IN UN DOCUMENTARIO PROPAGANDISTICO LA “VERITA’” CINESE SULLE AUTO IMMOLAZIONI. CONTROLLI E ARRESTI IN TIBET

Ba_protest_AmdoDharamsala, 28 dicembre 2012. La Cina ha intensificato la campagna di propaganda in atto trasmettendo alla televisione di stato un documentario dal titolo “I fatti riguardanti le auto immolazioni nell’area di Ngaba”. Il filmato, trasmesso in lingua cinese domenica 23 dicembre e ritrasmesso il lunedì seguente nei canali in lingua inglese, francese, araba e russa, pretende di “raccontare la verità” sulle proteste.

Secondo l’agenzia Xinhua, il documentario contiene alcune interviste fatte ai “mandanti”e alle “vittime” delle auto immolazioni e dimostra che i monaci della regione “obbediscono ad ordini ricevuti dall’estero”. Ancora una volta, il Dalai Lama è inoltre accusato di essere il fomentatore delle immolazioni il cui scopo è quello di “dividere la Cina”.

Il documentario diffuso dalla televisione di stato cinese è un tassello della campagna propagandistica in atto nel paese. Nelle ultime settimane, i quotidiani statali hanno dedicato numerosi articoli, editoriali, inchieste e interviste a “esperti della questione tibetana” volti ad avvalorare la linea ufficiale di Pechino che addossa ai tibetani in esilio la responsabilità delle immolazioni. Il ministro degli esteri cinese ha ripetutamente manifestato la sua ferma opposizione agli appelli recentemente rivolti alla Cina da alcuni esponenti della comunità internazionale definendoli “un grossolano intervento negli affari interni del paese”. Le Nazioni Unite, L’Unione Europea, gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Canada avevano, infatti, chiesto a Pechino di rivedere la linea politica adottata in Tibet e di aprire il paese ad osservatori indipendenti internazionali.

Mentre da quasi venti giorni non si registrano nuovi casi di auto immolazione – l’ultimo caso di cui si è avuta notizia risale al 9 dicembre – tutto il Tibet orientale è stretto nella morsa di una rigidissima sorveglianza. Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia ha fatto sapere che le autorità cinesi si stanno adoperando con ogni mezzo per “diffondere i semi della discordia e della divisione tra i tibetani di Bora”. Personale governativo e lavoratori operanti nelle aree adiacenti alla città sono stati richiamati a Bora allo scopo di “prevenire le immolazioni e le altre forme di protesta” (nella foto, una protesta a Bora, marzo 2012).

Riferisce il sito Tibet Post International che Pema Tsewang, un amico di Lhamo Kyab, morto dopo essersi dato fuoco lo scorso 20 ottobre nelle adiacenze del monastero di Bora, è stato arrestato. Il 24 dicembre, Tsering Wangyal, 36 anni, è stato condannato a diciotto mesi di carcere sotto l’accusa di essere stato alla guida delle proteste avvenute nella contea di Ba il 15 marzo 2012. E’ nel frattempo trapelata qualche notizia sulla sorte di Sungdue Kyab, immolatosi il 2 dicembre e vivo al momento dell’arresto da parte della polizia cinese. Sungdue è ricoverato all’ospedale di Lanzhou, capitale della provincia del Gansu, e sta lottando per la propria vita. I medici hanno fatto sapere che per salvarlo sarà necessario effettuare l’amputazione di entrambe le gambe.

Fonti: Phayul – The Tibet Post