21 dicembre 2011. Wukan, Longtou, Haimen: questi i nomi delle località della provincia del Guandong dove sono esplose le proteste della popolazione cinese contro gli abusi del regime, gli espropri terrieri e l’insostenibile inquinamento. La scintilla della rivolta è scoccata a metà dicembre a Wukan, una cittadina di 15.000 abitanti della costa meridionale cinese, in seguito alla morte di Xue Jinbo, arrestato sotto l’accusa di aver guidato le proteste della popolazione che da mesi si batte contro gli espropri forzati attuati dalle autorità per fare posto alla costruzione di fabbriche.
Nonostante la polizia abbia fatto sapere che la morte di Xue è stata causata da un attacco cardiaco, i famigliari hanno affermato di aver visto sul corpo del loro congiunto inequivocabili segni di percosse e torture. Gli abitanti della cittadina, dal 16 dicembre presidiata dalla polizia, hanno intensificato le proteste culminate, la scorsa settimana, in un’imponente manifestazione di fronte agli uffici governativi di Lufeng, il vicino centro amministrativo. La gente, esasperata, ha chiesto che il corpo di Xue Jinbo fosse restituito alla famiglia entro cinque giorni. In data odierna le autorità hanno ceduto alle richieste dei dimostranti.
Da Wukan la contestazione si è estesa alle vicine comunità. Oltre mille abitanti del villaggio di Longtou sono scesi in piazza il 19 dicembre accusando le autorità locali di corruzione e di vendita illegale dei terreni agricoli. In rivolta anche il villaggio di pescatori di Haimen, a 115 chilometri da Wukan, dove i cittadini sono riusciti almeno per adesso a bloccare la costruzione di un nuovo impianto industriale a carbone che rischia di distruggere l’ecosistema e il loro lavoro di pescatori. Secondo i residenti – riferisce AsiaNews – nel corso degli scontri con la polizia due persone sarebbero morte; un testimone di nome Lin spiega che le manifestazioni sono iniziate ieri mattina, 20 dicembre, quando un gruppo di residenti si è riunito davanti a un edificio governativo di Haimen mentre un altro gruppo bloccava la strada principale. La polizia è intervenuta per sgombrare la folla e, nel corso di questa operazione, avrebbe ucciso due studenti di 16 e 20 anni.
Le autorità negano che ci siano state delle vittime ma parlano di “diversi feriti”. Tuttavia, i testimoni confermano che la polizia in assetto anti-sommossa ha usato gas lacrimogeni e manganelli per disperdere la gente: oltre un centinaio di persone sono state picchiate. Gli studenti sono stati trattenuti nelle scuole fino a tarda ora per timore che si unissero alla protesta.
Le tensioni ad Haimen sono scoppiate lo scorso ottobre, quando i dirigenti locali hanno dato il via al progetto di costruzione della centrale energetica Huadian Power International. Il progetto – del valore di circa 56 milioni di euro – include anche la costruzione di due generatori da 600MW, che secondo i dirigenti sono “eco-compatibili” pur andando a carbone. La popolazione si è scagliata contro la costruzione, sostenendo che essa distruggerà l’ambiente e l’ecosistema marino, fondamentale per mantenere lo standard di vita dei pescatori locali.
Fonti: AsiaNews – Phayul