1 agosto 2011. Sfidando apertamente i divieti delle autorità cinesi, nel corso di una cerimonia religiosa alla quale hanno assistito cinquemila tibetani è stato posto sul trono del tempio di Kham Lithang un grande ritratto del Dalai Lama (nella foto). La cerimonia di “enthronement” del capo spirituale tibetano è avvenuta nel corso della tradizionale festa religiosa del Jang Gonchoe Chemno che, iniziata lo scorso 15 luglio, è proseguita per dieci giorni.
Atruk Tseten, un membro del Parlamento in esilio, ha riferito a Phayul che la cerimonia è stata un momento di grande gioia e di intensa emozione. Giunti da ogni parte del Tibet, i tibetani sono sfilati di fronte al trono lanciando offrendo all’effige di Sua Sanità le rituali sciarpe bianche devozionali. “Molte persone mi hanno detto che, per la prima volta nella loro vita, hanno avuto la sensazione di vedere realmente e per la prima volta il Dalai Lama in persona e di chiedere la sua benedizione” – ha dichiarato Tseten.
Gli organizzatori della cerimonia avevano avvisato con largo anticipo le autorità cinesi dell’intenzione di porre l’immagine del Dalai Lama sul trono del tempio e avevano fatto sapere che non si sarebbero ritenuti responsabili delle reazioni dei tibetani ove fosse stato ostacolato lo svolgersi del rito.
Erano presenti religiosi appartenenti a circa cento monasteri in rappresentanza delle quattro scuole del Buddhismo tibetano e dei Bon. L’invito ad assistere alla cerimonia era stato esteso anche ai monaci del monastero di Ngaba Kirti.
Gli organizzatori avevano inoltre raccomandato ai partecipanti di parlare esclusivamente in tibetano e di indossare solamente gli abiti tradizionali. Nel corso della cerimonia sono state recitate preghiere per la lunga vita del Dalai Lama. Animali destinati al macello sono stati salvati e affidati alle cure di allevatori e contadini.
Si è inoltre appreso che a causa del diffuso risentimento dei tibetani le autorità cinesi hanno deciso di cancellare la visita di Gyaltsen Norbu, il “falso” Panchen Lama arbitrariamente riconosciuto da Pechino nel 1995 e oggi ventunenne, al monastero di Labrang.
La visita, programmata da tempo tra imponenti misure di sicurezza, con un migliaio di militari e poliziotti in abiti civili schierati lungo tutto il percorso e attorno al monastero, ha provocato dure reazioni tra i tibetani che hanno manifestato il loro malcontento incuranti delle minacce dei funzionari governativi che avevano preannunciato sanzioni – tagli agli stipendi e licenziamenti – nel caso in cui la popolazione si fosse rifiutata di accogliere con calore il “falso” Panchen Lama.
“Per il momento, i preparativi sono stati sospesi” – ha dichiarato a Radio Free Asia un tibetano residente a Labrang. “Le autorità cinesi ci avevano ordinato di accogliere il Panchen Lama cinese con lanci di sciarpe e prostrazioni, pena la decurtazione dei salari e perfino il licenziamento, ma la gente ha fatto capire di non essere disposta a sottostare a queste ingiunzioni”.
Continuano nel frattempo i controlli e gli arresti a Ngaba, nel monastero di Kirti. Il 28 luglio si è appreso che un monaco di trentaquattro anni è stato condannato a tre anni di carcere con l’accusa di aver preso parte alle manifestazioni di protesta dello scorso mese di aprile. E’ detenuto nella prigione di Mianyang, vicino a Chendu, nella provincia cinese del Sichuan. Un monaco residente a Ngaba ha fatto sapere che il monastero di Kirti, in questi giorni, è presidiato da trecento poliziotti arrivati dalle contee vicine che hanno affiancato i trecento funzionari addetti al programma di ri-educazione patriottica, già in loco da tempo.