9 gennaio 2014. Cedendo alle pressioni di Pechino, il governo spagnolo si appresterebbe a limitare i poteri dell’Alta Corte di giustizia e a bloccare la sentenza d’arresto per genocidio di cinque ex leader cinesi, inclusi gli ex presidenti Jiang Zemin e Hu Jintao, pronunciata il 18 novembre 2013. Ne dà notizia un articolo pubblicato ieri sul sito The China Post a firma di Frank Ching.
Attualmente la legge prevede che la Corte può emettere una sentenza “quando l’accusato si trova sul territorio spagnolo oppure le vittime hanno la nazionalità spagnola o un legame con la Spagna”. La corte madrilena ha emesso il verdetto in quanto una delle parti civili nel processo è un tibetano, Thubten Wangchen, che ha acquisito la cittadinanza spagnola nel periodo successivo a quello in cui gli accusati si sono macchiati dei reati loro riconosciuti.
Sembra che il governo spagnolo sia sul punto di modificare la legge stabilendo che in futuro la vittima dovrà possedere la cittadinanza spagnola fin dal momento in cui si sono svolti i fatti se non addirittura da due anni prima.
Per quanto prevedibile, la decisione del governo spagnolo sarebbe l’ennesima capitolazione di uno stato sovrano alle pressioni della Cina in nome degli interessi economici. Per non lasciare nulla di intentato, invitiamo i lettori a firmare la lettera-appello in cui si chiede al Primo Ministro spagnolo Mariano Rajoy e agli altri leader europei di non cedere alle pressioni della Cina e di stare dalla parte del Tibet.
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Nel tentativo di evitare una crisi diplomatica con Pechino, il Partito Popolare spagnolo, secondo quanto dichiarato dal Ministro della Giustizia, è intenzionato a limitare i poteri dell’Alta Corte in materia di pronunciamento sui crimini contro i diritti umani perpetrati da altri paesi. Il Primo Ministro Mariano Rajoy è infatti preoccupato delle conseguenze che la sentenza di arresto di cinque ex leader cinesi pronunciata dalla Corte il 18 novembre potrebbe avere nelle relazioni tra Spagna e Cina.
Destinatari del mandato d’arresto internazionale con l’accusa di genocidio a causa delle politiche adottate in Tibet sono Jiang Zemin, ex Presidente e Segretario del Partito comunista, Li Peng, Primo Ministro durante la repressione in Tibet alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anno ’90, Qiao Shi, ex capo della sicurezza e della Polizia Armata del Popolo durante il periodo della legge marziale imposta alla fine degli anni ’80, Chen Kuiyuan, Segretario del Partito nella Regione Autonoma Tibetana dal 1992 al 2001 e Deng Delyun, Ministro della pianificazione famigliare negli anni ’90. Ciò significa che nessuno degli ex leader nominati potrebbe arrischiarsi a viaggiare al di fuori della Repubblica Popolare in quanto correrebbe il rischio di essere arrestato per essere interrogato in relazione ai crimini a lui imputati. Sarebbe inoltre possibile il congelamento di tutti i conti bancari all’estero degli imputati. Un’inchiesta è stata aperta anche nei confronti dell’ex presidente Hu Jintao per i crimini commessi dal governo cinese durante la repressione dei moti popolari del 1989.
Dopo la sentenza della Corte Nazionale spagnola, il Ministro degli Esteri cinese aveva convocato – il 22 novembre – l’Ambasciatore di Spagna a Pechino manifestando il proprio disappunto per la decisione del supremo tribunale spagnolo.
Il portavoce del Ministro aveva dichiarato che Pechino si oppone fermamente alla sentenza che potrebbe mettere a rischio i rapporti bilaterali tra i due paesi. “Chiediamo alla Spagna” – aveva detto – “di tenere conto della posizione della Cina, di riconsiderare la sua decisione, di porre rimedio alle gravi ripercussioni che da essa potrebbero derivare, di porre fine agli errati segnali che la sentenza invia alle forze indipendentiste tibetane e di astenersi dal deteriorare le relazioni tra i due paesi”. Ricordiamo che i cinque ex leader cinesi oggetto della sentenza potrebbero essere arrestati se attraversassero o si recassero nei paesi aderenti al principio di “giurisdizione universale” applicato dalla Corte Spagnola.
La modifica dei poteri attribuiti all’Alta Corte spagnola sarà presentata nel corso del mese di gennaio. In particolare, le modifiche riguarderanno l’articolo 23 dell’Atto Organico del Potere Giudiziario che regola i poteri della Corte. Attualmente la Corte Nazionale è in grado di giudicare i crimini contro l’umanità commessi anche al di fuori del territorio spagnolo sulla base di una competenza riconosciutale dalle Nazioni Unite – fondata sulla dottrina della giurisdizione universale – secondo la quale alcuni casi legati alla questione dei diritti umani (tortura, regime di terrore e altri crimini perpetrati da singoli individui, governi o autorità militari) sono perseguibili anche al di fuori dei confini nazionali quando una delle parti lese è di nazionalità spagnola.
FIRMATE SUBITO!