5 febbraio 2015. Grande attesa ed esultanza tra i tibetani dopo l’annuncio che il presidente Obama sarebbe apparso in pubblico assieme al Dalai Lama nella giornata di oggi, 5 febbraio, in occasione dell’annuale National Prayer Breakfast, l’incontro con i leader religiosi di ogni fede che, dal 1953, si tiene a Washington DC il primo giovedì di febbraio. L’evento è ospitato dal Congresso degli Stati Uniti ed è organizzato dalla Felloship Foundation (nella foto il Dalai Lama con Obama nell’incontro privato del 2005).
“Sarà la prima volta che un presidente USA apparirà in pubblico assieme al Dalai Lama da quando, nel 2007, l’allora presidente George W. Bush presenziò al conferimento della Medaglia d’Oro del Congresso al leader religioso tibetano. E’ un riconoscimento dell’importanza sia strategica sia morale del Tibet”. Queste le comprensibili ed esultanti parole di Migmar Dolma, vicepresidente del Tibetan National Congress, riecheggiate da tutte le maggiori organizzazioni a sostegno della libertà del Tibet.
La scorsa settimana, la Casa Bianca aveva annunciato che il Dalai Lama, in occasione dell’incontro, avrebbe pronunciato un discorso. Immediata la reazione di Pechino. La Cina aveva ammonito gli Stati Uniti affermando di opporsi a incontri di “qualsiasi forma” con il Dalai Lama da parte dei leader di qualunque paese. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Hong Lei aveva chiesto agli Usa di gestire la questione tenendo conto degli interessi delle relazioni Usa-Cina. “La Cina si oppone a qualsiasi nazione o governo usi la questione tibetana per interferire negli affari interni cinesi e si oppone all’incontro dei leader di qualsiasi paese con il Dalai Lama in qualunque forma”, ha detto Hong. “La Cina spera che gli Usa mantengano le promesse sul Tibet e procedano nella maniera appropriata per gestire la questione, sulle basi delle relazioni bilaterali”.
Scrive oggi il Washington Post che Pechino ha reagito allo stesso modo in occasione di ogni incontro del Dalai Lama con i presidenti USA. E per non scontentare il governo di Pechino e placare le tensioni, l’amministrazione ha fatto sapere di non aver avuto alcuna parte nell’organizzazione dell’invito rivolto al Dalai Lama e che non è previsto alcun incontro tra il presidente Obama e il leader religioso tibetano. Inoltre, continua il Washington Post, gli organizzatori hanno fatto sapere che il Dalai Lama non terrà alcun discorso e non sarà seduto sul palco. Bernadette Meehan, portavoce del National Security Council, ha definito Obama “un grande sostenitore degli insegnamenti del Dalai Lama e della sua dedizione alla preservazione delle peculiari tradizioni religiose, culturali e linguistiche del Tibet”.
L’evento tanto atteso e sul quale si sono accese molte speranze potrebbe ancora una volta essere soltanto l’ennesimo segno di debolezza e di cedimento di fronte agli imperativi della “realpolitik”. Un’altra occasione mancata. Non mancheranno invece a Washington i seguaci della comunità Shugden che contesteranno numerosi l’apparizione pubblica del Dalai Lama accusato dai seguaci della setta di intolleranza religiosa.
Fonti: Phayul – Washington Post – The Tibet Post International