È un bell’edificio costruito con tutte le regole di buona qualità per affrontare il rigidissimo inverno ladako. Muri spessi, materiali tradizionali, pietra e legno e un progetto estetico in linea con gli edifici tradizionali locali.
Il centro sarà, secondo le parole di Karma Genden, responsabile del Tibet Health Center di Choglamshar, di grande utilità per tutti i servizi di pronto intervento, vaccinazioni, prevenzione, screening, assistenza ostetrica, diagnosi e primo filtro che riguardano gli oltre 10.000 rifugiati parte dei quali vive nelle regioni impervie del Chang Tang, ai confini con il Tibet.
Il progetto, che è partito ufficialmente il 22 agosto di quest’anno e che è coordinato da Claudio Cardelli presidente dell’Associazione Italia Tibet, è costituito da un insieme di interventi in campo sanitario che prevedono, appunto, la costruzione del Centro di Assistenza Medica Primaria – finanziato dalla NGO “AFRICA TREMILA” di Bergamo – l’acquisto di una clinica mobile Swaraj Mazda, già operativa – donata da “CASA TESTA” di Luciano Michelozzi e da “ROADWAY FOR OTHERS” del noto regista TV Emerson Gattafoni e attrezzata con apparecchiature e dispositivi medicali finanziati dall’Associazione Italia-Tibet, dai dottori Stefano Dallari e Guido Corradi e da Stefano Carrara – e il “Tibet Medical Camp” per il rilevamento di dati epidemiologici sulle popolazioni tibetane in alta quota e ambulatorio specialistico per la diagnosi di cardiopatie. Progetto promosso e supportato da Bayer.
Non è la prima volta che i medici di Rimini partecipano a progetti umanitari a favore dei tibetani in India. Negli anni 2007, 2008, 2009, su richiesta del ministero della salute del Governo Tibetano in esilio, sono stati visitate circa 2200 persone a cui vanno aggiunte le cinquecento di quest’anno. I dati, unici nel loro genere, saranno raccolti in una pubblicazione e serviranno a correggere eventuali stili di vita e schemi terapeutici tra i tibetani che, comunque, hanno un profilo di rischio cardiovascolare decisamente più basso del nostro. Dato che, però, questo rischio è in aumento tra i giovani, il ruolo della prevenzione è determinante. Soprattutto nel correggere abitudini nocive quali fumo, sedentarietà e sovralimentazione.
Il gruppo di medici, che si trovava a Delhi il giorno del terribile attentato all’alta Corte di Giustizia ed è costato la vita a 12 persone con 90 feriti, era composto dai Dottori Angelo Rigotti, nefrologo agli Infermi, Filippo Ottani, cardiologo al Morgagni di Forlì, Pasquale Contento, cardiologo e medico sportivo del Rimini Calcio, Daniele Pacassoni, cardiologo e medico di base, Melchisede Bartolomei, ginecologo, Bruno Sacchetti, geriatra, e Tonino Bertozzi, medico di medicina generale.
Presenti ai prelievi per colesterolo e glicemia Giuliana Dinelli e Tiziana Bortolotti della Bayer. Anche Giulia Rigotti, al 5° anno di medicina, ha validamente aiutato i colleghi in alcuni momenti pressati da interminabili code di pazienti venuti da ogni dove. Diverse mogli di dottori hanno aiutato i medici come infermiere e assistenti e hanno contribuito al successo del Tibet Medical Camp. Il gruppo ha partecipato per un giorno anche al Campo Dentale per il Ladakh e lo Zangskar – organizzato dai dottori Stefano Dallari e Guido Corradi di Reggio – progetto parallelo e sinergico al nostro e che costituisce un ulteriore beneficio per le popolazioni locali.
Si è trattato quindi dell’inizio di un progetto ad ampio respiro che prevederà anche processi formativi per personale medico e dentistico, borse di studio per medici che si dichiarino disponibili a soggiornare nei durissimi mesi invernali ladaki e il miglioramento dei servizi negli impervi territori dell’altipiano del Chang Tang e del Rupshu. Per questo si ringraziano tutti coloro che già hanno dato un sostegno a “Roadway for Tibet” e tutti coloro che lo faranno in futuro.
Come sempre, il lavoro del campo e gli incontri istituzionali con i tibetani sono stati uno strumento di straordinario contatto umano. I nostri interlocutori hanno dimostrato grande serietà, precisione e senso di responsabilità dimensionando le richieste alle reali necessità della gente del posto.
Innumerevoli sono stati i casi, a volte purtroppo molto gravi, diagnosticati dai nostri dottori. Tra i tanti, come non ricordare una giovane sposina nomade di 24 anni che si è fatta dal Chang Tang oltre 200 chilometri, e non propriamente di autostrada, con il suo bambino, per farsi un’ecocardiografia e vedere purtroppo confermata la sua grave valvulopatia da operare il prima possibile. Purtroppo la scoperta del problema spesso non trova la sua soluzione per problemi finanziari. Si è cercato di fare il possibile anche con la collaborazione del ministero della salute tibetano. Ma per molti la prognosi è estremamente critica. Tra i tanti pazienti “originali” vale la pena di ricordare il vecchio guaritore tradizionale tibetano fuggito dopo l’invasione cinese che portava una vistosa cicatrice di una bruciatura in mezzo allo sterno. Aveva avuto un infarto e se l’era curato da solo con la moxibustione. “Da allora sono stato benissimo e vado verso gli 85 anni”.
Tante occasioni anche per riflettere su come la vita si può affrontare in mille modi diversi. E non è detto che il nostro sia sempre il migliore.