ONU: INVIEREMO OSSERVATORI IN TIBET. TERMINA LO SCIOPERO DELLA FAME DEI TIBETANI A NEW YORK

fine_digiuno_tibetani1New York, 23 marzo 2012. Ieri pomeriggio, 22 marzo, a un mese esatto dall’inizio, è terminato lo sciopero della fame dei tre tibetani. La signora Navi Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si è recata al presidio dove Shingza Rinpoche e Yeshi Tenzin continuavano, ormai stremati, la loro protesta (Dorjee Gyalpo era stato ricoverato all’ospedale il 19 marzo e da lì continuava la sua protesta) e ha comunicato loro l’impegno della Commissione Diritti Umani dell’ONU alla nomina di osservatori speciali incaricati di verificare quanto sta accadendo in Tibet. Pubblichiamo la corrispondenza di Piero Verni e Karma Chukey sull’epilogo dello sciopero della fame.

New York, 22 marzo 2012

Oggi, al 30° giorno di questo lunghissimo ed estenuante “Indefinite Fast for Tibet” iniziato il 22 febbraio, finalmente è venuto l’atteso segnale positivo dalle Nazioni Unite. Qualche minuto prima delle 15.00 sono venuti al presidio un rappresentante del Segretario generale dell’ONU accompagnato da due funzionari e ha consegnato ai due digiunatori una lettera firmata dal Presidente della Commissione sui Diritti Umani e approvata da Ban Ki-moon, in cui è scritto che la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha nominato degli speciali “rapporteurs” per indagare su quanto sta succedendo in Tibet, rispondendo così alla principale richiesta dei digiunatori. “Questa è una vittoria del popolo tibetano” ha commentato Tsewang Ringzin, presidente del Tibetan Youth Congress che ha organizzato lo sciopero della fame.  I funzionari delle Nazioni Unite si sono presentati con del succo di arancia che hanno offerto come gesto di buona volontà a Shingza Rinpoche e Yeshi Tenzin. L’altro digiunatore, Dorje Gyalpo, era stato portato in ospedale alcuni giorni or sono a causa delle sue difficili condizioni di salute. Shingza Rinpoche ha ringraziato per la lettera e per il succo d’arancia e ha parlato brevemente della situazione in Tibet e delle auto immolazioni.

Dopo di questo i due digiunatori si sono alzati dalle sedie a rotelle su cui hanno trascorso 30 lunghi giorni e, insieme ai tibetani presenti, hanno intonato l’inno nazionale tibetano. Poi sono stati portati in ospedale per verificare le loro condizioni di salute. Quindi l’”Indefinite Fast for Tibet” è stato dichiarato formalmente concluso.

Quando si cominciava a disperare che dalle Nazioni Unite sarebbe mai giunto il gesto che i digiunatori avevano richiesto, questo invece è arrivato. Si è trattato di una vittoria per il popolo tibetano, per il Tibetan Youth Congress e per i tre coraggiosi digiunatori. Nonostante l’enorme potere della Cina all’interno delle Nazioni Unite, la determinazione di questi tre uomini ha evidentemente pesato sul bilancino delle considerazioni nei piani alti del Palazzo di Vetro. Ovviamente non si tratta di un gesto clamoroso, del resto non era nemmeno nelle domande dei digiunatori, ma è comunque un evento significativo. Con tutta evidenza si era capito che i tre avrebbero portato fino alle estreme conseguenze la loro protesta se non fosse arrivata una risposta soddisfacente. Proprio ieri, intervistato dalla VOA, Shinza Rinpoche aveva dichiarato che se l’ONU avesse continuato a rimanere muto e sordo dinanzi al digiuno che aveva luogo praticamente sulla soglia del Palazzo di Vetro, lui sarebbe stato orgoglioso di sacrificare la vita proprio lì, davanti alla sede dell’ONU. Per fortuna le Nazioni Unite hanno dato una risposta e quindi questi tre eroi hanno messo termine alla loro azione. E da domani potranno riprendere gradualmente a nutrirsi.

Crediamo che tutti i tibetani e gli amici internazionali del Tibet debbano essere grati ai digiunatori, al Tibetan Youth Congress e al suo presidente Tsewang Ringzin, per aver portato avanti questa lunga battaglia che ha dimostrato come solo con la lotta, con la determinazione, con la tenacia di chi sa di essere dalla parte della giustizia si vincono le piccole come le grandi battaglie. L’ “Indefinite Fast for Tibet” che si è chiuso oggi a New York ha reso inoltre evidente che la non violenza non deve mai essere confusa con la non azione  ma può poggiare unicamente, come nell’esperienza gandhiana, sulla forza della verità.  Speriamo che tutti comprendano questa fondamentale lezione.

Piero Verni & Karma Chukey