Dharamsala, 2 dicembre 2012. Mentre con la morte di Konchok Kyab, 29 anni, immolatosi sabato 30 novembre nei pressi di un distributore di benzina ad Akyid, nella contea di Dzoge, regione di Ngaba, sale a novanta il numero dei tibetani che si sono dati la morte con il fuoco in segno di protesta contro l’occupazione cinese, il governo di Pechino ha stabilito che le famiglie di coloro che si sono immolati – e di quanti mantengono contatti con le stesse – saranno private di ogni sussidio e aiuto.
La decisione è stata resa nota il 14 novembre nel corso di una trasmissione televisiva andata in onda a Manlho e in tutta la contea di Rebkong dove, in concomitanza con lo svolgimento del XVIII congresso del Partito, si sono verificati sei casi di auto immolazione. Le autorità locali hanno fatto sapere che, oltre a colpire le famiglie di quanti si sono dati fuoco, “svolgeranno approfondite indagini” e “sottoporranno a sedute di correzione” quanti sono in contatto o cercano di aiutare i congiunti degli auto immolati. I lama e i membri dei monasteri accusati di essere vicini alle famiglie degli immolati saranno “severamente puniti” e i loro monasteri saranno chiusi.
Recita l’annuncio: “In alcune zone, monaci e laici dicono cose senza senso e, sotto l’influenza del gruppo del Dalai Lama che approfitta della loro ignoranza, sono convinti che coloro che si auto immolano siano eroi e si recano a rendere omaggio alle loro famiglie aiutandole con donazioni”. L’annuncio prosegue con l’affermazione della necessità di stroncare e colpire “questo esiguo numero di criminali” per mantenere la stabilità sociale nella prefettura. “Ogni area, dipartimento e ufficio deve adottare appropriate misure atte a negare alle famiglie degli immolati ogni tipo di sussidio pubblico, quale il salario minimo, l’aiuto in caso di calamità e così via”. “I monaci e i laici che rendono omaggio alle famiglie ed elargiscono ad esse donazioni e aiuti saranno oggetto di accurati controlli e, ove il loro comportamento fosse comprovato, saranno sottoposti a procedimento legale e saranno puniti severamente come previsto dalla legge”.
Washington. Il 1° dicembre, a Washington, l’assistente segretario di stato per la democrazia e i diritti umani Michael Posner, ha incontrato le famiglie di tre auto immolati le cui generalità non sono state rivelate per motivi di sicurezza. Victoria Nuland, portavoce di Posner, ha dichiarato che l’alto funzionario ha porto ai famigliari le proprie più sentite condoglianze e ha espresso preoccupazione per la spirale di violenza e la dura repressione in atto nelle regioni tibetane nonché il suo dolore per il succedersi delle immolazioni. Il Dipartimento di Stato ha fatto sapere di essere molto contrariato nell’apprendere del ferimento, da parte della polizia cinese, di venti studenti tibetani che, in una dimostrazione di massa, protestavano contro la distribuzione di un libretto in cui venivano messi alla berlina la lingua tibetana, il Dalai Lama e gli stessi immolati. Il Dipartimento ha affermato di voler sollevare il caso del Tibet sia pubblicamente sia privatamente e ha fatto sapere che chiederà al governo cinese, ad ogni livello, di riconsiderare gli indirizzi politici che, nelle aree tibetane, sono causa di tensioni e minacciano l’identità religiosa, culturale e linguistica del popolo del Tibet.
Parigi. Il 27 novembre 2012 il Senato francese ha approvato una risoluzione nella quale si chiede all’Unione Europea di dare priorità alla questione tibetana all’interno delle competenze assegnate allo Speciale Rappresentante per i Diritti Umani recentemente nominato all’interno dell’Unione. La risoluzione chiede che allo Speciale Rappresentante sia dato mandato di promuovere e coordinare, tra gli stati dell’Unione Europea, la linea di condotta riguardo al problema del Tibet.
Fonti: Tibet Post International – Phayul