26 maggio 2014. Ultimamente giornali e televisioni di tutto il mondo hanno dato molto spazio alle contestazioni rivolte al Dalai Lama da parte dei seguaci di una setta integralista tibetana conosciuta con il nome di Shugden community. Dagli Stati Uniti all’Europa, gli aderenti al culto di questo “spirito” non hanno risparmiato violenti attacchi al Dalai Lama e all’Amministrazione Centrale Tibetana, accusati di voler impedire ai devoti il culto di Shugden e la pratica della loro religione (nella foto la recente contestazione a Oslo).
E’ di questi giorni la presa di posizione di alcune organizzazioni tibetane e della stessa Amministrazione Centrale Tibetana contro queste manifestazioni che rischiano di creare gravi incomprensioni all’interno della diaspora e tra gli stessi tibetani e il loro leader spirituale. In un articolo pubblicato il 23 maggio nel sito tibetnc.org, il Tibet National Congress condanna gli attacchi sempre più frequenti, aggressivi e organizzati portati alla persona del Dalai lama, accusato di falsità e “intolleranza religiosa”.
“E’ del tutto evidente”- si legge nell’articolo – “che le contestazioni provano che questi gruppi non si preoccupano del problema della tolleranza religiosa ma mirano invece a “smantellare” la lotta del popolo tibetano a tutto vantaggio del governo cinese. Non è un segreto che il governo cinese e alcuni quadri all’interno del Partito Comunista, soprattutto il Fronte Unito per il Lavoro, hanno deliberatamente sostenuto i devoti del culto di Shugden, offrendo loro posizioni di potere”. “E’ veramente triste vedere i tibetani dividersi in un momento così critico della storia del Tibet”.
In data 24 maggio, anche il Tibetan Youth Congress ha condannato le proteste contro il Dalai Lama definendole “ridicole e senza fondamento”. “Il Dalai Lama non ha mai bandito il culto di Shugden” – ha fatto sapere il movimento – “ma ha sconsigliato la propiziazione dello spirito, conosciuto anche come “Dolgyal”, per favorire una maggiore armonia tra e scuole e le sette del Buddhismo tibetano”. “Attaccare il Dalai Lama con accuse infondate è un atto di provocazione nei confronti dei tibetani che rispettano e amano il loro leader”. Il Tibetan Youth Congress ha inoltre auspicato che vengano rafforzate le misure di sicurezza nel corso delle visite all’estero del Dalai Lama e che l’opinione pubblica sia informata sull’intera vicenda.
Il governo tibetano in esilio respinge ogni accusa affermando di essere aperto ad ogni tipo di indagine che possa fare luce sull’argomento. Secondo la CTA, il solo fatto che nel sud dell’India esistano monasteri riservati ai seguaci di Shugden prova che il culto non è stato bandito. All’inizio del corrente mese, il Primo Ministro Lobsang Sangay commentando le manifestazioni contro il Dalai Lama tenutesi a Oslo aveva dichiarato che “Il plauso dei seguaci di Shugden alla decisione del governo norvegese di non incontrare Sua Santità in seguito alle pressioni della Cina, conferma che il gruppo è al servizio di Pechino”. L’Amministrazione Centrale Tibetana ha pubblicato, il 22 maggio, una lista di 20 tibetani ritenuti coinvolti nella manifestazioni di protesta contro il Dalai Lama avvenute negli USA e in Inghilterra.
