Dharamsala, 26 luglio 2011. La torcia simbolo della “Fiamma della Libertà”, partita contemporaneamente da Kochi, nel sud India, da Shillong, nell’India nord-orientale e da Leh, nel nord del paese, lo scorso 6 luglio, giorno del compleanno del Dalai Lama, è arrivata a Dharamsala nella serata del 24 luglio. Il percorso della fiaccola attraverso le comunità dei profughi tibetani risponde a un’iniziativa voluta dall’Amministrazione Centrale Tibetana “in segno di solidarietà con gli atti coraggiosi dei tibetani all’interno del Tibet”.
Il cammino della fiaccola, accolta a Nurpur, una cittadina del distretto di Kangra a 56 chilometri da Dharamsala, da centinaia di tibetani e di indiani, è stato affiancato da una campagna internazionale di raccolta firme – effettuabile anche on line – attorno a una petizione che sarà consegnata il 10 dicembre 2012 al quartier generale delle Nazioni Unite a New York, al Consiglio ONU per i Diritti Umani di Ginevra e al Centro Informazione Onu di New Delhi. Queste le richieste contenute nella petizione:
- Le Nazioni Unite devono discutere la questione tibetana sulla base delle Risoluzioni approvate nel 1959, 1961 e 1965 e adoperasi affinché sia dato corso al contenuto di tali Risoluzioni.
- Deve essere immediatamente inviata in Tibet una delegazione indipendente con il compito di verificare la situazione esistente nel paese.
- Le Nazioni Unite devono responsabilmente assicurare il rispetto delle fondamentali aspirazioni dei tibetani all’interno del Tibet.
La petizione è sottoscrivibile on line al sito:
http://www.thepetitionsite.com/takeaction/198/920/082/
La scorsa settimana, in occasione di una visita di cinque giorni in Tibet, Li Changchun, capo della propaganda cinese e al quinto posto nella gerarchia del Partito comunista, ha ancora una volta sottolineato l’importanza della stabilità e ha ordinato ai responsabili della sicurezza di intensificare la lotta contro le “forze separatiste”. “La linfa dell’unione etnica è l’unità, l’armonia sociale e la stabilità” – ha detto Li. “Dobbiamo rafforzare nel popolo e nei funzionari governativi la convinzione della grandezza della madrepatria cinese e combattere in ogni modo il terrorismo”.
Il 25 luglio, Gyaincain Norbu, il Panchen Lama fantoccio di Pechino, ha affermato che i tibetani che non si adoperano per “proteggere” la stabilità sociale non sono degni di essere definiti “uomini religiosi”. Evidente il riferimento ai 45 tibetani che si sono immolati in segno di protesta contro il dominio cinese in Tibet chiedendo la libertà per il loro paese e il ritorno del Dalai Lama.
Fonte: Phayul