Gli studenti hanno gridato slogan e agitato striscioni con la scritta “Uguaglianza tra le etnie” e “Diffondete l’uso della lingua tibetana”. A loro si sono uniti anche i monaci del vicino monastero di Rongpo, nonostante i giovani avessero tentato di dissuaderli nel timore che la partecipazione dei religiosi provocasse l’intervento delle forze di sicurezza. Le camionette delle forze di polizia si sono invece limitate a circondare i manifestanti e la protesta, iniziata il mattino, si è conclusa alle ore 14.00 senza fermi o arresti.
Riferisce Asia News che un insegnante di scuola media a Rebkong ha dichiarato: “Queste riforme mi ricordano la Rivoluzione Culturale. La riforma non solo minaccia la nostra lingua-madre, ma viola la Costituzione cinese che riconosce la tutela dei nostri diritti [come minoranza]. Per i tibetani, non si applica la Costituzione cinese”. Inoltre, secondo una fonte tibetana: “Se la decisione diverrà operativa molti insegnanti tibetani perderanno il lavoro e saranno rimpiazzati da cinesi”. “L’intera comunità è molto preoccupata”.
In base all’articolo 4 della Dichiarazione ONU sui Diritti delle Persone appartenenti alle minoranze, la Cina è tenuta a rispettare l’identità culturale e linguistica del popolo tibetano. Tuttavia, dopo le proteste di Piazza Tienanmen del 1988 e, soprattutto, dopo il Terzo Forum sul Tibet (1994) le autorità cinesi stabilirono che il fine dell’educazione scolastica era eminentemente politico e aveva lo scopo di assicurare la fedeltà dei tibetani al Partito comunista. Prevalse l’idea che per la conservazione dell’integrità territoriale fosse necessario un sistema scolastico monolingue e l’insegnamento in lingua mandarina divenne strumento di assimilazione delle minoranze in uno stato centralizzato.
Il filmato della manifestazione degli studenti di Rebkong al sito: