17 febbraio 2011. È stato investito da un Suv, la notte del 14 febbraio, su un’autostrada buia della Florida mentre marciava per il Tibet. È morto così, a quarantacinque anni Jigme Norbu (nella foto), figlio del fratello maggiore del Dalai Lama, Taktser Rinpoche. Stava per portare a termine la prima tappa della sua nuova marcia per la libertà del Tibet: aveva deciso di percorrere da solo, nonostante l’oscurità, le ultime due miglia che lo separavano dal punto di ritrovo con i suoi compagni.
I 500 chilometri della “Marcia per il Tibet Florida”, iniziata il giorno di S.Valentino, si sarebbero aggiunti alle migliaia di chilometri percorsi da Jigme Norbu nel corso di almeno diciannove marce (memorabili gli oltre 1000 chilometri percorsi nel 2009, dall’Indiana, dove viveva, a New York) e di numerosi rally in bicicletta per ricordare al mondo la sorte del suo paese e chiederne, instancabilmente, l’indipendenza.
Appresa la notizia, centinaia di tibetani, inclusi monaci e monache, si sono riuniti in preghiera, a Dharamsala, e hanno acceso lampade di burro di fronte al tempio principale. Il Tibetan Youth Congress, la principale organizzazione indipendentista tra i tibetani in esilio, ha organizzato una veglia di preghiera e il suo presidente, Tsewang Rigzin, ha ricordato Norbu descrivendolo come un patriota e un fervente attivista per l’indipendenza del Tibet. “È significativo” – ha dichiarato – “che Jigme sia morto proprio mentre marciava per la libertà del suo paese”.
In tutto il mondo, i tibetani e i gruppi di sostegno al Tibet hanno espresso il loro cordoglio e la loro vicinanza alla famiglia di Norbu che lascia la moglie e tre figli. Anche l’Associazione Italia-Tibet rende omaggio al patriota e all’uomo che è stato fonte di ispirazione e speranza per i tibetani fuori e dentro il Tibet e che marciava portando uno striscione con la scritta: “Per la pace nel mondo, per i diritti umani e per l’indipendenza del Tibet”.
Fonti: Agenzie – Phayul