Fonti: Phayul – Tibet National Congress – Central Tibetan Administration
Su questo delicato argomento pubblichiamo le considerazioni del Dalai Lama contenute in un articolo del 5 giugno 2008 tratto dal sito dell’Amministrazione Centrale Tibetana
I CONSIGLI DI SUA SANTITA’ IL DALAI LAMA SU DOLGYAL/SHUGDEN
Al termine di lunghe e accurate ricerche, Sua Santità il Dalai Lama scoraggia vivamente i tibetani dal propiziarsi il feroce spirito conosciuto col nome di Dolgyal (Shugden). Sebbene in passato egli stesso abbia eseguito questa pratica, nel 1975 l’ha abbandonata dopo aver scoperto i gravi effetti di carattere storico, sociale e religioso ad essa associati. Ha preso questa decisione dopo averne messo a conoscenza e aver ricevuto il totale appoggio di uno dei suoi tutori, il defunto Kyabje Trichang Rinpoche, che per primo trasmise a Sua Santità questa pratica. La propiziazione di questo spirito è stata nel tempo controversa anche all’interno delle scuole Geluk e Sakya, le tradizioni buddhiste tibetane alle quali appartiene la maggior parte dei praticanti del culto di Dolgyal. L’indagine storica mostra che la pratica di Dolgyal, caratterizzata da un forte settarismo, ha contribuito nel tempo a creare un clima di disarmonia in varie parti del Tibet e tra le diverse comunità tibetane. Di conseguenza, a partire dal 1975, Sua Santità ha sempre dichiarato pubblicamente che questa pratica è sconsigliata per questi tre motivi:
- Il pericolo che il Buddismo tibetano possa degenerare nell’adorazione di uno spirito. Il Buddhismo tibetano trae le sue origini dall’autentica e antica tradizione legittimata presso la grande università monastica indiana di Nalanda, una tradizione che Sua Santità definisce spesso come la forma più completa del Buddhismo. Questa tradizione racchiude gli insegnamenti originali del Buddha così come si sono sviluppati attraverso le intuizioni filosofiche, psicologiche e spirituali di maestri buddhisti della grandezza di Nagarjuna, Asanga, Vasubandhu, Dignaga e Dharamakirti. Da quando il grande filosofo e logico Shantarakshita portò il Buddhismo in Tibet, all’inizio dell’8° secolo, l’indagine filosofica e l’analisi critica hanno sempre contraddistinto il Buddhismo tibetano. Il problema connesso alla pratica di Dolgyal nasce dal fatto che questa pratica considera lo spirito di Dolgyal (Shugden) un protettore del Dharma e tende inoltre a considerarlo più importante dello stesso Buddha. Se queste teorie non vengono verificate e se persone ingenue si lasciano sedurre da questo tipo di pratiche, vi è il rischio che la ricca tradizione del Buddhismo tibetano possa degenerare in una mera propiziazione degli spiriti.
- Gli ostacoli all’affermazione di un autentico non-settarismo. Sua Santità ha spesso dichiarato che uno dei suoi impegni più importanti è la promozione della reciproca comprensione e armonia inter-religiosa. In quanto parte integrante di questo suo impegno, Sua Santità, seguendo l’esempio dei suoi predecessori, soprattutto del Quinto e del Tredicesimo Dalai Lama, incoraggia il non-settarismo all’interno di tutte le scuole del Buddhismo tibetano. Un atteggiamento non settario è non solo fonte di arricchimento reciproco per tutte le scuole del Buddhismo, ma costituisce anche la migliore difesa contro l’insorgere di un settarismo che potrebbe avere conseguenze negative sull’intera tradizione tibetana. Poiché il legame tra il culto di Dolgyal e il settarismo è comprovato, questa pratica costituisce un ostacolo fondamentale alla promozione di un autentico atteggiamento non settario all’interno della tradizione buddhista.
- Il culto nuoce soprattutto al benessere della società tibetana. Alla luce dell’attuale, difficile situazione del popolo tibetano, il culto di Dolgyal è particolarmente inopportuno. Trattati e ricerche storiche evidenziano che lo spirito di Dolgyal ha avuto origine dall’ostilità nei confronti del Quinto Dalai Lama e del suo governo. Il Quinto Dalai Lama, che nel XVII secolo assunse la carica di leader politico e spirituale del Tibet, definì personalmente Dolgyal uno spirito malevolo nato con finalità fuorvianti, nocivo, in generale, al benessere degli esseri umani e, in particolare, al governo del Dalai Lama. Anche il Tredicesimo Dalai Lama ed altri insigni mastri spirituali tibetani hanno severamente criticato questa pratica. Ne consegue che, in questo particolare momento in cui l’unità del popolo tibetano è vitale per la sua sopravvivenza, la pratica di questo culto così controverso e fonte di divisioni è del tutto inappropriata.
Per questi tre motivi, Sua Santità ha vivamente esortato i suoi seguaci a valutare con attenzione i problemi connessi alla pratica di Dolgyal e a comportarsi di conseguenza. Ha affermato che, in quanto leader buddhista particolarmente interessato alle sorti del popolo tibetano, è suo dovere denunciare le pericolose conseguenze legate a questo tipo di culto. Ha inoltre chiaramente affermato che ogni individuo è libero di seguire o no il suo consiglio. Tuttavia, poiché è fortemente convinto della negatività di questa pratica, ha chiesto a coloro che continuano a praticare il culto di Dolgyal di non presenziare ai suoi insegnamenti che, secondo la tradizione, esigono un legame maestro-discepolo.