17 dicembre 2010. Abbiamo appreso con profondo dolore e costernazione che il 13 dicembre è mancata Claude B. Levenson. Giornalista e scrittrice, Claude ha dedicato la sua vita e il suo lavoro alla difesa dei diritti dei popoli seguendo con particolare attenzione e sensibilità le vicende del popolo tibetano sia in Tibet sia in esilio. Sempre presente ad ogni appuntamento importante, abbiamo imparato a conoscerla e apprezzarla nel corso di questi ultimi vent’anni, dalla fondazione dell’Associazione Italia-Tibet, e i suoi libri – ricordiamo “Tibet, Storia di una Tragedia”, “Il Signore del Loto Bianco” e “Così parla il Dalai Lama” – sono stati per tutti noi fonte di ispirazione e riflessione.
Vogliamo ricordarla attraverso le parole di Piero Verni che, in un articolo pubblicato sul suo blog, ne evoca la figura e il lavoro. Non avremmo saputo trovare parole migliori per rendere omaggio alla memoria di Claude e alla sua infaticabile opera a sostegno del popolo tibetano.
Arrivederci Claude
Mi è sempre stato difficile scrivere di una persona cara che se n’è appena andata. Nel caso di Claude Levenson, scomparsa ieri dopo una lunga malattia, lo è ancora di più perché all’amicizia e all’affetto personale si aggiunge la forte stima che provavo per lei come giornalista, scrittrice e studiosa del Tibet. In queste occasioni le parole rischiano di avere il sapore metallico della retorica, gli elogi appaiono scontati (“mors omnia solvit”) e i ricordi banali.
Eppure il dolore e il senso di vuoto che mi provoca il sapere che Claude è ormai altrove rispetto a noi, mi costringe davanti a questa tastiera a cercare di dire qualcosa su questa donna d’eccezione. Su questa giornalista acuta e preparata. Su questa scrittrice coinvolgente. Su questa grande amica del popolo tibetano.
Mi pare che la conobbi in uno dei primi convegni internazionali a favore del Tibet, quando i sostenitori di questa causa erano pochi e tra loro gli intellettuali si contavano sulle dite di una mano. Credo si trattasse della Conferenza organizzata dalla leader del movimento tedesco Petra Kelly al Parlamento di Bonn nel 1987 o giù di lì. Mi colpirono immediatamente la sua freschezza, il suo acume, la sua preparazione e la sua umanità. Insieme a lei c’era il suo compagno di sempre, l’inseparabile Jean Claude (giornalista anche lui), con il quale hanno formato una adorabile coppia unita nell’amore, nel lavoro e nell’impegno politico. Prima di avere il privilegio di diventarne amico, avevo incontrato Claude Levenson nelle pagine del suo libro “Le Seigneur du Lotus blanc”, un po’ storia del Tibet un po’ biografia del Dalai Lama. All’epoca stavo scrivendo la mia biografia autorizzata del Dalai Lama e il testo di Claude fu per me una preziosa fonte di ispirazione e documentazione.
Da quella remota fine degli anni ’80 dello scorso secolo, sono rimasto in contatto continuo con Claude e Jean Claude. Ci si incontrava più o meno regolarmente in occasione dei principali appuntamenti e convegni pro Tibet. L’ultima volta fu meno di due anni or sono nell’incantata cornice della città bretone di Nantes. Sapendo che vivo per buona parte dell’anno in Bretagna, Claude mi aveva invitato a partecipare ad una conferenza che avrebbe tenuto appunto nell’antica capitale del regno di Bretagna. Quella sera le sue parole furono come al solito stimolanti e la sua analisi politica della situazione tibetana lucida e disincantata. Al termine dell’incontro lei, Jean Claude ed io ci regalammo una lunga passeggiata nell’incomparabile centro storico di Nantes. Dalla vicina costa atlantica arrivava un vento teso e freddo che rendeva l’aria di una purezza inebriante. Una delle ultime immagini di Claude che conservo nella memoria è il suo sguardo penetrante contro un terso cielo notturno in cui si rincorrevano gruppi di nuvole color della neve. Alle sue spalle il profilo elegante e austero delle mura del Castello dei Duchi di Bretagna.
Dopo di allora non l’ho più vista. Avremmo dovuto incontrarci a Parigi nel novembre dello scorso anno ma io non riuscii ad andare. Poi si ammalò e ieri ha lasciato il corpo. I nostri amici tibetani ritengono che adesso il suo continuum mentale sia nel Pardo, lo stato intermedio tra la morte e la successiva rinascita. Io francamente non so.
Comunque, arrivederci carissima Claude e, dal profondo del cuore, grazie per tutto quello che ci hai regalato.
Piero Verni
(www.freetibet.eu)