MONACO VENTENNE SI DA’ FUOCO NELLA CONTEA DI NGABA

Dharamsala, 20 marzo 2012 (AsiaNews). Un monaco 20enne è morto ieri dopo essersi dato fuoco, nell’ultimo atto di una lunga scia di immolazioni che stanno caratterizzando la “Primavera tibetana”. Fonti locali raccontano che alle 7.10 di sera il giovane Lobsang Sherab si è auto-immolato nella cittadina di Chara, contea di Ngaba, nella zona orientale tibetana, compresa nella provincia cinese del Sichuan. Prima di darsi fuoco, il 20enne appartenente al monastero di Kirti – teatro di numerose proteste e roghi negli ultimi mesi – ha lanciato slogan contro le politiche “discriminatorie” di Pechino nei confronti dei tibetani; egli è morto sul colpo.

Fonti locali riferiscono che “due tibetani presenti nella zona hanno cercato di rimuovere il cadavere”, ma sono intervenute le forze di sicurezza cinesi “che hanno impedito loro di prendere il corpo, portandoselo via”. Gli agenti hanno anche ordinato la chiusura dei negozi e delle attività commerciali nell’area per “motivi precauzionali”.

Quella di ieri sera è la seconda auto-immolazione nella cittadina di Chara, circa 70 km da Ngaba, in questo mese. Il 5 marzo scorso un 18enne di nome Dorjee si è dato fuoco ed è morto. La polizia ha imposto uno stretto controllo e non restituirà il cadavere alla famiglia per la celebrazione dei funerali. Fonti locali confermano la situazione di tensione e non escludono il ripetersi di altri episodi simili nell’immediato futuro.

Interpellata da AsiaNews Stephanie Brigen, direttrice di Free Tibet, afferma che “più di 30 tibetani si sono dati fuoco per la libertà” e molte “migliaia stanno scendendo in piazza”. Collegandosi ai movimenti pro-democrazia nei Paesi arabi e nel nord Africa, l’attivista aggiunge che ha preso il via la “Primavera tibetana”, mentre “la comunità internazionale è muta: quanti altri tibetani – si chiede – dovranno sacrificare ancora la propria vita, perché la comunità internazionale rompa il silenzio?”.

 

Solo lo scorso anno più di 24 tibetani (almeno 27 dal 2009), fra cui moltissimi giovani, hanno scelto di auto-immolarsi per manifestare contro lo stretto controllo imposto da Pechino, che sorveglia anche la pratica del culto e dispone l’apertura e la chiusura dei monasteri, e per chiedere il ritorno del leader spirituale dei tibetani. Di contro, il Dalai Lama ha sempre sottolineato di “non incoraggiare” queste forme estreme di protesta, ma ha elogiato il “coraggio” di quanti compiono l’estremo gesto, frutto del “genocidio culturale” che è in atto in Tibet ad opera della Cina.
Fonte: Asianews