Dharamsala, 8 ottobre 2011. Notizie arrivate dal Tibet confermano che ieri, 7 ottobre, altri due tibetani si sono immolati con il fuoco. Si teme che uno sia morto, l’altro è in gravi condizioni. Questo drammatico gesto, il terzo nell’arco di una sola settimana, segue di pochi giorni quello di Kalsang Wangchuk, auto-immolatosi lunedì 3 ottobre, e quelli di Lobsang Kalsang e Lobsang Konchok, datisi alle fiamme il 26 settembre. Tutti giovanissimi, i religiosi hanno voluto sacrificare le proprie vite in segno di protesta contro la politica repressiva posta in atto dai cinesi in Tibet.
I nuovi due eroi della resistenza tibetana, Choephel e Khayang, di soli diciotto anni, appartenevano al monastero di Kirti e si sono dati fuoco a Ngaba alle 11.30, ora locale. In un comunicato diffuso dal monastero gemello con sede a Dharamsala, si legge che le fiamme li hanno avvolti mentre, con le mani giunte, gridavano slogan anti cinesi e chiedevano libertà per il Tibet e il ritorno del Dalai Lama. Testimoni oculari riferiscono che i poliziotti cinesi, immediatamente accorsi per spegnere le fiamme, hanno iniziato a picchiarli selvaggiamente. “Mentre spegnevano il fuoco li picchiavano”, recita il comunicato che così prosegue: “Khayang è stato visto alzare il pugno e chiedere libertà per il Tibet anche durante il trasporto all’ospedale”. Si teme che Choephel sia invece deceduto a causa delle devastanti ustioni riportate.
È la sesta auto-immolazione avvenuta nell’arco dell’anno in corso e la terza nel solo mese di ottobre. Nei giorni scorsi, attorno al monastero di Kirti e a Ngaba erano stati diffusi alcuni volantini nei quali i monaci scrivevano: “Se l’attuale situazione dovesse continuare, altre persone sono pronte a sacrificare la loro vita in segno di protesta”.