TIBET: 16 TIBETANI CONDANNATI A PESANTI PENE DETENTIVE NEL SICHUAN

Dharamsala, 2 maggio 2012. Un tribunale della Prefettura di Kardze, nella Provincia del Sichuan (la storica regione tibetana del Kham), ha condannato a pesanti pene detentive sedici tibetani, monaci e laici, che erano stati arrestati dopo le manifestazioni di protesta avvenute lo scorso 23 gennaio 2012 a Drango. Riferisce il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia che la sentenza è stata emessa il 26 aprile, che i tibetani condannati hanno un’età compresa tra i 50 e i 20 anni e che le pene inflitte vanno dall’ergastolo a un anno di reclusione.

A Sonam Lhundup, trentenne, è stato comminato il carcere a vita. Kuntho (vent’anni), Jebay e Wangchen Tsering (entrambi sulla trentina) sono stati rispettivamente condannati a 13, 12 e 9 anni di prigione. Kundup (trent’anni), Choenam (venticinquenne) e Azi Shopo (cinquant’anni) dovranno scontare, nell’ordine, 11 e 3 anni di carcere, Sonam Dhargyal e Pema Woesel 10 e 5 anni ciascuno. Tra i condannati figurano Nyendak, Phurwa Tsering e Wangtse ma non si conoscono i nomi dei rimanenti quattro tibetani in prigione. Tutta l’area di Drango è dallo scorso mese di gennaio stretta nella morsa di una forte e repressiva presenza militare.

Il 23 gennaio 2012 la popolazione di Drango aveva dato inizio alla manifestazione di protesta dopo l’arresto, effettuato dalle forze dell’Ufficio di Pubblica Sicurezza, di molti tibetani residenti nella città e nei dintorni accusati di aver diffuso volantini e poster nei quali era annunciata la possibilità di nuove auto immolazioni se il governo cinese non avesse dato ascolto alle richieste della popolazione locale. Volantini e manifesti circolavano già da alcuni giorni dentro e fuori Drango.

Preoccupati ed esasperati per l’ondata di arbitrari arresti, i tibetani avevano dato inizio a una massiccia manifestazione di protesta. Contadini, nomadi e abitanti della cittadina, scesi in piazza a migliaia, avevano fatto sventolare bandiere tibetane e chiesto libertà per il Tibet. Immediato l’intervento della Pubblica Sicurezza e della Polizia Armata. Un laico tibetano identificato come Yonten e residente a Drango era caduto sotto i colpi d’arma da fuoco della polizia cinese che aveva sparato indiscriminatamente sulla folla. Molti i feriti, almeno una trentina, secondo quanto riferito in quei giorni dal gruppo Free Tibet. Almeno un centinaio di tibetani erano stati arrestati o erano scomparsi.

Il 29 gennaio Urgyen, uno studente di vent’anni, era stato ucciso dalla polizia cinese a Ngaba Bharma Shang, nella prefettura di Kardze, provincia orientale del Sichuan, da un proiettile sparato sulla folla che cercava di impedire l’arresto di Tharpa, un tibetano colpevole di aver affisso dei manifesti in cui si preannunciavano nuove proteste se le autorità governative non avessero posto fine alla repressione.

 

Fonti: Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia – Redazione