1 giugno 2011. Il 27 maggio le autorità cinesi hanno dichiarato il coprifuoco in alcune aree della Mongolia Interna nel tentativo di tacitare le proteste dei residenti di etnia mongola che da cinque giorni manifestano a Shuluun Huh Banner in seguito all’uccisione di due pastori mongoli. Uno è stato travolto qualche settimana fa da un automezzo guidato da un cinese han; un secondo è morto durante una manifestazione nei pressi di una miniera.
Nonostante i severi controlli e l’ingente presenza di poliziotti e paramilitari, centinaia di persone sono scese in strada e hanno marciato verso il palazzo del governo. Ne ha dato notizia, da New York, il rappresentante del Centro Informazioni per i Diritti Umani della Mongolia Meridionale il quale ha aggiunto che scuole e università sono sorvegliate e che agli studenti di diversi istituti superiori è stato proibito di uscire dal campus e di unirsi ai manifestanti. Anche Internet è stato bloccato e le ricerche con notizia sulla Mongolia sono state oscurate.
Ricordiamo che anche nella Mongolia Interna, una delle cosiddette regioni autonome all’interno della Repubblica Popolare Cinese e costituita dal settore sud orientale della Mongolia, Pechino esercita uno stretto controllo. Come in Tibet e nello Xinjiang, Pechino esercita uno stretto controllo sulla minoranza etnica locale. Gli etnici mongoli sono solo il 20% dei 24 milioni di residenti. La popolazione è dedita all’allevamento ma, negli ultimi anni, nella Mongolia Interna è cresciuto lo sfruttamento di miniere di carbone, altamente inquinanti. Il boom ha portato molta manodopera da altre parti della Cina e i mongoli, si sentono ormai una minoranza minacciata. Anche la loro attività primaria rischia di essere distrutta a causa delle miniere e dell’inquinamento.
Come riferisce Asia News, le tensioni sono cresciute dopo la morte di due persone, in due differenti incidenti. La prima è avvenuta il 10 maggio: un pastore mongolo è stato investito da un camion, guidato da un cinese Han, che trasportava minerali attraverso i pascoli, rovinando l’erba e il lavoro dei pastori. Il 15 maggio, un altro etnico mongolo è stato ucciso durante una protesta davanti a una miniera.
Le manifestazioni hanno radunato migliaia di etnici mongoli nella capitale, Hohhot, e in diverse altre città (nella foto, un momento della protesta a Xilinhot, il 23 maggio). Secondo analisti sono le manifestazioni più numerose negli ultimi 20 anni. Per calmare la popolazione il governo ha promesso di processare i due cinesi responsabili della morte dei due mongoli. Il 29 maggio la Xinhua ha diffuso la notizia che un cinese è stato processato per la morte di Yan Wenlong, l’uomo di etnia mongola ucciso durante le proteste alla miniera.
Secondo analisti, le sommosse nella Mongolia Interna sono simili a quelle che avvengono in Tibet e nello Xinjiang, dove le minoranze tibetane e uiguri lottano per la loro sopravvivenza. Ma il Global Times del 30 maggio (il tabloid legato al Quotidiano del Popolo) ha messo subito in guardia dal tentativo di dare un significato politico alle manifestazioni in Mongolia.
“Le proteste in Mongolia – afferma il giornale – non sono guidate dalla politica. Alcune loro richieste sono ragionevoli e devono ricevere risposta dal governo locale”. Ma, si aggiunge, è “improprio” vedere un legame fra la situazione della Mongolia Interna e le rivolte etniche in Tibet del 2008 e quelle nello Xinjiang del 2009. “I conflitti sociali – continua – sono in crescita in Cina, anche nelle aree delle minoranze etniche. Ma gli incidenti non dovrebbero essere esagerati e caricati di eccessive interpretazioni”.
Fonti: AsiaNews – Wall Street Journal-blog