16 luglio 2011. Il 14 luglio, a Washington, ai margini della cerimonia dell’iniziazione di Kalachakra, si è verificato un increscioso episodio di intolleranza e prevaricazione nei confronti di alcuni esponenti del Tibetan Youth Congress e del loro presidente, Tsewang Rigzin. A sostegno delle attività politiche e sociali della ONG tibetana, alcuni volontari avevano messo in vendita, nello stand del TYC, delle T-shirt con la scritta “Governo Tibetano in Esilio”, in segno di contestazione della recente scelta del governo uscente di modificare la dicitura in questione con la nuova “Istituzione (o Organizzazione) Tibetana”.
Durissimo l’intervento del co-presidente del Comitato organizzatore del Kalachakra 2011 che ha definito “troppo politico” il materiale in vendita ed ha ingiunto al presidente del Tibetan Youth Congress, Tsewang Rigzin, di abbandonare il sito, minacciando di richiedere l’intervento delle forze dell’ordine se non lo avesse immediatamente fatto.
L’episodio è stato denunciato da due dirigenti del TYC nel corso di una conferenza stampa appositamente convocata a Dharamsala (nella foto). Il vice presidente Dhondup Lhadar e il Segretario Generale Tenzin Chokey, hanno definito l’incidente “un diretto attacco contro l’organizzazione che da decenni tiene alto il senso della lotta per la nostra causa”. “Oggi”- hanno proseguito – “il presidente della nostra organizzazione e lo stesso simbolo dell’indipendenza tibetana sono stati insultati e umiliati in modo deprecabile da un nostro connazionale tibetano”.
Nonostante le smentite del Comitato organizzatore e le generiche espressioni di “rincrescimento” per l’accaduto, il fatto ha suscitato molto scalpore e indignazione tra i tibetani e i loro sostenitori. In Italia, alcune tra le maggiori organizzazioni a sostegno del Tibet hanno reso pubblico un comunicato di denuncia dell’episodio e di solidarietà nei confronti del Tibetan Youth Congress. Claudio Cardelli, presidente dell’Associazione Italia-Tibet, ha personalmente scritto al Presidente Tsewang Rigzin e ha stilato un proprio commento a quanto accaduto. Queste le sue parole:
Come presidente dell’Associazione Italia Tibet ho scritto a Tsewang Rigzin, presidente del Tibetan Youth Congress, una lettera di solidarietà e sostegno per l’increscioso e imbarazzante episodio avvenuto sotto i riflettori della capitale degli USA, episodio che ci offre lo spunto per ricordare la malinconica e famosa immagine, che forse i tibetani non conoscono, dei polli di Renzo di manzoniana memoria che si beccavano fra di loro mentre venivano portati alla loro triste fine.
Come qualcuno ha letto, nei giorni scorsi, a Washington, durante il Kalachakra, un banchetto del Tibetan Youth Congress (la maggiore NGO tra i tibetani in esilio con oltre 30.000 iscritti) raccoglieva firme per una petizione a favore del mantenimento della denominazione “Governo Tibetano in Esilio” contro la proposta del Prof Samdhong Rimpoche, primo ministro a fine mandato, di cambiare il nome dell’istituzione tibetana in “Organizzazione dei Tibetani in Esilio”.
Il signor Kalden Lodoe, co-presidente del comitato Kalachakra 2011, ha giudicato questa iniziativa e il materiale distribuito dalla TYC “troppo antigovernativo” e ha intimato ai giovani al banco della NGO di abbandonare la postazione e ritirare il materiale. Il presidente Rigzin è intervenuto per opporsi alla richiesta davvero singolare e immotivata. E’ stato minacciato personalmente ed è stato ventilato il riscorso alla sicurezza.
Vedere i tibetani “azzuffarsi” davanti a tutti per una questione così banale è davvero molto doloroso. Quante volte abbiamo visto distribuire materiale “politico” a manifestazioni, iniziazioni o visite del Dalai Lama e nessuno ha mai perso le staffe come il sig Lodoe che, in preda a un’evidente crisi di nervi, ha addirittura minacciato di chiamare la sicurezza. Il tutto, per una raccolta di firme a sostegno del mantenimento della denominazione “Governo Tibetano in Esilio” e non certo perché fosse in atto qualche strategia eversiva o “terroristica”.
Viene da pensare che se questa è la strada per “mangtso”, la democrazia, e se questi sono i segni del nuovo corso della nuova amministrazione sotto la guida di un laico giurista di Harward, non c’è da stare molto allegri. Da Dharamsala mi dicono, con parole molto middle way approach, che entrambi hanno le loro ragioni. Voglio credere che il signor Lodoe avesse qualche ragione, ma lo spettacolo offerto non è stato molto lusinghiero.
Mi ha sempre colpito il fatto che il TYC è stato, da sempre, il vivaio della quasi totalità dei dirigenti tibetani. Tutti sono passati di lì e duole vedere come questa organizzazione, di fatto l’unica che tiene vivo il senso forte del Tibet come Nazione Libera e Indipendente, come pure i suoi dirigenti, abbiano sempre vita difficile, per usare un eufemismo, e debbano essere considerati, come evidentemente in questo caso, addirittura dei nemici della causa del popolo tibetano.
E’ un momento molto delicato e critico della storia del Tibet e scannarsi tra fratelli non sembra la migliore delle soluzioni. Alcuni sostenitori, organizzazioni e singoli individui, tra cui anche il sottoscritto, hanno firmato un comunicato molto duro su questo spiacevole evento (pubblicato sul sito www.freetibet.eu). Ovviamente tutti anche all’interno dell’Associazione Italia-Tibet sono liberissimi di avere la propria visione dell’accaduto e di aderire o no alle iniziative prese.
Personalmente, ho ritenuto di firmare il comunicato nonostante i toni forti e il linguaggio acceso. Potrebbe sembrare un’intromissione nelle loro questioni, ma il problema e l’episodio rimangono ed è bene che i nostri amici tibetani si rendano conto che i loro sostenitori hanno, ogni tanto, anche il diritto di raccontare loro come si vede il film dalla nostra postazione. Oggi nel Tibet in esilio si cambia. Nel Tibet cinese sembra invece che non cambi nulla, se non in peggio. Il cambiamento ha spesso degli effetti collaterali e delle scosse di assestamento a volte dolorose e a volte imbarazzanti. Speriamo che questo episodio serva ad aggiustare il tiro e far capire ai tibetani che la democrazia non è solo una bella parola con cui riempirsi la bocca al cospetto del mondo.
Claudio Cardelli
Presidente Associazione Italia Tibet