IL TIBET CONTINUA A BRUCIARE

tibetani_immolati_al_26.1127 novembre 2012. Sono ormai ottantacinque i tibetani che si sono auto immolati dandosi fuoco ma purtroppo questo numero è destinato ad aumentare. Quasi ogni giorno, in un drammatico crescendo, ci arrivano le immagini dei corpi in fiamme o completamente carbonizzati di uomini e donne, monaci o laici, di giovanissimi ragazzi che hanno scelto questa estrema forma di protesta per far conoscere al mondo le disumane condizioni in cui versa il loro paese e chiedere la libertà e il ritorno del Dalai Lama.

Sono veri e propri atti di resistenza pacifica: i tibetani non attaccano i cinesi, le loro proprietà o gli edifici governativi, non si rivoltano contro i simboli del potere ma sacrificano le loro vite invocando, fino all’ultimo respiro, un Tibet libero dall’oppressione e dai continui soprusi. Assieme a loro, anche le piazze si stanno mobilitando: la gente comune, gli studenti, i nomadi, i monaci, in migliaia si sono recentemente riversati nelle strade non solo per esprimere solidarietà e rispetto agli eroici fratelli ma per urlare, allo stesso tempo tutto il loro desiderio di libertà.

Nella sola giornata di ieri, 26 novembre, tre giovani tibetani si sono auto immolati chiedendo libertà per il Tibet. Il giorno prima si è data la morte tra le fiamme una giovane monaca. Riferisce AsiaNews che dal 14 novembre la polizia del Qinghai ha varato una campagna contro le auto immolazioni, arrivando a comminare multe e punizioni per le famiglie dei suicidi e dei loro villaggi di provenienza. Proseguono le dimostrazioni di massa: Un gruppo di mille giovani, a Chabcha, ha organizzato una dimostrazione contro un libretto di “educazione patriottica” in dieci punti distribuito nelle università. In esso si afferma che la lingua tibetana “è irrilevante” e che le “auto immolazioni” sono un “gesto stupido”. “Le richieste degli studenti – ha dichiarato ad AsiaNews Penpa Tsering, presidente del Parlamento tibetano in esilio – erano legittime e i metodi erano pacifici. Essi domandavano uguaglianza fra le etnie, rispetto per la verità, un nuovo governo. Nonostante il carattere non violento del raduno, dopo due ore di protesta, gruppi di poliziotti armati si sono scontrati con gli studenti e hanno cominciato a picchiare in modo indiscriminato. Per disperdere la folla hanno lanciato anche lacrimogeni. Ora polizia ed esercito circondano la scuola, la Sorig Lobling”.  E’ di oggi la notizia che tre studenti sono stati arrestati, cinque sono stati feriti in modo grave e per questo motivo trasferiti all’ospedale di Tsogon. Venti sono ricoverati all’ospedale di Chabcha. Non è consentito ai parenti di far loro visita.

Fonti: Phayul – AsiaNews