per “disturbo alla quiete pubblica” e altri sette sono stati scortati fuori dalla città.
In segno di protesta, il governo di Pechino ha cancellato un incontro con il Ministro norvegese per la pesca, in programma per mercoledì. È stato inoltre impedito ad una delegazione di diplomatici europei (tra i quali l’ambasciatore italiano) di fare visita a Liu Xia per portarle le congratulazioni del Presidente della Commissione europea.
Di passaggio all’aeroporto di Tokyo, nel suo viaggio verso gli Stati Uniti, il Dalai Lama ha dichiarato che il governo cinese “non apprezza la pluralità di opinioni” e che “una società aperta è la sola salvezza del popolo cinese”. “Il governo cinese deve cambiare”, ha detto il leader tibetano ai corrispondenti dell’agenzia Kyodo.
Fonti: The New York Times – BBC news