Fermiamo le esecuzioni in Tibet
Campagna di raccolta firme promossa dall’Associazione Italia-Tibet
Il 10 marzo 2008 la frustrazione della popolazione di Lhasa esplose in una serie di manifestazioni che, partite dai tre grandi monasteri di Drepung, Sera e Ganden, infiammarono ben presto tutta la città. L’ondata delle proteste si estese rapidamente in tutto il Tibet e, tra i mesi di marzo e aprile 2008, l’intero altipiano insorse contro lo strapotere e l’arroganza dell’occupante cinese. L’insurrezione popolare dilagò fino alle province orientali del Tibet. Religiosi e laici, uomini e donne, giovani e anziani chiesero di essere liberi e di vedere rispettate le loro fondamentali libertà.
La reazione cinese fu durissima. A Lhasa fu imposto il coprifuoco. Polizia ed esercito posero la città in stato d’assedio, il paese fu chiuso alla stampa e agli osservatori stranieri. Iniziarono le uccisioni, le deportazioni e gli arresti di massa, con perquisizioni e irruzioni casa per casa. Si contarono oltre duecento morti, centinaia di feriti, migliaia di persone tratte in arresto o scomparse.
Nell’aprile 2009 iniziarono i processi. Due giovani tibetani, Lobsang Gyaltsen (27 anni) e Loyak (25 anni), furono condannati a morte con esecuzione immediata della sentenza. Furono fucilati il 20 ottobre dello stesso anno.
Altri cinque giovani tibetani furono condannati a morte ma l’esecuzione della sentenza fu sospesa per due anni. Questi i loro nomi:
Loyak (25 anni)
Tenzin Phuntsok
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27 anni | Condannato nell’aprile 2009 |
Kangtsuk | 22 anni |
Condannato nell’aprile 2009
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Penkyi | 21 anni | Condannata nell’aprile 2009 (donna tibetana di Sakya) |
Pema Yeshi | 28 anni |
Condannato nel novembre 2009,
nomade (Nyarong County (Kardze)
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Sonam Tsering | 23 anni |
Condannato nel maggio 2010,
(Derge Palyul County, Kham)
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Queste sentenze sono di natura politica e vi sono buoni motivi per ritenere che non siano stati celebrati in conformità alle disposizioni internazionali di legge. La Cina ricorre ad ogni possibile metodo per intimorire i tibetani e cercare di normalizzare il Tibet soffocando ogni tentativo di opposizione alla forzata occupazione del paese.
Penkyi (21 anni)
Per non lasciare soli Tenzin, Kangtsuk, Penkyi, Pema e Sonam e tutti i loro fratelli che stanno scontando lunghe pene detentive, l’Associazione Italia-Tibet lancia una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e delle istituzioni sui crimini e le gravi violazioni della giustizia quotidianamente commesse in Tibet.
Lancia inoltre una campagna di raccolta firme per chiedere alle autorità della Repubblica popolare:
- La cessazione immediata dell’esecuzione di tutte le sentenze capitali
- La commutazione delle condanne a morte già pronunciate
- Processi pubblici e secondo giustizia
- La sospensione dei processi connessi con i fatti dei mesi di marzo e aprile 2008 fino a quando non sarà consentito a organismi indipendenti di condurre un’inchiesta sui fatti realmente accaduti
- La cessazione delle torture inflitte ai prigionieri e la possibilità che sia loro concesso di ricevere le visite dei famigliari e degli avvocati nonché di ricevere le necessarie cure mediche
La campagna si concluderà il prossimo 10 marzo 2011, 52° anniversario dell’insurrezione di Lhasa e 3° anniversario delle proteste del 2008.
Per un’azione più incisiva e unitaria, l’Associazione Italia-Tibet chiede la collaborazione di tutti i gruppi, associazioni, partiti, movimenti e privati cittadini che hanno a cuore il popolo tibetano e la sua causa.
Associazione Italia-Tibet
Modulo per la raccolta firme:
Chiediamo ai soci e ai sostenitori del Tibet che vorranno aderire alla campagna di scaricare e stampare il modulo predisposto alla raccolta delle firme e di farlo circolare tra amici e conoscenti.
Al termine della campagna l’Associazione Italia-Tibet invierà le firme raccolte alle autorità cinesi in Tibet e Cina e al Ministero degli Esteri italiano.