Fonti locali riferiscono che “due tibetani presenti nella zona hanno cercato di rimuovere il cadavere”, ma sono intervenute le forze di sicurezza cinesi “che hanno impedito loro di prendere il corpo, portandoselo via”. Gli agenti hanno anche ordinato la chiusura dei negozi e delle attività commerciali nell’area per “motivi precauzionali”.
Quella di ieri sera è la seconda auto-immolazione nella cittadina di Chara, circa 70 km da Ngaba, in questo mese. Il 5 marzo scorso un 18enne di nome Dorjee si è dato fuoco ed è morto. La polizia ha imposto uno stretto controllo e non restituirà il cadavere alla famiglia per la celebrazione dei funerali. Fonti locali confermano la situazione di tensione e non escludono il ripetersi di altri episodi simili nell’immediato futuro.
Interpellata da AsiaNews Stephanie Brigen, direttrice di Free Tibet, afferma che “più di 30 tibetani si sono dati fuoco per la libertà” e molte “migliaia stanno scendendo in piazza”. Collegandosi ai movimenti pro-democrazia nei Paesi arabi e nel nord Africa, l’attivista aggiunge che ha preso il via la “Primavera tibetana”, mentre “la comunità internazionale è muta: quanti altri tibetani – si chiede – dovranno sacrificare ancora la propria vita, perché la comunità internazionale rompa il silenzio?”.