Dharamsala, 18 maggio 2012. Allo scopo di “mantenere la stabilità, rafforzare l’unità e promuovere l’armonia”, le autorità cinesi hanno lanciato in Tibet una nuova campagna di “ri-educazione patriottica” e di “educazione legale”. Bersaglio della campagna le istituzioni monastiche tibetane. Un comunicato dell’agenzia di informazione di stato ChinaTibetNews riferisce che il governo locale della cosiddetta Regione Autonoma Tibetana si è riunito il giorno 11 maggio “per uniformare e dare piena attuazione” all’interno di tutti i monasteri alle politiche del Partito Comunista Cinese in campo religioso e alle norme e regolamenti approvati dall’Ufficio di Stato per gli Affari Religiosi.
Nel corso della riunione, il governatore della “Regione Autonoma”, Pema Thinley, ha affermato che solo fornendo al Buddismo tibetano le direttive necessarie per adattarsi a una società socialista si potrà efficacemente “contrastare l’infiltrazione e il sabotaggio da parte della cricca del Dalai Lama”.
Dopo aver riconosciuto che, secondo le istruzioni ricevute da Pechino, le campagne di educazione legale sono state introdotte e lanciate in tutti i monasteri tibetani fin dal 2008, Thinley ha dichiarato che l’attuazione della campagna di educazione legale è “di vitale importanza per il rafforzamento della gestione delle istituzioni monastiche e un importante punto di partenza per garantire armonia e stabilità”.
Nel dare notizia delle nuove campagne, il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia ha reso noto in un comunicato diffuso il 17 maggio che le campagne di ri-educazione patriottica sono iniziate in Tibet nel 1996 allo scopo di controllare le istituzioni monastiche. “Dopo le dimostrazioni del 2008 i controlli e la sorveglianza sono notevolmente aumentati” – recita tra l’altro il comunicato. “Gruppi di lavoro stazionano permanentemente nei monasteri, i normali corsi di religione sono aboliti e sostituiti con sessioni di educazione legale condotte dai gruppi di lavoro governativi”. “Gli spostamenti dei monaci e delle monache sono severamente controllati e limitati rendendo difficile ai religiosi uscire dal monastero per recarsi in altri centri di culto o incontrare importanti lama”. “A causa di queste restrizioni molti monaci hanno abbandonato i monasteri e molti centri sono stati costretti a chiudere”. (La recente foto – pubblicata sul sito di informazione tibetano Phayul – mostra soldati cinesi, dotati di estintori, che pattugliano la Piazza del Barkhor a Lhasa).
Fonte: Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia