11 settembre 2013. In data 4 settembre 2013 abbiamo pubblicato la notizia dell’appello rivolto al governo cinese da William Hague, Segretario di Stato inglese agli Affari Esteri, che chiedeva la sospensione della condanna a morte sentenziata il 17 agosto nei confronti di Dolma Kyab, marito di Kunchok Wangmo, la donna tibetana di trentuno anni immolatasi con il fuoco a Taktsa, Contea di Dzoege, nella regione di Ngaba. Il 7 settembre, Emma Bonino, Ministro degli Esteri italiano, si è a sua volta espressa sul caso del tibetano condannato, rilasciando una dichiarazione di cui riportiamo nuovamente il testo integrale pubblicato nel sito della Farnesina.
“Apprendo con dolore la notizia della condanna a morte del tibetano Dolma Kyab da parte della Corte Popolare cinese di Ngaba. Ho espresso più volte la convinzione che il cammino verso il pieno rispetto dei diritti umani può avere tempi diversi in contesti sociali diversi, ma non vi possono essere dubbi sul valore assoluto della salvaguardia della vita umana. Faccio quindi appello alle autorità cinesi a sospendere l’esecuzione tenendo conto della tendenza ormai irreversibile verso l’abolizione della pena di morte nel mondo anche alla luce dell’approvazione, da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, della Risoluzione per la moratoria universale sottoscritta da oltre 100 Paesi”.
Nel pubblicare la notizia, alcuni siti web hanno fornito i presunti dati biografici di Dolma Kyab facendo in realtà riferimento all’omonimo scrittore nato a Lhasa nel 1976, insegnante presso una scuola media, arrestato e condannato nel 2005 da un tribunale della capitale tibetana a dieci anni di carcere sotto l’accusa di aver “divulgato segreti di stato”. I termini della sua detenzione dovrebbero scadere nel 2015.
Gli appelli rivolti alle autorità cinesi da William Hague e da Emma Bonino riguardano invece la sospensione dell’esecuzione della pena di morte sentenziata il 17 agosto 2013 da un tribunale di Ngaba, come correttamente riportato nella dichiarazione del nostro Ministro degli Esteri, nei confronti dell’omonimo nomade tibetano Dolma Kyab, nato nella Contea di Dzoege, nella regione di Ngaba e accusato, dopo essersi rifiutato di mentire sulle vere cause dell’autoimmolazione della moglie, di averla strangolata per “problemi legati all’uso di alcolici”.
Il caso di omonimia ci è stato confermato da Alison Raynolds, dirigente di International Tibet Network, alla quale – dietro sua richiesta – è stata inviata copia della dichiarazione, ritenuta di utilità per essere mostrata ad altri governi, rilasciata dalla Farnesina. Va segnalato inoltre che le sorti dello scrittore e insegnante tibetano Dolma Kyab, attualmente detenuto nel carcere di Seilong (Xining) dove nonostante le precarie condizioni di salute è sottoposto al trattamento di “ri-educazione attraverso il lavoro”, sono oggetto dell’attenzione del Network. Vedi alla campagna: