IRRITATA PER LA SENTENZA DELLA CORTE MADRILENA LA CINA CONVOCA L’AMBASCIATORE SPAGNOLO A PECHINO. COMUNICATO DELL’A.I.T.

Hong_Lei25 novembre 2013. In seguito alla sentenza pronunciata dalla Corte Nazionale spagnola che lo scorso 18 novembre ha emesso un mandato di arresto internazionale nei confronti di cinque ex leader cinesi accusati di genocidio a causa delle linee politiche adottate in Tibet, il Ministro degli Esteri cinese ha convocato il 22 novembre l’Ambasciatore di Spagna a Pechino manifestando il proprio disappunto per la decisione del supremo tribunale spagnolo.

Il portavoce del Ministro, Hong Lei (nella foto), ha dichiarato che Pechino si oppone fermamente alla sentenza che potrebbe mettere a rischio i rapporti bilaterali tra i due paesi. “Chiediamo alla Spagna” – ha detto – “di tenere conto della posizione della Cina, di riconsiderare la sua decisione, di porre rimedio alle gravi ripercussioni che da essa potrebbero derivare, di porre fine agli errati segnali che la sentenza invia alle forze indipendentiste tibetane e di astenersi dal deteriorare le relazioni tra i due paesi”. Fonti diplomatiche spagnole hanno reso noto che la Cina, durante l’incontro con l’Ambasciatore, ha espresso il proprio “profondo disappunto” per il giudizio emesso dalla Corte. Ricordiamo che i cinque ex leader cinesi oggetto della sentenza potrebbero essere arrestati se attraversassero o si recassero nei paesi aderenti al principio di “giurisdizione universale” applicato dalla Corte Spagnola.

Zhu Weiqun, ex capo del Fronte Unito per il Lavoro, il Dipartimento che dal 2002 al 2010 ha incontrato per dieci volte i rappresentanti del Dalai Lama, ha definito la sentenza spagnola un “atto assurdo” e ha affermato che i paesi occidentali non potendo più minacciare la Cina militarmente, come in passato, cercano ora di intimidire il paese con i processi.

Fonte: Phayul

 

LA SENTENZA DELLA CORTE NAZIONALE SPAGNOLA:

COMUNICATO DELL’ASSOCIAZIONE ITALIA-TIBET

 

Il 18 novembre 2013 la Corte Nazionale Spagnola ha emesso un mandato di arresto internazionale nei confronti di cinque ex leader cinesi accusati di genocidio per le “responsabilità politiche e criminali” loro imputate a causa delle direttive politiche adottate in Tibet. I destinatari del mandato sono Jiang Zemin, ex Presidente e Segretario del Partito comunista,  Li Peng, Primo Ministro durante la repressione in Tibet alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90, Qiao Shi, ex capo della sicurezza e della Polizia Armata del Popolo durante il periodo della legge marziale imposta alla fine degli anni ’80, Chen Kuiyuan, Segretario del Partito nella Regione Autonoma Tibetana dal 1992 al 2001 e Deng Delyun, Ministro della pianificazione famigliare negli anni ’90. Attraverso l’Ambasciata cinese a Madrid, i giudici hanno inoltre informato l’ex presidente Hu Jintao, Segretario del Partito nella cosiddetta Regione Autonoma Tibetana all’epoca delle protesta dei tibetani del marzo 1989, dell’inchiesta aperta nei suoi confronti con l’accusa di genocidio per la brutalità con cui ordinò fossero represse le manifestazioni.

La sentenza della Corte Nazionale Spagnola non costituisce soltanto una delle più significative vittorie del movimento tibetano negli ultimi anni, ma invia anche un forte segnale alla dirigenza cinese e ai governanti di tutto il mondo proprio all’indomani della vergognosa rielezione della Cina al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Il clima di terrore, le campagne sistematiche di rieducazione patriottica, la repressione violenta di ogni forma di dissenso, la negazione di ogni libertà religiosa e culturale proseguono anche ai nostri giorni. In una tragica sequenza, ben 129 tibetani, dentro e fuori il Tibet, si sono immolati togliendosi la vita con il fuoco in segno di protesta contro l’occupazione cinese e invocando la libertà per il loro paese.

L’Associazione Italia-Tibet si congratula e ringrazia gli attivisti spagnoli del Comitato di Appoggio al Tibet e Thubten Wangchen, tibetano in esilio di nazionalità spagnola, membro del parlamento di Dharamsala, fondatore e presidente della Fondazione Casa del Tibet di Barcellona, per l’impegno e la tenacia con cui, sulla base del principio della “giurisdizione universale”, si sono battuti per otto lunghi anni. Possa il successo ottenuto arrivare al cuore della comunità internazionale che con il suo silenzio si rende complice del genocidio fisico e culturale in atto in Tibet.

22 novembre 2013