29 marzo 2011. Nonostante le dure critiche e le innumerevoli prese di posizione da parte delle Nazioni Unite e di importanti organizzazioni internazionali, le autorità cinesi della provincia del Qinghai – l’antica provincia tibetana dell’Amdo – continuano a portare avanti il processo di trasferimento e urbanizzazione dei nomadi tibetani.
Il 27 marzo, il Vicegovernatore della Provincia, Den Bengtai, ha reso noto che nell’anno in corso saranno costruite 25.000 nuove abitazioni. Nel riportare la notizia, l’agenzia di stato Xinhua ha precisato che il governo provinciale spenderà quasi sei miliardi di yuan (quasi 923 milioni di dollari americani) per l’attuazione del progetto quinquennale che, iniziato nel 2009, prevede il trasferimento di 134.000 famiglie nomadi in “abitazioni sicure e confortevoli”. Den Bengtai ha detto che 46.000 alloggi sono già stati completati e che altri 4.000 sono attualmente in fase di costruzione.
Le autorità cinesi, contro ogni evidenza, hanno ripetutamente affermato che il trasferimento dei nomadi è attuato allo scopo di migliorare le loro condizioni di vita e di preservare l’integrità e la fertilità dei pascoli. In realtà, i nomadi, ghettizzati alla periferia di piccole città o lungo alcune arterie di comunicazione, non hanno lavoro e mezzi di sussistenza. Molti si danno al bere o al gioco d’azzardo e la loro condizione è decisamente peggiorata.
In questo avvilente contesto, le autorità della Regione Autonoma Tibetana hanno festeggiato, il 28 marzo, la giornata di commemorazione dell’emancipazione di un milione di servi della gleba tibetani, festività istituita nel 2009. Gli abitanti di tutte le etnie in Tibet hanno contemporaneamente tenuto la cerimonia d’alzabandiera. Il segretario del comitato municipale del Partito Comunista Cinese di Lhasa, Qin Yizhi, ha spiegato che mezzo secolo fa la riforma democratica ha eliminato il sistema feudale dei servi della gleba più buio, crudele e arretrato, scrivendo una pagina luminosa nella storia mondiale dei diritti umani.
Fonte: Xinhua/CRI