DURBAN: TIBET, IL “TERZO POLO” ALLA CONFERENZA ONU SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI

9 dicembre 2011. Due membri dell’Associazione Donne Tibetane, le signore Tenzin Woebum e Tenzin Dolma hanno partecipato a Durban alla Conferenza ONU sui Mutamenti Climatici che, iniziata il 28 novembre, chiude in data odierna i suoi lavori. Le due delegate, in rappresentanza del gruppo “Tibet, il Terzo Polo” sono intervenute a difesa dell’ecosistema tibetano nel corso di un evento collaterale organizzato dall’Associazione per i Popoli Minacciati unitamente a Ecoterra International.

“Perché ritenete appropriato parlare di Tibet qui a Durban, dove si discute sugli effetti negativi del cambiamento di clima”? Questa la domanda, rivolta ad un folto pubblico di esperti, con cui Tenzin Woebum, ha aperto il suo intervento lo scorso 5 dicembre. “Perché” – ha proseguito – “il Tibet è il tetto del mondo, il “Terzo Polo” del pianeta, ricco di ben 46.000 ghiacciai che forniscono il 40% delle risorse idriche dell’intero pianeta”. “Purtroppo” – ha aggiunto – “in Tibet l’atmosfera si sta riscaldando ad una velocità doppia rispetto a quella del resto del mondo”.

Confrontando alcune fotografie scattate una ventina d’anni fa con altre più recenti, la signora Woebum ha mostrato gli effetti devastanti dello scioglimento dei ghiacciai la cui estensione si è ormai ridotta del 20%. “Se non si porrà fine a questa tendenza e i governi non assumeranno, collettivamente, la responsabilità di garantire ogni forma di vita sulla Terra, i ghiacciai del Tibet potrebbero scomparire nell’arco di una decina d’anni, rischio di proporzioni inenarrabili in quanto i ghiacciai del Terzo Polo alimentano tutti i principali fiumi dell’Asia garantendo l’acqua a miliardi di persone che abitano dieci paesi”.

Dito puntato anche contro la dissennata costruzione di centrali idroelettriche, almeno una sessantina, in corso d’opera o ultimate dalla Cina sull’altopiano tibetano senza che i tibetani siano stati interpellati. L’impatto causato dalla somma del cambiamento climatico globale e dell’alterazione dell’ecosistema locale che la costruzione di dighe comporta è destinato ad avere profonde ripercussioni sull’ecosistema tibetano e su quello asiatico nel suo complesso e, è stato rilevato, potrebbe alterare la circolazione atmosferica di mezzo pianeta.

Sotto accusa anche la politica dei trasferimenti forzati dei nomadi tibetani attuata dalla Cina in nome della “conservazione” del territorio. “È un fatto scientificamente incontrovertibile che per millenni il tradizionale sistema di utilizzo delle praterie da parte di nomadi ha contribuito al mantenimento dell’ecosistema”, ha dichiarato la delegata. “Il mondo riunito a Durban” – ha concluso – chiede agli stati un impegno morale ad agire nell’interesse della collettività, ma il comportamento della Cina in Tibet è un chiaro “no” a questa richiesta”.

Fonte: Tolerance.ca