SCIOPERO DELLA FAME AD OLTRANZA DI TRE TIBETANI DAVANTI AL PALAZZO DELL’ONU

Digiunatori24 febbraio 2012. Dal 22 febbraio, giorno della celebrazione del Losar, tre tibetani hanno iniziato uno sciopero della fame a tempo indeterminato davanti alla sede delle Nazioni Unite a New York in segno di solidarietà con i tibetani all’interno del Tibet e per “dare risonanza al loro appello per la libertà”. I tre digiunatori sono Shingza Rinpoche, 32 anni – un lama di alto rango che da tempo si batte per la libertà del Tibet, Dorjee Gyalpo, 59 anni – un tibetano residente negli Stati Uniti, e Yeshi Tenzin, 39 anni – un attivista appartenente al Tibetan Youth Congress, il movimento che ha organizzato il digiuno.

I tre tibetani (nella foto) chiedono alle Nazioni Unite di inviare immediatamente in Tibet una delegazione che accerti la reale situazione del paese; di esercitare pressioni sulla Cina affinché ponga fine allo stato di legge marziale di fatto esistente; di chiedere a Pechino di consentire ai media internazionali di verificare e riferire sulle atrocità in atto; di chiedere alla Cina il rilascio di tutti i prigionieri politici, inclusi Gedun Choekyi Nyima e Tenzin Delek Rinpoche e, infine, di chiedere alla Cina di porre fine alle cosiddette campagne di ri-educazione patriottica. “Ci rivolgiamo inoltre ai leader e ai governi di tutto il mondo affinché intervengano con il massimo impegno presso la leadership cinese chiedendo la cessazione del genocidio in atto in Tibet”, affermano i digiunatori.

Nel lanciare lo sciopero della fame, il Tibetan Youth Congress respinge ogni pretestuosa interpretazione delle auto immolazioni: non si tratta – afferma il TYC nel suo manifesto – di atti irrealistici e senza senso, ma di gesti chiaramente mirati a fare conoscere al mondo le atrocità commesse dalla Repubblica Popolare e a ricordare sia alla comunità internazionale sia allo stesso governo cinese che “i tibetani desiderano l’indipendenza”. “Fino a quando la Cina continuerà ad occupare illegalmente il Tibet, il popolo tibetano continuerà ad essere oppresso e la sua richiesta d’indipendenza, assieme alla volontà di resistenza cresceranno in modo sempre più forte”.

 

In Tibet, nel giorno del Capodanno tibetano, oltre sessanta tibetani hanno manifestato a Serthar contro l’occupazione cinese e pregando per la lunga vita del Dalai Lama. Alla protesta, iniziata da un piccolo gruppo sei tibetani guidati da un lama, Tengyal Tulku, si sono ben presto aggiunti gli altri manifestanti: agitando la bandiera tibetana e portando cartelli con i nomi di quanti si sono auto immolati, hanno chiesto il ritorno dall’esilio del Dalai Lama e invocato la libertà del loro paese.

Dopo l’auto immolazione a Ngaba del diciottenne Nya Drul (Nangdrol), e le proteste di massa avvenute a Ngaba Bharma Shang il 27 gennaio, drammaticamente represse dal personale di sicurezza che ha sparato sulla folla uccidendo un dimostrante e ferendone molti altri, i monaci del monastero Samdrupling Jonang, nel villaggio di Bharma, stanno abbandonando il monastero per paura di ritorsioni e nuove persecuzioni da parte delle autorità governative. Vige in vaste aree del Tibet una legge marziale di fatto e, da circa un mese, le linee telefoniche e le connessioni internet sono state interrotte.

Fonti: Phayul – TYC