di Massimo Gaggi
(Corriere della Sera – 20 gennaio 2011)
Barack Obama chiede alla Cina un maggior rispetto dei diritti umani: “Abbiamo storie e culture molto diverse, ma riconoscere la libertà di parola, religiosa e di riunione contribuirà alla prosperità e al successo del vostro popolo”. Hu Jintao, prima schiva la domanda di un giornalista americano trincerandosi dietro il cattivo funzionamento della traduzione simultanea. Poi, nuovamente incalzato durante la conferenza stampa, spiega che, nei limiti di un sistema assai diverso da quelli occidentali, la Cina vuole rispettare i diritti umani fondamentali e si propone di fare altri progressi in questa direzione. Ma non accetta pressioni straniere su quella ch considera una sua questione interna.
Mentre fuori dalla casa Bianca i dissidenti protestavano rumorosamente contro la visita del presidente cinese, ieri il presidente americano ha accolto quello della Repubblica Popolare sul prato che circonda la sua residenza con tutti gli onori – 21 salve di cannone. Picchetti, bande, tripudio di bandiere e bimbi in festa – ma ha anche mantenuto la promessa di non passare sotto silenzio la questione dei diritti umani. Obama, premio Nobel per la Pace 2009, ha citato esplicitamente Liu Xiaobo, il dissidente che ha ricevuto lo stesso riconoscimento nel 2010 ma non ha potuto essere premiato perché è in un carcere cinese, e ha invocato una svolta del gigante asiatico nella direzione delle libertà individuali e rivendicato più rispetto per il Dalai Lama e per l’autonomia del Tibet.
Passaggi delicati della prima giornata della visita del presidente cinese a Washington, ma nel complesso il clima è stato cordiale e costruttivo, coi due leader impegnati a riannodare i fili del dialogo tra i due paesi dopo un 2010 difficile e a sottolineare gli interessi comuni.
“Non siamo ipocriti, non nascondiamo le divergenze che ci sono. In vari campi, anche su questioni economiche come l’insufficiente rivalutazione dello Yuan” ha detto Obama. “Al tempo stesso riscontriamo progressi nell’impegno cinese ad applicare le sanzioni contro l’Iran, nel favorire la pace e la denuclearizzazione della penisola coreana e anche la volontà di Pechino di combattere la pirateria di chi viola il ‘copyright’ americano in Cina”.
Bisognerà vedere fino a che punto questi impegni troveranno concreta applicazione. Ma è comunque dal terreno economico che sono venuti i segnali più significativi in questa giornata costellata anche da incontri dei leader politici con alcuni dei maggiori imprenditori dei due Paesi e conclusa da una rara cena si Stato, un onore al quale Hu teneva molto. E alla quale il presidente, con Obama e tutti gli altri ospiti in smoking, si è presentato con un dimesso abito scuro e una cravatta azzurra, in puro stile repubblica popolare. A tavola menu americanissimo: bistecca “rib-eye” con patate, cipolle e spinaci cremolati, preceduta da un’insalata alle pere e da un antipasto a base di aragosta del Maine. Per finire, torta di mele.
A “fare titolo”, almeno per gli americani, in questa prima giornata del vertice è stato l’annuncio di contratti per oltre 45 miliardi di dollari firmati dalla Cina con imprese americane (19 andranno alla Boeing per 200 jet). Una boccata d’ossigeno per Obama che, sempre alla ricerca di nuovi strumenti per battere una disoccupazione che pesa come un macigno sulle prospettive di rielezione nel 2012, ha salutato con uno smagliante sorriso accordi che, ha detto, creano 235 mila nuovi posti di lavoro negli USA. Il presidente, che sta cercando di tacitare le voci che chiedono ritorsioni protezionistiche contro l’Asia, ha anche sottolineato che la Cina assorbe ormai più di 100 miliardi di dollari l’anno di merci e servizi: lavoro per mezzo milione di lavoratori Usa.
I numeri citati da Obama fanno impressione, ma rappresentano pur sempre una frazione di un interscambio tra i due Paesi che continua ad essere assai sbilanciato a favore della Cina il cui saldo commerciale con gli Usa è attivo per ben 275 miliardi. I contratti valgono, insomma. Due mesi di deficit. Per questo l’inquietudine dei parlamentari non si sttenua. Una realtà che oggi Hu toccherà con mano quando, prima di partire per la sua tappa industriale a Chicago, visiterà il Congresso. Incontrando i leader di Camera e Senato, Boehner e Reid, che ieri hanno disertato la cena alla Casa Bianca.
di Massimo Gaggi
Corriere della Sera – 20 gennaio 2011