20 ottobre 2014. “Khenpo” (abate in tibetano) Kartse (nella foto), il religioso trentottenne del monastero di Jhapa, nella contea di Nangchen, arrestato il 6 dicembre 2013 nella città di Karma con l’accusa di “attività contro lo stato”, è stato condannato da un tribunale cinese della Prefettura di Chamdo a due anni e mezzo di carcere. Ne ha dato notizia, il 17 ottobre, Dhondup, un monaco tibetano residente in Sud India.
Conosciuto anche come Karma Tsewang, Khenpo Kartse è molto rispettato tra i tibetani per il suo incessante adoperarsi in campo sociale e per l’attività svolta a sostegno e protezione della lingua, della religione e della cultura tibetana. Era stato fermato mentre si recava a Chendu per acquistare suppellettili religiose per il suo monastero.
Nei giorni successivi al suo arresto, centinaia di tibetani, monaci e laici, erano scesi in piazza con striscioni e cartelli chiedendo la liberazione dell’abate. La polizia aveva fermato e trattenuto nel centro di detenzione di Nangchen altri ventuno tibetani, compresi sedici monaci, che avevano chiesto la sua liberazione. Interrogato il 31 dicembre, Khenpo Kartse aveva rassicurato in una lettera i compatrioti facendo loro sapere di essere in buone condizioni di salute e di non avere subito torture. Aveva inoltre chiesto loro di stare tranquilli e di non prendere decisioni affrettate.
A quasi un anno dal suo arresto, la sentenza è stata pronunciata ormai almeno un paio di mesi fa al termine di un processo celebrato a porte chiuse. L’avvocato di Kartse, Tang Tianhao, ha potuto vedere il suo assistito solo due volte. A più riprese gli è stato chiesto di abbandonare il caso.
Non cessano le proteste in Tibet. Rispettivamente il 4 e il 16 ottobre due tibetani sono stati arrestati per avere protestato – da soli – nella Contea di Serta e nella Contea di Kardze. Sono Passang Wangchuk (37 anni) e Dorjee Rinchen, un giovane ex monaco del monastero di Nubsoor. Dorjee ha gettato in aria bandiere di preghiera; Passang ha invitato i presenti a leggere le richieste scritte su uno striscione bianco: il ritorno del Dalai Lama e libertà per il Tibet.
Fonte: Tibet Post International – Phayul