14 gennaio 2011. Nel rapporto annuale sulla situazione dei diritti umani in Tibet, pubblicato il 12 gennaio 2011, il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia (TCHRD) afferma che nel corso dell’anno appena concluso la repressione è aumentata in tutto il paese. Le novanta pagine del documento analizzano le violazioni dei diritti umani in Tibet, sia civili sia politici, la libertà religiosa e il diritto all’istruzione e alla sussistenza.
“Al 30 dicembre 2010 si ha notizia della detenzione, in Tibet, di 831 prigionieri politici di cui 360 processati dai tribunali”, riferisce il rapporto. “Dodici stanno scontando il carcere a vita. Nel solo 2010 sono stati arrestati e detenuti 188 tibetani: 71 sono stati processati, gli altri sono ancora in attesa di giudizio”.
Si legge inoltre che lo scorso anno sono stati condannati a morte, con sospensione della pena per due anni, Sonam Tsering, Pema Yeshi, Lama Lhaga e Sonam Dorjee. Il Venerabile Jampel Wangchuk, del monastero di Drepung, Dorjee Tashi, proprietario della “Yak Guest House”, Sonam Gompo e Tsewang Rinchen sono stati condannati all’ergastolo. Tsewang Gyatso, Tashi Rabten e l’ambientalista e uomo d’affari Karma Sandup dovranno scontare 15 anni di prigione. Il rapporto denuncia inoltre l’arresto, a partire dal 2008, di almeno sessanta tra intellettuali, scrittori e blogger tibetani.
Circa la contestata decisione di Pechino di impartire l’insegnamento nelle scuole attraverso l’uso della lingua mandarina anziché di quella tibetana, il documento del TCHRD definisce questo cambiamento totalmente contrario alle norme della costituzione della Repubblica Popolare in base alla quale la Cina ha il dovere di proteggere e preservare la lingua tibetana quale strumento di identità culturale, etnico e religioso.
Il rapporto critica, inoltre, le politiche di sviluppo attuate dalla Cina in Tibet affermando che le fasce più povere della popolazione non hanno tratto da esse alcun beneficio e che le riforme sono state attuate senza tener conto dei diritti e delle reali necessità dei tibetani, in particolare dei nomadi e dei pastori costretti a vivere in condizioni di estrema difficoltà. Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia fa proprio l’appello rivolto al governo cinese dall’Incaricato Speciale delle Nazioni Unite per il Diritto al Cibo, Olivier De Schutter, e chiede a Pechino di non obbligare i nomadi alla vendita del loro bestiame e al trasferimento forzato in centri abitativi.
Fonte: TibetNet