TIBET: MONACI ABBANDONANO IL MONASTERO PER SFUGGIRE AI SEVERI CONTROLLI GOVERNATIVI

31 ottobre 2011. In seguito all’esplosione di una rudimentale bomba carta avvenuta la scorsa settimana a Dzagyu Karma, una città della provincia di Chamdo, le autorità cinesi hanno vietato qualsiasi lo svolgimento di attività religiosa e stanno strettamente sorvegliando i monaci del locale monastero sospettati di essere gli autori del presunto attentato. Riferisce Radio Free Asia che la maggior parte dei monaci, non potendo sopportare le pressioni esercitate dalle forze di sicurezza cinesi, ha abbandonato il monastero. Solo qualche monaco anziano è rimasto all’interno dell’istituto religioso.

“La polizia cinese e le forze di pubblica sicurezza, accompagnate da funzionari governativi, sono entrate nel monastero ogni giorno”, ha scritto un residente nella zona in una mail inviata a Radio Free Asia. “Hanno indetto riunioni, minacciato la gente e bloccato il traffico in tutta l’area”. “Hanno fotografato tutti i monaci, prese le loro impronte digitali e prelevato campioni di sangue di ognuno”. “Molti monaci, di conseguenza, hanno preferito abbandonare il monastero per sfuggire alle perquisizioni e agli arresti”.

Altre fonti, tra le quali una locale agenzia di viaggio, hanno riferito che è stato vietato a tutti gli stranieri l’ingresso nella prefettura di Chamdo. I residenti di etnia han devono mostrare i permessi di residenza ed esibire i necessari documenti di identificazione.

Sembra che l’esasperazione dei tibetani di Chamdo sia stata acuita da una recente disposizione governativa che prevede la costruzione di edifici – denominati “Centri per il Partito Comunista” – nelle aree rurali della zona con conseguente aumento degli insediamenti di popolazione di etnia han in tutta l’area. Testimoni oculari hanno raccontato che sulle pareti dell’edificio governativo nelle cui vicinanze è avvenuta l’esplosione sono state scritte frasi di invocazione all’indipendenza del Tibet e di richiesta di libertà per i tibetani. A conferma del rifiuto dei tibetani ai nuovi insediamenti, figurava anche la frase: “Chiunque abiterà nelle aree rurali dovrà parlare la lingua tibetana altrimenti non lo accetteremo”. “Se questa politica di insediamento di cittadini han nelle aree rurali cinesi non cesserà, protesteremo e saremo costretti a ricorrere alla forza”.

Questi nuovi episodi confermano la situazione di tensione ed esasperazione dei tibetani e si aggiungono ai dieci casi di auto immolazione avvenuti in Tibet nel giro di pochi mesi.

A proposito di questi drammatici eventi, si è appreso da Dharamsala il 30 ottobre che la Cina, nelle ultime settimane, ha realizzato dei falsi filmati in cui semplici cittadini e funzionari tibetani sono obbligati a recitare allo scopo di denigrare e svilire i casi di immolazione. In uno di questi filmati, definiti dai monaci del monastero di Kirti in India “un insulto al sacrificio dei tibetani”, figura perfino Phuntsog, il monaco immolatosi il 16 marzo 2011 e morto per le gravi ustioni riportate. Secondo quanto previsto dalla macabra sceneggiatura, il monaco si dichiara “dispiaciuto” per essersi dato fuoco.

Da Osaka, dove è arrivato il 29 ottobre, il Dalai Lama interrogato dai giornalisti, ha dichiarato: “I recenti e numerosi episodi di auto immolazione devono essere valutati sia dal punto di vista filosofico e religioso sia da quello politico”. “Sono comunque un segnale della grande disperazione dei tibetani e i leader cinesi devono tenerne seriamente conto”.

Fonti: Radio Free Asia – Phayul