7 aprile 2014. Lo scrittore tibetano Tsuiltrim Gyatso, 28 anni, e il suo amico Yougyal, 27 anni, ex poliziotto, sono stati rispettivamente condannati a 13 e 10 anni di carcere dal Tribunale del Popolo della Regione Autonoma Tibetana con l’accusa di aver “disturbato la tranquillità sociale” e “di non aver tenuto un comportamento corretto con i funzionari cinesi”.
Il giorno 11 ottobre 2013 le forze di polizia cinesi della Contea di Driru, dall’autunno scorso teatro di manifestazioni di protesta represse dal regime nel timore che possano estendersi fino a Lhasa, avevano tratto in arresto i due giovani tibetani con l’accusa di aver messo a repentaglio la stabilità sociale e di essere coinvolti in attività separatiste. Tsuiltrim era anche accusato di aver preso parte assieme a un migliaio di connazionali allo sciopero della fame di ventiquattro ore organizzato davanti alla locale stazione di polizia per chiedere la liberazione dei tibetani arrestati dopo gli scontri del 28 settembre a Mowa e di avere chiesto la liberazione di un tibetano, Dorje Dragtsel, che si era rifiutato di issare la bandiera cinese sul tetto della sua abitazione. La notizia della loro condanna è trapelata solo la scorsa settimana ma il verdetto è stato pronunciato il 28 ottobre 2013.
Due giovani tibetani sono stati arrestati dalle autorità cinesi nella cittadina di Trido, Contea di Sog, per essersi scambiati messaggi di contenuto politico utilizzando le applicazioni del loro telefoni cellulari. Arrestato il 28 marzo anche un monaco del monastero di Drilda, distante solo 12 chilometri dal centro abitato, con l’accusa di aver scritto la frase “il Tibet è un paese indipendente” sul ponte di ferro nelle vicinanze di Trido.
Il 4 aprile si è saputo che il 19 marzo sei monaci del monastero di Drilda, Contea di Sog, sono stati brutalmente picchiati per aver chiesto il rilascio di quattro monaci dello stesso monastero arrestati solo due giorni prima. Anziché ascoltarli, i poliziotti cinesi li hanno presi a botte. Sono stati rilasciato il 20 marzo con evidenti segni di percosse e torture. Nella stessa data, il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia ha dato notizia della condanna al carcere di due capi villaggio tibetani. La sentenza è stata pronunciata lo scorso 17 gennaio. Sono stati accusati di non aver adempiuto al loro dovere obbligando i residenti ad esporre la bandiera cinese sul tetto delle loro abitazioni e di non avere represso la manifestazione di protesta degli abitanti del villaggio di Mokhyim scesi nelle strade per protestare contro l’ingiunzione delle autorità cinesi.
Fonte: Phayul